Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  ottobre 23 Mercoledì calendario

CASO IOR, BERTONE DISOBBEDÌ A RATZINGER SU GOTTI TEDESCHI


A distanza di un anno, depositate le polveri della battaglia, affiorano incidentalmente frammenti significanti, spezzoni di storia, e altri particolari sconosciuti di una guerra senza quartiere consumatasi all’ ombra del Torrione di Niccolò V, la sede dello Ior, tra il 2011 e il 2012, per la legge sull’antiriciclaggio. Un braccio di ferro che, come si sa, culminò nel brutale allontanamento dell’allora presidente, Ettore Gotti Tedeschi. La cacciata del professore avvenne con modalità e circostanze del tutto inedite nella storia del Vaticano. Perché l’economista chiamato allo Ior da Papa Ratzinger per portare avanti la sfida della trasparenza finanziaria non solo venne sfiduciato dall’oggi al domani, ma contro di lui si mosse una pesante campagna di delegittimazione personale. Una specie di legal thriller dentro le mura leonine con tanto di colpi di scena, come lo studio di uno psicoterapeuta incaricato di elaborare una diagnosi su Gotti Tedeschi dopo averlo osservato a sua insaputa sotto il profilo medico durante una festa, nel dicembre del 2011. La conclusione è che Gotti soffriva di «disfunzioni psicopatologiche» e questa sorprendente diagnosi fu poi utilizzata dal board dello Ior per sfiduciarlo nel maggio 2012.
Contrariamente a quanto si è sempre saputo, Papa Ratzinger fu tenuto all’oscuro della cacciata del presidente Gotti Tedeschi, come attesta anche monsignor Georg Gaenswein, Prefetto della Casa pontificia e segretario di Papa Ratzinger. In un’intervista con "Il Messaggero" pubblicata ieri, alla domanda se Benedetto XVI fosse a conoscenza di quello che stava accadendo, monsignor Gaenswein risponde così: «Ricordo bene quel 24 maggio. Quel giorno vi fu anche l’arresto del nostro aiutante di camera Paolo Gabriele. Contrariamente a quello che si pensa, non vi è nessun nesso tra i due eventi, semmai solo una coincidenza sfortunata, persino diabolica. Benedetto XVI che aveva chiamato Gotti allo Ior per portare avanti la politica della trasparenza restò sorpreso, molto sorpreso per l’atto di sfiducia al professore. Il Papa lo stimava e gli voleva bene, ma per il rispetto delle competenze di chi aveva responsabilità scelse di non intervenire in quel momento. Successivamente alla sfiducia il Papa, per motivi di opportunità anche se non ha mai ricevuto Gotti ha mantenuto i contatti con lui in modo adatto e discreto». Ratzinger era talmente addolorato che, successivamente, nel dicembre del 2012, chiese al Segretario di Stato, Bertone (a capo anche del consiglio cardinalizio di vigilanza dello Ior) di riabilitare in qualche modo il professore, di studiare un modo adeguato per riparare Gotti del male ricevuto. Ma il desiderio del Papa emerito fu disatteso. Infine, un altro particolare fa capire che la vicenda di Paolo Gabriele non ha niente a che vedere con Gotti nonostante che il board dello Ior motivò la sfiducia anche in base alla pubblicazione di un memo anonimo sui ritocchi apportati alla legge antiriciclaggio. Carte che facevano parte dell’archivio ritrovato in casa di Paolo Gabriele. In tutto questo tempo Gotti è restato in silenzio e non è mai stato ascoltato dalla commissione incaricata da Francesco di acquisire informazioni sulla gestione dello Ior. A questo punto però, c’è da scommetterci, l’audizione si farà.