Marco Ferrari, Focus 22/10/2013, 22 ottobre 2013
SENSIBILE COME UNA PIANTA
Comunicano con reti naturali simili alla nostra Internet. Non hanno i cinque sensi come noi, ma molti di più. Sono intelligenti e hanno il senso della famiglia. Insomma, le piante non sono affatto creature isolate, insensibili e incapaci di comunicare, come siamo abituati a pensare. Anzi.
GIOCHI DI STRATEGIA. I botanici stanno scoprendo che le loro capacità non sono così diverse da quelle degli animali. Gli alberi di un bosco, ma anche il basilico e il peperoncino sul nostro balcone, si “parlano” come si è scoperto di recente: queste piante, secondo le ipotesi degli scienziati, stabiliscono rapporti di buon vicinato e comunicano attraverso vibrazioni.
«Le piante ottengono gli stessi risultati degli animali, ma con metodi diversi. E non vuol dire che non adottino strategie complesse» afferma Stefano Mancuso, fondatore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale all’Università di Firenze: «Per noi, sono organismi alieni».
Questo accade perché il mondo delle piante è profondamente diverso dal nostro, a cominciare dal ritmo di vita. «È molto più lento di quello degli animali» sottolinea Mancuso. «Eppure le piante non sono solo comparabili con gli animali. In particolare da un punto di vista sensoriale sono molto superiori».
SENSIBILITÀ. I vegetali innanzitutto possiedono i cinque sensi, sostiene Mancuso. Come fanno, senza occhi, orecchie o naso, a vedere e sentire? Cominciamo dall’olfatto: le piante possono “annusare” le molecole perché le loro cellule sono dotate di recettori di sostanze volatili; usano questa forma di odorato, per esempio, per ricevere informazioni dall’ambiente. Quanto al gusto, è sempre connesso alla presenza di questi recettori di sostanze chimiche: se le cellule delle radici sentono la presenza di nutrienti come azoto o fosforo, la crescita delle radici si rivolge verso la direzione degli elementi. I vegetali sono poi in grado di “sentire” le vibrazioni e di accorgersi col “tatto” di essere toccate. Gli esempi? Le piante carnivore come la dionea hanno sulle foglie-trappola peli sensibili alla presenza degli insetti, che le fanno scattare con velocità, e la Mimosa pudica ritrae le foglie se toccata. E ancora: le piante sono in grado di vedere. Tutti abbiamo notato come, se sono all’ombra, si rivolgono e crescono verso la luce. La individuano grazie a molecole presenti nelle foglie (come i fitocromi), che agiscono da recettori. Ma non finisce qui perché, grazie a molti altri “sensi speciali”, diverse specie di piante sono in grado di percepire l’umidità nel terreno, la gravità, la CO2 o altri composti chimici.
MODULARI. Le piante sono sempre all’erta, con tutto il corpo. Sono infatti, come dice Mancuso, modulari: ogni frammento è uguale agli altri, e i compiti sono distribuiti, non suddivisi come accade per i nostri organi di senso. E questo è un vantaggio: le piante sono organismi stanziali e per il rischio di essere predate non concentrano le loro capacità in precise zone del corpo. Così, anche se vengono quasi del tutto mangiate, ricrescono dalla parte sopravvissuta.
Proprio perché non possono muoversi, dal punto di vista chimico le piante sono infinitamente superiori agli animali. Un esempio? Come raffinata “difesa passiva” sfruttano centinaia di molecole, sostanze potenti che noi usiamo anche come droghe, farmaci, stimolanti: dall’acido salicilico (l’aspirina) alla morfina, dalla nicotina alla caffeina. Queste molecole rendono la pianta poco appetibile o velenosa.
TELEFONATE AL VENTO. Altre molecole delle piante sono invece piccole e leggere, adatte a percorrere lunghe distanze trasportate dal vento. A queste si lega la capacità più sorprendente: la comunicazione. L’emissione di molecole è il mezzo di comunicazione privilegiato per i vegetali, come i suoni lo sono per noi uomini. A svelare questa caratteristica sono stati esperimenti come quelli condotti da Richard Karban, Università della California, a Davis. In un test ha messo piante di tabacco vicine a un cespuglio di artemisia e, dopo aver “ferito” l’artemisia per simulare un attacco, ha scoperto che anche il tabacco era meno attaccabile dai parassiti: l’artemisia colpita emette composti chimici che allertano le piante vicine dell’arrivo dei nemici. Le piante quindi si parlano, anche tra specie diverse. Continua Mancuso: «Non possono fuggire, ma la loro reazione è veloce ed efficiente. In un paio d’ore la pianta che “ascolta” produce composti tossici ed è pronta ad affrontare il nemico». Si è scoperto che alcune comunicano addirittura con gli animali. Tabacco, cotone o fagiolo del Perù, quando sono attaccati da insetti, producono molecole che attirano altri insetti predatori che le liberano dai loro aggressori.
FAMIGLIA. Come se non bastasse, i vegetali “tengono famiglia”. Almeno nel senso che, con lo scambio di segnali chimici, una pianta può riconoscere la presenza di piante nate dai suoi semi o dalla stessa “madre” e limitare l’occupazione del terreno, producendo meno radici per lasciar spazio ai “parenti”.
Ma Stefano Mancuso, con altri studiosi, si spinge oltre. E afferma che il comunicare e il rispondere agli stimoli sono un segno di un’altra proprietà: «Credo di essere in grado di dimostrare che le piante siano intelligenti». Lo studioso parte dal fatto che alcune piante sono dotate di memoria. Se si fa cadere più volte un vasetto di Mimosa pudica, dopo qualche scossa la pianta rimane indifferente: ha capito che lo stimolo ripetuto non è pericoloso. E gli studiosi che parlano di “intelligenza vegetale” dicono che le piante sono in grado di elaborare i segnali e rispondere scegliendo la reazione appropriata. È differente invece la valutazione che di queste capacità danno altri scienziati: «Le piante rispondono semplicemente all’ambiente e agli stimoli esterni» ribatte Felice Cervone, che insegna biochimica ed ecofisiologia vegetale all’Università La Sapienza di Roma. Una reazione automatica, insomma, non un segno di intelligenza. «E poi» aggiunge «nelle piante non esiste un sistema “neuro”», le piante non hanno un organo come il cervello che elabora segnali e risponde. Ma i botanici rilanciano e sottolineano il ruolo degli apici radicali, cioè le poche decine di cellule alla fine di ogni radichetta. Ogni pianta ne ha anche centinaia di milioni: crescono, registrano numerosi parametri, e forse sono in grado di prendere decisioni. Quali?
INTERNET. Il terreno è un ambiente complesso, con nutrienti, acqua, pericoli. Se la risposta fosse sempre automatica, tutte le radici, ad esempio, si dirigerebbero verso l’acqua. La rete delle radici invece sceglie come crescere e cosa evitare. Mancuso sostiene che ogni apice radicale è un “centro di elaborazione dati”: questi piccoli centri lavorano in sinergia, in modo che la distruzione di alcuni non comprometta la sopravvivenza della rete. La somiglianza con l’Internet umana è impressionante. Come avviene la comunicazione? Non si sa con certezza, ma le ipotesi prevedono molecole, segnali sonori, persino campi magnetici. Ancora più sorprendente, le piante creano una rete sotterranea con altri esseri viventi per scambiarsi informazioni: in particolare usano i filamenti (i miceli) dei funghi che vivono in simbiosi con le radici, scambiandosi segnali chimici, formando una rete molto più vasta di quella delle sole radici. Si ha così una sorta di “Super-Internet” che collega le piante, permettendo a tutte di sapere se ci sono pericoli (come un’invasione di insetti) e di preparare le difese.
Dall’intelligenza si può passare alla coscienza? Il passo è affascinante, conclude Daniel Chamovitz, genetista e botanico dell’Università di Tel Aviv, in Israele: «Le piante potrebbero avere una specie di coscienza basata solo sulle sensazioni e non sulla consapevolezza di sé, come accade per noi e gli animali più complessi». Una cosa è certa: non chiamateli vegetali se intendete che sono incapaci di reagire agli stimoli.
Marco Ferrari