Raffaele Nespoli, l’Unità 22/10/2013, 22 ottobre 2013
MUORE IL BOSS NUVOLETTA NEGATI I FUNERALI PUBBLICI
«Non mi pentirò mai, i pentiti sono la causa delle nostre disgrazie». Quasi come un padrino hollywoodiano, Angelo Nuvoletta, ultimo boss di un clan che per anni ha dettato legge nei comuni a Nord di Napoli, aveva chiuso la sua latitanza con una frase molto eloquente. Un ultimo rigurgito d’orgoglio prima di finire, nel 2001, al 41 bis.
Vita e film sono però due cose diverse, e anche se i boss cercano di imitare la finzione facendosi costruire ville in perfetto stile «Scarface», alla fine sono uomini. Esattamente come quelli che ammazzano e fanno ammazzare. Domenica, a 71 anni, anche il «capo dei capi» di Marano (popoloso comune alla periferia di Napoli) è morto. Si è spento per un tumore in un letto di ospedale a Parma. Lo stesso cancro che sta colpendo centinaia e centinaia di persone, adulti e bambini, avvelenati dai rifiuti della camorra. La notizia, naturalmente, ha fatto in breve il giro del web e dalla rete è passata di bocca in bocca, diventando uno dei primi argomenti di discussione tra i cittadini di Marano. A quasi tredici anni dall’arresto portato a termine dalla Dia, il nome Nuvoletta da queste parti è ancora pronunciato con timore.
Il segno che i tempi cambiano è invece nella decisione di non consentire che si celebrino funerali «pubblici» o «solenni». E non è poco visto che per anni si è consentito alla camorra di seppellire i propri morti, quelli di un certo rango naturalmente, con onori che neanche gli eroi della patria. Per non parlare del fatto che i commercianti sono sempre stati costretti, in segno di rispetto, a tenere basse le serrande delle proprie attività: gli stessi bar e negozi regolarmente taglieggiati per volontà dei clan. Oggi però non ci sarà nulla di tutto questo. A vietare le esequie pubbliche per l’uomo che a lungo è stato iscritto nell’elenco dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia è stata una decisione del questore di Napoli Luigi Merolla con l’accordo del Cardinale Crescenzio Sepe. Anche se, va detto, per le strade di Marano campeggiano un po’ ovunque manifesti funebri secondo i quali i funerali sarebbero previsti alle 11 nella chiesa principale del comune, accanto alla tenuta della famiglia a capo del clan.
Insomma, quella di oggi promette di essere una mattinata blindata. Del resto il nome di Angelo Nuvoletta è di quelli scritti nella storia di queste terre con il sangue. Il suo clan, alleato negli Anni ’80 con quello dei Corleonesi, era tra i più potenti della Campania. Al fianco del boss, ai tempi «d’oro», anche i fratelli: Lorenzo (morto di cancro nel 1994) e Ciro, (morto in un agguato voluto dal boss rivale Carmine Alfieri). Al nome di Angelo Nuvoletta si lega poi la brutale uccisione del giornalista Giancarlo Siani, reato per il quale fu condannato all’ergastolo. Fra gli omicidi che gli sono stati contestati anche quelli di cinque affiliati del clan Alfieri, strangolati e poi sciolti nell’acido.
Le attività del clan, del resto si estendevano dal traffico di stupefacenti all’estorsione, al traffico di armi ed esplosivo, all’intimidazione e al controllo degli appalti pubblici. Nei suoi 17 anni di latitanza Angelo Nuvoletta non si sarebbe mai allontanato da Marano, riuscendo sempre a trovare rifugio grazie alla rete di connivenze del clan. E da lì, dalla terra che gli ha offerto protezione, che avrebbe continuato a mantenere in piedi l’organizzazione criminale prima di finire dietro le sbarre del carcere di Spoleto. Stamani, però, a Marano non ci saranno per la salma del boss esequie solenni o pubbliche manifestazioni di cordoglio. Forse almeno questa volta non si vedranno saracinesche forzatamente abbassate, i funerali del boss saranno celebrato in forma privata. Almeno per una volta si eviterà l’estremo insulto nei confronti di una terra martoriata per decenni dal potere della camorra.