Elisabetta Rosaspina, Corriere della Sera 22/10/2013, 22 ottobre 2013
C’È GROSSA CRISI, FAMMI LO SCONTO SU TUA FIGLIA!
Il «caro spose» sta diventando un problema sociale in Yemen. E il numero di giovani scapoli, spesso controvoglia, sale in quantità direttamente proporzionale alle pretese economiche dei potenziali suoceri: non meno di 2.500 dollari, ma si può arrivare anche a 40.000, vale la mano di una fanciulla in età da marito.
Così i celibi sono scesi in piazza. All’inizio poche dozzine, poi sempre più numerosi gli eterni fidanzati hanno organizzato una marcia notturna nel distretto di Taiz, al centro del paese, 250 chilometri a sud di Sanaa, chiedendo una riduzione di quel «dono», non tanto simbolico, che ogni aspirante genero deve versare alla famiglia d’origine della sposa prescelta.
Gli argomenti non mancano: lo Yemen sta attraversando una crisi economica particolarmente severa, la disoccupazione cresce, come in buona parte del pianeta, soprattutto fra i giovani, già in età per cominciare a pensare di mettere la testa a partito. Ma accasarsi è impossibile, senza un solido patrimonio alle spalle, e gli esosi suoceri non concedono sconti né praticano mutui.
In un paese dove la violenza tribale è ancora altissima e la suscettibilità per uno sgarbo porta facilmente a vendette sanguinose, soprattutto nei villaggi e nelle zone rurali, (5.000 morti in un decennio, tra il 2001 e il 2010, stando alle statistiche del governo), cambiare il sistema non sarà facile. Le ragazze non hanno quasi voce in capitolo nella scelta del loro futuro compagno di vita e capita che chi può permettersi di sborsare la cifra richiesta abbia già l’età dei loro padri o poco meno. In linea di principio le ragioni del cuore vengono sacrificate a quelle del portafogli.
Ma i giovani di Al-Jarf, nella zona di Taiz, alle pendici della montagna della Pazienza, hanno stabilito che la loro era terminata; e sono andati a picchiare alle porte dei riottosi patriarchi chiedendo di sottoscrivere il loro impegno a calmierare il «caro nozze», introducendo un prezzo «politico», per così dire, che non superasse per alcuna ragione i 200 mila rial yemeniti, equivalenti più o meno a mille dollari, per figlia.
Spaventati, i saggi della comunità, titolati a stabilire le tariffe, hanno firmato un documento che dovrebbe vincolarli in tal senso. Ma, in caso di marcia indietro, i focosi scapoli sanno di avere altre frecce al loro arco e hanno minacciato di usarle: potrebbero decidere, per esempio, di lasciare le ragazze ai loro avidi familiari, il cui incubo peggiore è quello di vedere sfiorire in casa le loro figlie, già «zitelle» a 25 anni. Un ammorbidimento delle pretese economiche spingerebbe molti riluttanti giovanotti al grande passo, hanno fatto notare i manifestanti, e ridurrebbe la quantità di single in circolazione.
Il problema, come spiegava recentemente il giornale Yemen Times , è che non sono soltanto le richieste dei genitori a pesare sul prezzo della sposa. «Quando si viene a sapere che un ragazzo sta per presentarsi per chiedere la mano di una fanciulla, l’intera famiglia, zia, zie, nonni, compila la lista dei suoi desideri». Il matrimonio non è un affare, avvisano gli opinionisti locali.
Generalmente inascoltati. Basta che un vicino di casa abbia strappato la somma richiesta perché la famiglia accanto si intestardisca a incassare almeno altrettanto dal matrimonio della sua non meno avvenente figliola. Le conseguenze possono essere tragiche: lo Yemen Times riferisce di casi in cui pretendenti squattrinati respinti hanno gettato l’acido in viso alle ragazze che volevano sposare per sfigurarle e ottenere uno «sconto».