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 2013  ottobre 22 Martedì calendario

PER «RECUPERARE» UN CENTESIMO SPENDONO 223 EURO


Questa storia è un fumetto, un tragicomico ritratto dell’Italia delle burocrazie che non è più un Paese reale, ma assomiglia sempre di più a Paperopoli. Mettiamola così. C’è un deposito di quattrini versato con sudore e sangue da quelli (pochi) che in Italia ancora lavorano sotto forma di contributi previdenziali. Poi c’è una Banda Bassotti (bassotti come i redditi di gran parte dei pensionati) che cerca di dare l’assalto al deposito. Paperone potrebbe essere Antonio Mastrapasqua presidente dell’Inps se non fosse che i conti del pachiderma previdenziale sono scassatissimi: 18 miliardi di buco a cui si aggiungeranno altri dieci miliardi l’anno prossimo e altri dieci quello successivo, con lo Stato (cioè noi) che versa nel deposito 90 miliardi all’anno. Poi c’è Paperino che difende la mitica “numero uno”: cioè il primo centesimo guadagnato da Paperone da cui dipende tutta la fortuna.
Anche l’Inps ha un centesimo per talismano. Come se il castello di norme, tributi, sanzioni, grovigli previdenziali dipendesse da quel centesimo la direzione nazionale di Roma ha avviato un’azione di recupero di un assegno previdenziale indebitamente percepito da un commerciante che, per definizione in questo nostro Stato, è un potenziale evasore. Così al fedifrago Emilio Casali, 85 anni, da Riccione ex titolare di una boutique in via Dante l’Inps ha chiesto indietro il centesimo in più di pensione che ha percepito tra il ’96 e il 2000. L’Inps – peraltro - ha dimostrato tutta la sua magnanimità consentendo anche di rateizzare l’importo.
Con rara prova di efficienza gli uffici competenti sono riusciti a convertire in euro un assegno che doveva essere necessariamente in lire dato il periodo. A quanto ammontava l’indebito? A 19, 27 lire? O c’è stato anche il calcolo degli interessi? La rivalutazione no perché l’Inps per definizione le pensioni non le rivaluta. Il figlio del commerciante ha diffuso la notizia indignandosi giustamente per lo spreco di quattrini e coprendo di ridicolo l’Inps che è corsa ai ripari. Con una nota l’ufficio comunicazione del “deposito” ha fatto sapere: «In relazione al caso del signor Emilio Casali, di Riccione, di cui si è occupata la stampa quotidiana, Inps precisa che esiste da anni una procedura che impedisce il recupero di “indebiti irrisori” sotto la soglia di euro 12. Nel caso del signor Casali, con il quale l’Istituto si scusa per il disagio provocato, questa procedura di salvaguardia non è stata correttamente attivata ed ha provocato l’indebita richiesta di restituzione per il valore di un centesimo di euro; provvedimento che è stato annullato d’ufficio. Sulla questione l’Inps ha avviato un’indagine amministrativa interna per evitare che simili incresciosi episodi possano tornare a ripetersi. Al termine dell’inchiesta è stata individuata la responsabilità dell’operatore, che verrà sanzionata, e del mancato controllo da parte del direttore della sede Inps di competenza, che è stato rimosso e destinato ad altro incarico». Stavolta chapeau all’Inps che ha stoppato questa farsa. Tuttavia a noi contribuenti restano molti interrogativi.
Il primo: chi ci ridà i soldi buttati? Perché sono tanti e rischiano di diventare migliaia di euro. Basta fare due conti. L’intimazione a Casali è stata fatta per raccomandata e a tariffa postale fanno 3,60 euro. È stato spedito il bollettino prestampato: costa 0,02 euro, una busta viene 10 centesimi. Per istruire l’ingiunzione il dipendente zelante ha impiegato minimo un turno per istruire la pratica, farla vidimare al superiore, compilare la documentazione allegata e spedire l’ad - debito. Un impiegato Inps qualifica C3 prende all’incirca 1450 euro netti di stipendio più 350 d’ indennità, tralasciando i benefit. Diciamo che la paga lorda giornaliera è di circa 220 euro. Per recuperare un centesimo sono stati spesi 223 euro e 72 centesimi: ventiduemilatrecentosettandue volte di più di quanto si doveva incassare.
Secondo interrogativo: se ora il signor Casali proporrà ricorso magari per vedersi riconosciuti i danni morali ci saranno cause, parcelle, processi per migliaia, forse decine di migliaia di euro chi paga? L’Inps o i dipendenti zelanti? E siamo proprio sicuri che i sindacati che sono i veri padroni dell’Inps non intenteranno cause per stoppare le sanzioni contro l’impiegato e il trasferimento del dirigente? Ora Antonio Mastrapasqua ci ha messo una pezza – anche perché come vicepresidente di Equitalia di cartelle pazze se ne intende – ma resta un ultimo interrogativo. Quando l’Inps chiede ai pensionati dati che già possiede terrorizzandoli con la pena di revocare la pensione, quando per rilasciare il DURC - acronimo di: Dobbiamo Urgentemente Rompere i Coglioni a chi lavora – indispensabile alle imprese per emettere fatture ci mette come minimo due settimane non è che è impegnata in queste ficcanti azioni di recupero crediti?
Perché il sospetto viene e passare dall’eccesso di zelo al colmo del ridicolo è un attimo.