Thomas Mackinson, Il Fatto Quotidiano 21/10/2013, 21 ottobre 2013
COSÌ LA SOCIETÀ DELLA PAURA CI COSTA DUE MILIARDI DI EURO
Antifurti, telecamere e sparachiodi. Quanto ci costa la società della paura. Siamo il paese più sorvegliato d’Europa, il Ministero degli Interni e le amministrazioni comunali spendono centiana di milioni in telecamere e servizi di video-sorveglianza. Ma la tecnologia da sola non basta e il disinvestimento pubblico su volanti, agenti e mezzi delle forze dell’ordine spinge i cittadini italiani a pagare di tasca propria, anche privatamente, quella tranquillità che non sentono garantita dallo Stato. Armandosi e allarmandosi. Così, fatalmente, finiscono per pagare più volte per soddisfare lo stesso bisogno una specie di tassa occulta sulla sicurezza. A tutto beneficio di un industria che non conosce crisi e anzi cresce esponenzialmente, tanto da aver raggiunto un volume d’affari stimato in due miliardi di euro.
Telecamere il business che svuota i bilanci
Piccole o grandi che siano le amministrazioni fanno a gara per tappezzare di telecamere le strade dove si contano ormai due milioni di obiettivi, poco meno che in Inghilterra. Milano ne ha ormai 1.284 e anche la giunta Pisapia, che ha vinto sulle campagne della paura della Moratti, ha poi ceduto al totem del securitarismo tecnologico. L’ultima infornata è di pochi mesi fa con altre 274 telecamere per due milioni di euro. Vanno ad aggiungersi a quelle comprate per otto milioni nel 2012. Ma furti, rapine e scippi in città non sono calati ma aumentati del 20% e si è pure scoperto che, per buona parte della notte, non c’era il personale di polizia per controllare le immagini. Perché quello che conta è la deterrenza e la “sicurezza percepita”. Secondo la sociologa Gabriella Paolucci, università di Firenze, le istituzioni da tempo sono diventate i clienti più redditizi dell’industria della sicurezza. “Cosa che, considerando il mutamento nella distribuzione di responsabilità tra pubblico e privato, non dovrebbe destare particolare stupore, se non rilevassimo che le nuove urban security policies messe in atto nel nostro Paese vanno ben oltre la semplice e ovvia distribuzione dei compiti in una società dominata dal mercato”.
Si va dall’installazione generalizzata di telecamere alla stipula da parte degli enti locali di polizze assicurative contro i furti negli appartamenti, fino all’incentivazione dell’installazione di sistemi di difesa passiva su abitazioni o esercizi commerciali. Servono davvero? TG2 Dossier ha piazzato un pacco in piazza Plebiscito a Napoli, città sorvegliata con 700 occhi. Poteva essere una bomba. La piazza è videosorvegliata h24, ma nessuno se n’è accorto. Del resto gli italiani continuano a pagare anche nel privato, eccome. Armandosi e allarmandosi.
Sapere dal Viminale quante armi per la difesa circolino legalmente in Italia è però impossibile. Da anni le associazioni per disarmo chiedono questo dato.
Io mi difendo pistole, spray e antifurti
Ma il Viminale, che è la fonte unica essendo l’ente preposto al controllo della diffusione tramite licenza, non risponde. Così tocca accontentarsi di stime che per gli addetti ai lavori sono sempre lontane dal reale. Eurispes e l’Università di Urbino stimano in 27-34mila le armi per difesa personale. In mancanza di dati ufficiali e serie storiche confrontabili, si può guardare all’andamento di prodotti economici per la sicurezza personale non classificati come arma comune, come lo spray al peperoncino.
Sdoganato nel pacchetto sicurezza 2009 la bomboletta irritante ha avuto un immediato boom e le vendite, da allora, sono continuate a salire come conferma l’armiere romano Massimo Frinchillucci. “Ormai la vendita si è allargata alla grande distribuzione e con la crisi succede che la gente si attrezza andando a comprare dal ferramenta catene e spara chiodi”. Il mercato delle guardie giurate è esploso fino a occupare 52mila addetti e ora si sta comprimendo ma per la concorrenza sleale di operatori non autorizzati che sfuggono anche alla contabilità del "conto sicurezza" degli italiani: buttafuori, bodyguard, agenti di sicurezza privati, scorte non autorizzate. Nessuno sa davvero quanti siano, se e quanto aumenta la richiesta.
C’è chi nella sicurezza fai-da-te investe un sacco di soldi, puntando sulla tecnologia che evolve a ritmi velocissimi. Qui il settore chiave è quello della casa o dell’azienda, dove la paura di topi d’appartamento e intrusi fa almeno trenta. Del 30%, infatti, è salito il fatturato delle imprese che offrono sistemi antifurto con soluzioni per tutte le tasche, dispositivi basici da poche centinaia di euro a quelli più sofisticati da diverse migliaia: sistemi wireless, perimetrali sofisticatissimi, telecamere con software e consolle con funzioni “seguimi” o “ronda” che riproducono nel privato le funzioni delle telecamere di vigilanza installate negli spazi pubblici. Anche qui sull’efficacia reale si potrebbe discutere a lungo, ma gli italiani - in mancanza d’altro - sono disposti a svenarsi anche per una protezione illusoria o per garantirsi la migliore soluzione di deterrenza offerta dal mercato della sicurezza, l’unico a sentirsi al sicuro nella società della paura.