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 2013  ottobre 22 Martedì calendario

GERMANIA, LABORATORIO DEL SALARIO MINIMO


Jonny Sauerwein, chef di un ristorante della città di Pöhl, in Sassonia, non ha dubbi. Il salario minimo generalizzato di 8,50 euro che la Spd ha inserito al primo posto in una lista di punti «non negoziabili» nel programma del futuro governo di grande coalizione, è una sciagura. «Nel mio locale — ha raccontato alla Bild — ho dieci collaboratori che guadagnano circa 7/7,50 euro all’ora. Con questa riforma il costo del lavoro aumenterebbe del 40%. Dovrei licenziare quattro persone oppure aumentare in modo notevole i prezzi». Senza entrare in questi dettagli, anche la cancelliera, in un discorso pronunciato la settimana scorsa alla vigilia della presentazione del «decalogo» socialdemocratico, ha sostenuto una tesi simile.
«Appoggio il diritto di ogni persona che lavora a tempo pieno di poter vivere con il suo stipendio», ha premesso Angela Merkel, aggiungendo però che un «eccesso di regolamentazione» rischia di avere ripercussioni negative sui posti di lavoro. Secondo la donna più potente del mondo (ed è questa la posizione da sempre dei cristiano-democratici tedeschi), devono essere sindacati e imprenditori, non il governo, a stabilire le retribuzioni. E le differenze tra le economie dei vari Länder non permettono di indicare per legge un tetto uguale in ogni settore e in ogni situazione.
In realtà, nonostante tutto, è molto probabile che il salario minimo arriverà anche in Germania, che è uno dei sette Paesi dell’Unione europea a non averlo. Se non nella versione «prendere o lasciare» dei socialdemocratici, almeno sulla base di un compromesso molto vicino alla proposta che è stata il cavallo di battaglia del partito in campagna elettorale. Sono molti segnali a farlo credere. La Spd sa che «compromessi saranno necessari» (come si legge nel documento approvato domenica dal minicongresso riunitosi a Berlino nel Willy Brandt-Haus), ma non intende cedere su questo argomento. Si tratta della priorità nel vero e proprio negoziato programmatico che inizierà domani. Insieme a retribuzioni uguali per uomini e donne, maggiori investimenti nelle infrastrutture e nell’educazione, una strategia per sviluppare la crescita nell’eurozona.
È significativo però che altre richieste siano state messe da parte, almeno per il momento, come l’aumento delle tasse per i redditi più alti e l’abolizione dell’assegno per le famiglie che non mandano i bambini all’asilo-nido. Tra l’altro, sul salario minimo c’è stata un apertura del governatore bavarese Horst Seehofer. Nell’Unione Cdu-Csu la posizione dei cristiano-sociali è più disponibile, è questo può voler dire molto. Tanto è vero che anche il capogruppo cristiano-democratico, Volker Kauder, si è detto molto ottimista sulla possibilità di un accordo. A farsi portavoce di altri dubbi è stato invece l’uomo del rigore, il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, secondo cui niente deve contribuire a mettere in pericolo le attuali cifre dell’occupazione in Germania.
Gli avversari del salario minimo ricordano che circa un decimo dei lavoratori nei Länder occidentali della Germania guadagna meno di 8,50 euro all’ora. Questa percentuale sale considerevolmente ad Est, dove è un quarto degli occupati ad avere retribuzioni sotto la soglia chiesta dalla Spd. Alla luce di questi dati, si teme che molte aziende possano essere spinte a spostare la loro attività in Polonia o nella Repubblica Ceca dove i costi sono più bassi. Al di là del fatto che in Germania, soprattutto nelle regioni orientali, esistono in alcuni settori ancora paghe da 2 euro all’ora, gli esperti sono comunque convinti che sia determinante l’entità della cifra stabilita.
Secondo l’Istituto tedesco per le ricerche economiche (Diw), citato dall’agenzia Reuters , «sembra per esempio più consigliabile introdurre il salario minimo su un livello più basso, come è stato fatto in Gran Bretagna, per poi valutare con attenzione il suo impatto e quindi modificarlo progressivamente se necessario». Quel provvedimento fu firmato nel 1999 da Tony Blair. Un buon modello, forse, anche per Angela Merkel e il suo partner-rivale, Sigmar Gabriel.
Paolo Lepri