Giuseppe Bottero, la Stampa 23/10/2013, 23 ottobre 2013
LA BANCA BLOCCA I CONTI AI CLIENTI MALATI DI GIOCO
Una circolare spedita ai 12 mila dipendenti per chiudere i rubinetti ai clienti malati d’azzardo. Agli sportelli della Banca popolare dell’Emilia Romagna hanno visto arrivare operai sbranati dai debiti di gioco, piccoli imprenditori ostaggio delle slot machine, donne pronte a tutto per l’ultima scommessa. E hanno detto basta, lanciando un piano per sfidare l’azzardo sul suo terreno: quello dei soldi.
Mai più carte di credito abilitate ai pagamenti sui siti classificati nella categoria «gambling», via dalle filiali i biglietti delle lotterie e i Gratta&vinci. Soprattutto, corsi di formazione per gli impiegati, trasformati in detective dell’azzardo: il giocatore, si legge nella circolare, si può riconoscere dai prelievi massicci all’inizio del mese, dai contanti che filano via veloci dalla carta di credito, dalle transazioni verso tabaccai, bar, sale da gioco. Una volta individuato, scatta la convocazione da parte del direttore. Che ha mani libere: soprattutto se il cliente ha un debito aperto. Il responsabile della filiale dovrà occuparsi anche di segnalare centri d’aiuto, strutture assistenziali e gruppi d’accoglienza. In cima alla lista c’è il polo di cura per il recupero dei dipendenti dal gioco d’azzardo di Reggio Emilia, il primo in Italia, gestito da Marco Iori.
«Il nostro approccio è laico e non ideologico - dice Eugenio Tangerini, responsabile delle relazione esterne della Banca popolare dell’Emilia Romagna -. Non intendiamo criminalizzare i gestori, ma neppure restare indifferenti di fronte a un fenomeno sociale così preoccupante». Una banca, prosegue il collega Andrea Cavazzoli, «deve essere consapevole che le sue azioni hanno influenza sulla comunità locale, anche perché non è interesse di un istituto lavorare su un sistema sociale disgregato, in cui le persone si giocano tutto».
L’azzardo, in Italia, ha costi altissimi: l’ultimo report dell’associazione Libera parla di danni sociali e sanitari che sfiorano i 6,6 miliardi di euro annui. A questi vanno aggiunti 3,8 miliardi di euro di mancato versamento dell’Iva, nel caso in cui i 18 miliardi di euro, sul fatturato complessivo, che non tornano ai giocatori in forma di montepremi fossero stati spesi in altri consumi.
«Bisogna far passare il concetto che l’azzardo non crea denaro ma lo distrugge» dice Simone Feder, psicologo in prima linea contro le macchinette. «In un anno 50 mila esercizi hanno chiuso i battenti, e l’industria dell’azzardo continua a crescere: bisogna invertire la rotta. E bisogna farlo partendo dal territorio». Feder snocciola numeri. Nel giro di 5 anni, tra il 2005 e 2010, gli utenti presi in carico dai Sert (servizi per le tossicodipendenze) sono aumentati del 23%, registrando un picco enorme per il gioco d’azzardo, di quasi 7 volte (+691%). «Qualcuno - dice - deve occuparsi di quest’emergenza».
L’Emilia Romagna ha già iniziato, dopo aver preso atto di dati spaventosi. Nel 2011,spiega il segretario della Cisl di Reggio, Loris Cappelletti, il giro economico di slot e gratta e vinci aveva raggiunto i 6,3 miliardi per una spesa pro capite di 1.840 euro a persona, un dato destinato ad aggiornarsi l’anno successivo. «Oltre ai cartelli con le vincite, nelle tabaccherie andrebbero affissi anche i nomi delle persone che col gioco si sono rovinate - dice - E non ci sarebbe abbastanza spazio».