Fausto Narducci, La Gazzetta dello Sport 20/10/2013, 20 ottobre 2013
LA LEGGE SULLO IUS SOLI E IL CASO NASRALLAH
Yassir Nasrallah, chi era costui? Probabilmente neanche lui stesso, diciassettenne giocatore di hockey prato nato ad Este (Padova) da genitori marocchini, sa che in qualche modo passerà alla storia dello sport italiano. In realtà del suo caso si è parlato in generale pochissimo, un po’ perché rappresenta uno sport non esattamente popolare (uno degli ultimi, in Italia, per diffusione e risultati internazionali), un po’ perché rappresenta l’avanguardia di un processo che è appena cominciato e si trova davanti un cammino pieno di contraddizioni. Parliamo dello «ius soli» sportivo, espressione latina che sta per «diritto del suolo» e racchiude una delle questioni politiche e sociali più combattute dei nostri giorni in riferimento dell’acquisizione della cittadinanza italiana.
La premessa è nota: noi che applichiamo lo «ius sanguinis», concediamo la cittadinanza ai discendenti di italiani per tre generazioni ma, a chi è nato sul nostro suolo da genitori stranieri la concediamo solo al compimento dei 18 anni (che poi diventano 19 per le pratiche burocratiche). Mentre il ministro dell’integrazione Cecile Kyenge si batte per applicare integralmente lo «ius soli» anche in Italia (come negli Stati Uniti ma anche in tanti stati europei), la dimissionaria ministra dello sport Josefa Idem aveva cercato di applicare un disegno di legge particolare che concedesse la cittadinanza per meriti sportivi a minori figli di immigrati tesserati per le federazioni. Una deroga discutibile perché avrebbe premiato solo una minoranza (gli sportivi, appunto) rispetto agli 80.000 minori figli di immigrati regolarizzabili con lo «ius soli».
Sappiamo come è finita l’avventura politica della Idem, ma intanto, nelle maglie della lacunosa legislazione sportiva, due federazioni hanno già provveduto per conto loro ad accontentare l’ex canoista. Ha cominciato appunto la federazione dell’hockey prato (Fih) che nel consiglio federale di inizio ottobre ha varato la nuova normativa che attraverso l’applicazione dello ius soli ha equiparato agli italiani 50 dei 343 tesserati stranieri (93 comunitari) attualmente nei ranghi federali. Stessa strada ha seguito subito dopo la federazione pugilato (Fpi) che con lo stesso principio ha concesso ai minori figli di stranieri nati in Italia di partecipare ai prossimi campionati italiani dilettanti. In attesa di vedere come si comporteranno le altre federazioni (atletica in particolare), per stessa ammissione dei presidenti federali, «l’apertura» rappresenta soprattutto una sollecitazione al Parlamento perché approvi il disegno di legge caro alla Kyenge ma ha una portata pratica limitata: i neoitaliani potranno infatti partecipare ai campionati nazionali ma non potranno vestire la maglia azzurra, per la quale è richiesta la cittadinanza anagrafica.
In questo senso hanno ottenuto molto di più altri due sport, pattinaggio di figura e pallanuoto, che si sono trovati due italiani di livello olimpico in più, in base all’applicazione della legge 91. Il 24 e 25 settembre, infatti, il consiglio dei ministri (considerando anche i meriti sportivi) ha concesso la cittadinanza a due sportivi stranieri residenti in Italia: la 24enne francese Charlene Guignard, aspirante azzurra della danza a Sochi, e il 34enne ungherese Norbert Madaras, attaccante del Pro Recco reduce dalla vittoria iridata con la sua nazione di origine.
La regola vuole che un atleta che rinuncia alla precedente maglia nazionale dopo un anno possa gareggiare in azzurro ma a queste «eccezioni» sportive continuiamo a preferire una legge sullo «ius soli» che sani una vera ingiustizia sociale. Chi è nato in Italia, sportivo o no, merita di essere considerato italiano.