Francesco De Dominicis, Libero 22/10/2013, 22 ottobre 2013
IL REGALO ALLE BANCHE VALE 20 MILIARDI
Le carte non mentono mai. E quelle del Tesoro svelano con esattezza quanto vale il regalo del Governo alle banche: uno sconto fiscale che, spalmato su 8 anni, sfiora i 20 miliardi di euro. È la relazione tecnica al disegno di legge di stabilità, depositato ieri in Senato dopo sei giorni dal via libera del consiglio dei ministri, a mettere nero su bianco le cifre della riforma tributaria sulle sofferenze, cioè delle rate non pagate da famiglie e imprese.
Le agevolazioni fiscali agli istituti sullo stock di cosiddetti crediti non performanti (che zavorrano i bilanci) allineano il sistema tributario italiano a quello degli altri paesi europei. La riforma, dopo il giro di vite varato da Giulio Tremonti negli scorsi anni, era attesa. E per certi versi giusta. Tuttavia, quello bancario è l’unico settore a ottenere solo benefici dalla manovra confezionata dall’Esecuti - vo di Enrico Letta. Per imprese e lavoratori restano le briciole; per le famiglie la stangata con la nuova Imu.
Le varie cifre squadernate dai tecnici di via Venti Settembre nella relazione alla finanziaria, se raffrontate tra loro, sono da brividi. Quei 19,4 miliardi complessivamente concessi alle banche dal 2015 al 2022 (solo nel 2014 gli istituti dovranno pagare maggiori tasse per 2,2 miliardi), dunque, vanno messi a confronto anzututto con gli 1,5 miliardi concessi ai lavoratori dal 2015. Stiamo parlando della sforbiciata al cuneo fiscale: una misura che, per un reddito annuo da 15mila euro, garantisce un “aumento” in busta paga da 182 euro l’anno. Una formuletta contenuta nella relazione tecnica è impeccabile e smentisce il premier Enrico Letta secondo cui si tratterebbe di una «cifre inventate ». Macché: calcolatrice alla mano e considerando pure la tredicesima, fanno 14 euro al mese. Non è il caso di dividere per 30 giorni, perché si scoprirebbe che un caffé costa di più. Attenzione alla beffa: sempre nel 2015 il Governo deve tagliare per 3 miliardi le agevolazioni fiscali per i lavoratori (come le detrazioni per spese mediche, asili nido, attività sportive). Una botta che potrebbe sostanzialmente neutralizzare il mezzo caffé offerto con la misura sul cuneo fiscale.
Ma non è finita. C’è un’altra (brutta) sorpresa. Che ha un fastidioso nome: «clausola di salvaguardia ». Una codicillo-paracadute che impone al Governo di aggredire ulteriormente le agevolazioni e le detrazioni qualora la spending review (i tagli agli sprechi nel bilancio pubblico) si risolvesse con un altro flop. Il compito è stato affidato a un super cervellone: Carlo Cottarelli, ex alto funzionario del Fondo monetario internazionale. Prima di lui, a provarci era stato Enrico Bondi. Ma l’ex salvatore della Parmalat non ha portato a casa grossi risultati e se Cottarelli non riuscirà a fare meglio, la legge di stabilità prevede di recuperare fondi con un ulteriore taglio da 564 milioni alle agevolazioni. Il tetto, comunque, è destinato a scendere dal 19% al 18% e poi giù al 17%. Alla fine della giostra, dunque, l’operazione si risolve con un po’ più di quattrini nella «parte alta» della busta paga e sforbiciate nella «parte bassa». La casella magica «netto in busta », però, se tutto va bene resta invariata. Per le imprese ci sono anche un po’ di sconti sul costo del lavoro e quello più significativo è sui contributi Inail, destinati a calare di 1,1 miliardi. Niente a che vedere con il blitz sulle banche.
Capitolo casa. Tasse sulla casa: la nuova Tasi, che confluirà nella Trise, peserà nelle tasche degli italiani di più dell’Imu. Confedilizia ha calcolato, per il 2014 un aggravio, rispetto al 2012, che potrà variare da un minimo di 2,1 miliardi (+8,86%) fino a 7,5 miliardi (+31,65%) secondo l’aliquota che verrà decisa dai comuni. Altre stime indicano che la mazzata potrebbe arrivare fino a 9 miliardi.
Da oggi parte l’esame al Senato e l’assalto dei partiti è già scattato. Le modifiche prospettate dalle sole forze della strana maggioranza valgono grosso modo 10 miliardi. Correzioni, in teoria, sono possibili, ma da ieri il testo è all’esame della Commissione europea che entro il 30 novembre potrà chiedere approfondimenti sulle coperture. In questo caos, Letta ha di fatto abbandonato il testo alle sorti dell’iter parlamentare. L’importante, ha detto, sono i «saldi invariati». Cioè 27,5 miliardi in tre anni. Chi assicura il bottino a palazzo Chigi, è libero di stravolgere la finanziaria.
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