Francesco Spini, La Stampa 22/10/2013, 22 ottobre 2013
“GLI ENTI PUBBLICI SONO ISOLATI I SOFTWARE NON SI PARLANO”
[Francesco Caio]
Quanto si può risparmiare con la digitalizzazione del Paese? Il commissario governativo per l’attuazione dell’Agenda Digitale, Francesco Caio, cifre non ne fa: «Non c’è un numero definito - spiega -, su ogni capitolo di spesa si parla di miliardi di euro che si potrebbero portare a casa».
Nel corso del suo intervento all’«Italian digital agenda forum» ha però detto che non è etico gestire una spending review con le scartoffie. Cosa significa, dottor Caio?
«Tra le tre priorità che ci siamo dati c’è l’introduzione, a partire dal giugno 2014, della fatturazione elettronica come unico sistema per chi vende beni e servizi alla Pubblica Amministrazione».
Perché è importante?
«Rappresenta un input essenziale, un progetto centrale per assicurare che lo Stato faccia una spending review con cognizione di causa. Per qualsiasi azienda non è immaginabile avere una gestione, e il relativo controllo, basato sulla collezione cartacea dei documenti. Nel momento in cui esiste un flusso di fatturazione elettronico lo Stato sa in ogni momento dove ha speso, cosa ha speso e quanto deve alle imprese da cui ha comprato».
Cosa che oggi non avviene...
«In assenza di questi strumenti, non dico sia impossibile, di certo è molto più complesso, più costoso e più lento individuare le inefficienze. E quindi si deve andare a fare degli interventi su delle stime o su dei dati aggregati che a volte danno le informazioni giuste per far sì che il taglio sia produttivo ma a volte non sono grado di eliminare la strada del taglio lineare che produttiva non è».
A che punto siamo della «notte» digitale italiana?
«Non sono così pessimista. Siamo ben dopo l’alba, direi a metà di una mattina che presenta ancora delle nuvole. Dalla mia analisi di questi mesi emerge un profilo dell’Italia digitale un po’ a macchie di leopardo. Aree di debolezza, che replicano il divario Nord-Sud dell’Italia “analogica”, accanto ad aree di eccellenza. Penso a esperienze come quella di Infocamere, o alla digitalizzazione dell’Agenzia delle Entrate o di quella delle Dogane. E ad alcuni sistemi regionali come l’Emilia Romagna, la Toscana, la Lombardia, il Trentino Alto Adige. Ma anche il gap con le amministrazioni meno digitalizzate non è impossibile da colmare».
Qual è allora, secondo lei, il problema?
«C’è un’enorme duplicazione degli investimenti: spesso ognuno di questi sistemi digitali è costruito come un’isola, non parla con gli altri. Non c’è la Pubblica amministrazione digitalizzata, ma le Pubbliche amministrazioni digitalizzate che scaricano sul cittadino la necessità di raccordarsi tra di loro».
Anche qui ci sono possibilità di risparmio?
«Basta pensare che nel momento in cui lo Stato varerà un meccanismo condiviso di identità digitale - altro nostro progetto prioritario -, i cittadini con una sola password entrano nel sistema della Pubblica Amministrazione senza dover ripetere procedure di accreditamento cambiando da sito a sito. E in ogni software, tra il 20 e il 30% del costo dello sviluppo è nella gestione degli accessi. Se se ne fa uno che gestisce l’accesso per tutti, vuol dire importanti somme di risparmio per la cassa pubblica nello sviluppo dei sistemi».
E minori complicazioni per i cittadini che, soprattutto a livello locale, spesso di digitalizzazione ne vedono poca...
«Anche qui, ci sarà una svolta. Entro il 2015, ed è la nostra terza priorità, ci sarà un’unica banca dati centrale con i dati di tutti: nome cognome, indirizzo e codice fiscale. È il primo servizio che lo Stato informatizza su base nazionale centralizzata. Per erogare i propri servizi, i Comuni accederanno a una banca dati unica, aggiornata e allineata in tempo reale, più certa, pulita e robusta. Eliminerà duplicazioni e possibilità di errori. In prospettiva abbasserà i costi dei Comuni aumentando i livelli di servizio. Risparmi e più qualità».