Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 23/10/2013, 23 ottobre 2013
FORNERO: «MONTI TRATTATO IN MODO VERGOGNOSO»
Professoressa Fornero, Monti e il suo governo sembrano condannati alla damnatio memoriae.
«Il modo in cui stanno trattando Mario Monti è un po’ una vergogna. La riprova del cinismo della politica. Io avevo capito, pur non essendo esperta di politica, che l’unico modo per difendere le riforme era stare fuori: entrare da tecnici, uscire da tecnici. Ho preso questa determinazione: accetto tutti o quasi gli inviti all’estero; declino gran parte degli inviti in Italia».
Perché?
«Perché in Italia c’è una predilezione per le polemiche, mentre all’estero si guarda molto di più ai contenuti. E sono consapevoli del lavoro che abbiamo fatto: sono appena andata due settimane in Germania, dove ho presentato e discusso le nostre riforme. Sono cose che fanno piacere. Gli stranieri hanno memoria delle condizioni in cui versava il Paese quando si insediò il nostro governo. Lei ricorda la copertina dell’Economist , con l’Italia sull’orlo del baratro e l’euro appeso all’Italia? Paul Krugman, un premio Nobel, sosteneva che l’euro aveva il 50% di possibilità di morire: una probabilità molto alta. Ricorda il titolo del 16 novembre 2011 del Sole 24 Ore , un giornale che peraltro non ci ha risparmiato critiche? Occupava quasi tutta la prima pagina: “Fate presto!”».
Era una citazione: lo stesso titolo del «Mattino» all’indomani del terremoto in Irpinia, divenuto un’opera di Andy Warhol.
«Appunto. Ora è facile parlare. La situazione era drammatica. Occorreva uno choc per far fronte alle aspettative dei mercati e degli impegni verso l’Unione europea, sottoscritti da precedente governo. Mario Monti ha avuto un peso determinante per la soluzione di quella crisi di credibilità, che avrebbe avuto conseguenze tragiche».
Monti sostiene che senza di lui oggi ci sarebbe Berlusconi al Quirinale. È d’accordo?
«Mi pare uno scenario plausibile».
Ma non crede che la «salita in politica» sia stata un errore? Se Monti fosse rimasto fermo, al Quirinale ora potrebbe esserci lui.
«Preferisco non entrare nella discussione di quella scelta. Posso dirle una cosa: considerata ex post, può essere stata una scelta sbagliata; ma nella valutazione ex ante non c’era tornaconto personale. La decisione fu presa nella linea del servizio al Paese e, credo, anche tenendo conto delle aspettative all’estero».
A dire il vero, di Monti si è detto che è mosso proprio dall’ambizione personale.
«Ma una certa dose di ambizione personale è positiva, se messa al servizio dell’interesse pubblico, se coniugata con l’intento di essere utile al Paese; del resto una dose di ambizione ce l’abbiamo un po’ tutti. È negativa se messa al servizio di interessi privati, come abbiamo visto purtroppo assai spesso in questi vent’anni».
Le vengono in mente esempi di ambizione nell’interesse pubblico?
«I grandi della storia erano tutti animati anche da ambizione personale. Lo era Cavour. Lo è Obama. Ma lo è anche Angela Merkel: se non pensasse di essere utile al Paese non si sarebbe mai candidata».
Un errore lo riconosce lo stesso Monti: essersi affidato ai «capitani di lungo corso», insomma ai democristiani.
«Io ho un’esperienza politica molto limitata: sono stata consigliera comunale ai tempi di Alleanza per Torino, nel 1993. Allora i politici di professione battevano in ritirata. Capii che erano tornati quando vidi che si discuteva più nei corridoi che in sala consigliare. La politica in Italia è arrivata a un livello di cinismo e a un grado di crudeltà sconcertanti. Abbiamo vissuto un imbarbarimento; e io l’ho sperimentato di persona. Monti ha sempre detto di non aspettarsi gratitudine; però almeno un po’ di riconoscenza…».
L’ha rivisto?
«L’altro giorno, al concerto del Fai. c’era anche la mia collega Severino. Insieme l’abbiamo forse rincuorato un po’».
Non avete proprio nulla da rimproverarvi?
«Io sono sempre stata leale con il governo e il suo presidente. Ho partecipato a un lavoro di squadra, compiuto al meglio delle nostre capacità ed energie. Molti rimproveri sono frutto di faciloneria. Siamo stati accusati di non aver tagliato drasticamente la spesa pubblica. Ma tagliare la spesa pubblica di 50 miliardi significa mandare a spasso centinaia di migliaia di famiglie».
A lei rimproverano di aver mandato a spasso gli esodati.
«C’era un’urgenza assoluta della riforma, per la quale ho avuto 20 giorni. Non potevamo permetterci la gradualità delle riforme pensionistiche degli ultimi vent’anni. Si può anche fare la riforma migliore del mondo, ma se comincia a produrre i suoi effetti dopo due generazioni, non ha nessun impatto su mercati finanziari pronti a condannarci. Abbiamo previsto la clausola di salvaguardia per 50 mila persone, poi siamo saliti a 65 mila. Solo dopo si è visto che i numeri non erano quelli. Molti accordi non erano formalizzati: erano rimasti a livello regionale o a livello totalmente privato. La salvaguardia è stata estesa a 130 mila, e alla fine risulterà forse definita per eccesso».
Le rimproverano anche la riforma del mercato del lavoro.
«Alcuni in Italia la criticano, spesso dimostrando di conoscerla poco. All’estero la valutano per quella che era: una promessa. Cambiare le norme significa creare una cornice favorevole a buone relazioni di lavoro; non significa creare lavoro nell’immediato. Non avevamo le risorse per incidere sul cuneo fiscale. Anche stavolta si è potuto fare poco».
Come giudica il governo Letta?
«Probabilmente il meglio che la politica italiana può dare oggi al Paese. Letta sta facendo bene. Ma l’epilogo, da lui annunciato, di una stagione che ha così condizionato la dimensione collettiva e individuale delle nostre vite non è né breve né facile. Non poteva provenire soltanto da un governo tecnico. Non si tratta solo dell’uscita di scena di una persona. Deve finire una fase segnata da un antagonismo feroce, da una litigiosità permanente. Peraltro, il cambiamento nel nostro Paese difficilmente si realizza con docce fredde; ci vuole gradualità. Il cambiamento c’è, è in corso».
Ma per il centro c’è ancora spazio?
«Non credo. Semmai avremo un nuovo bipolarismo, senza guerre di religione, verosimilmente con Renzi da una parte e Alfano dall’altra. Si può essere di destra o di sinistra in modo becero. Ma si può essere di centrodestra e di centrosinistra in modo aperto e civile…».