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 2013  ottobre 23 Mercoledì calendario

MPS: LA FONDAZIONE ALL’ANGOLO


La quota del Monte dei Paschi che la Fondazione potrebbe presto mettere sul mercato sarà con ogni probabilità il 15%. Sarebbe questa l’indicazione arrivata nei giorni scorsi dai vertici di Palazzo Sansedoni dopo un confronto costruttivo con il ceto bancario.

La Fondazione è infatti esposta per 350 milioni con un pool di dodici banche che vede come istituto agente Banca Imi (gruppo Intesa Sanpaolo). Anche se l’esposizione scadrà a giugno del 2018 e la prima rata da 60 milioni dovrà essere versata solo l’anno prossimo, nelle ultime settimane i contatti tra la Fondazione e i suoi creditori si sarebbero infittiti. Le ragioni sono più d’una. Da un lato c’è il fondato timore che, con una liquidità ridotta ormai al lumicino, l’Ente possa non riuscire a onorare gli impegni sugli interessi che oggi ammontano a 20 milioni l’anno. Secondariamente queste settimane di autunno potrebbero essere il momento ideale per fare cassa vendendo azioni Mps sul mercato (dunque senza pagare un premio agli azionisti).

Nell’ultimo mese i titoli della conferitaria hanno infatti guadagnato il 12,36% e ieri hanno chiuso a 0,23 euro, a un soffio dal valore a cui sono iscritti nel bilancio 2012. In terzo luogo le banche creditrici sanno bene che all’orizzonte c’è l’aumento di capitale da 2,5 miliardi che la Commissione Europea chiede di effettuare entro la fine del 2014. Proprio in queste settimane i vertici di Banca Mps stanno ragionando sull’introduzione del diritto di opzione (escluso inizialmente per la prima tranche da 1 miliardo) con il preciso obiettivo di coinvolgere anche gli attuali azionisti dell’istituto nell’operazione. Il timore, però, è che la Fondazione, impossibilità a impegnarsi pro quota, si veda costretta a cedere sul mercato larga parte dei diritti mettendo così sotto pressione il titolo. Se però Palazzo Sansedoni riducesse significativamente la propria quota prima della ricapitalizzazione, l’effetto destabilizzante risulterebbe molto più contenuto. Il suggerimento arrivato dagli istituti è insomma quello di vendere quanto prima una quota sufficiente per rientrare completamente dal debito di 350 milioni, cioè all’incirca il 15%. Si tratterebbe di una quota superiore al 10% inizialmente ipotizzato a Siena e previsto anche dal documento programmatico 2013 approvato a inizio anno.

La Fondazione sembra intenzionata a muoversi in questa direzione, anche se l’uscita da Mps sembra per il momento fuori discussione. Con l’aumento di capitale da 2,5 miliardi (ma qualcuno ipotizza già un’operazione da 3 miliardi, che preveda anche il rimborso delle quote di interesse sui Monti bond), Palazzo Sansedoni è infatti destinato a cedere larga parte dei diritti diluendosi al 5% circa. A quel punto la presenza dell’Ente nel capitale di Mps potrebbe rimanere puramente simbolica e avrebbe solo la funzione di fornire un contentino per la politica locale, in primo luogo per il Comune e la Provincia di Siena.