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 2013  ottobre 22 Martedì calendario

L’ECONOMIA CINESE RISPONDE BENE AGLI STIMOLI MA IL VERO PROBLEMA È IL LIVELLO DEL DEBITO


Archiviate almeno per il momento le preoccupazioni sulla situazione fiscale negli Stati Uniti, con l’accordo al Congresso sulla riapertura degli uffici governativi sino a metà gennaio e sull’innalzamento del tetto massimo del debito sino a metà febbraio, gli investitori possono tornare a concentrarsi sulle prospettive di crescita dell’economia mondiale. Per questo erano molto attesi i dati sull’economia cinese in calendario venerdì 18, dato che la seconda economia mondiale continua a rimanere una delle maggiori fonti di incertezza a livello internazionale per i forti squilibri che la caratterizzano. I dati pubblicati hanno sostanzialmente rispettato le attese della vigilia, evidenziando come l’economia cinese abbia accelerato nel terzo trimestre dell’anno ma come un nuovo rallentamento del tasso di crescita possa essere già alle porte. Il pil è aumentato nel terzo trimestre del 7,8% annuo, in linea con il consensus degli economisti, mostrando un miglioramento rispetto al 7,5% del secondo trimestre. Secondo gli economisti la ragione principale alla base dell’accelerazione è il piccolo stimolo fiscale deciso dal governo di Pechino la scorsa estate, basato sul taglio delle tasse e sugli investimenti nelle ferrovie. La crescita nel terzo trimestre dovrebbe garantire il raggiungimento dell’obiettivo del governo di una crescita del 7,5% nel 2013.

Tuttavia i dati di settembre hanno evidenziando un rallentamento della crescita a fine trimestre. La produzione industriale è aumentata del 10,2% annuo, in ribasso dal 10,4% di agosto, con il tasso di crescita mensile in ribasso dallo 0,9 allo 0,7%. Il forte calo della produzione di energia elettrica, dal 13,4% annuo all’8,2% evidenzia, inoltre, come il forte balzo del mese precedente possa essere legato dovuto solo alle alte temperature estive. Le vendite al dettaglio sono aumentate del 13,3% annuo, ritmo di poco inferiore al 13,4% di agosto. Tuttavia, considerando il balzo dell’inflazione dal 2,6 al 3,1% nel periodo di riferimento, le vendite al dettaglio in termini reali sono aumentate dell’11,2%, il valore più basso degli ultimi sette mesi.

Infine, gli investimenti fissi, principale motore di crescita dell’economia nel terzo trimestre, hanno rallentato al 19.6% annuo, secondo i calcoli di Société Générale. Anche se uno sfavorevole effetto base spiega il ribasso dal 20,2% annuo di agosto, ciò evidenzia come il governo possa avere ridotto gli stimoli agli investimenti a fine trimestre.
Il tasso di crescita cinese potrebbe, quindi, diminuire a fine anno, quando si faranno sentire gli effetti del rallentamento dei Paesi emergenti, del rialzo dello yuan e del calo degli investimenti nel settore manifatturiero. Un segnale in tal senso arriva dal rallentamento della crescita in termini reali negli ultimi mesi della massa monetaria M1, indicatore storicamente molto correlato all’andamento della produzione industriale.
Il rallentamento dovrebbe farsi più evidente dal prossimo anno, come stimato dallo stesso governo, il cui target di crescita per il 2014 è il 7%. Negli anni successivi, l’espansione cinese potrebbe ulteriormente rallentare secondo alcuni economisti, con un tasso di crescita medio per il prossimo decennio che potrebbe essere tra il 5 e il 6%. Circostanza che potrebbe pesare su tutti quei Paesi fortemente dipendenti dal gigante asiatico, e in particolare sugli esportatori di materie prime quali Brasile e Australia. Nei prossimi anni potrebbe pesare sulla crescita cinese anche il forte indebitamento, sia pubblico sia privato, oltre alla necessità di stimolare un riequilibrio verso i consumi. Secondo i dati del Fmi, il rapporto deficit/pil della Cina si è attestato al 9,7% nel 2012 se si escludono le vendite di terreni. Livello insostenibile nel lungo periodo e che evidenzia come Pechino difficilmente potrebbe intervenire nuovamente per rilanciare la crescita qualora ce ne fosse bisogno. Ma è in generale l’indebitamento di tutta l’economia cinese a preoccupare. L’agenzia di rating Fitch ha evidenziato come il debito totale di governo, imprese e famiglie sia aumentato negli ultimi 5 anni da 9 mila miliardi di dollari a 23 mila miliardi, valore pari al 200% del pil. L’aumento del debito ha un impatto sempre più contenuto sulla crescita economica. Secondo Fitch, uno yuan di debito aggiuntivo aumenta il pil di non più di18 centesimi. Per il momento non ci sono, però, segnali negativi dal settore finanziario, come evidenziato dal balzo dei nuovi prestiti nel mese di settembre da 711 a 787 miliardi di Yuan.
Tuttavia, questo dato non fa che confermare che il rischio di una crisi finanziaria in Cina sia una delle maggiori fonti di preoccupazione per il 2014.