Valentina Maglione e Valentina Melis, Il Sole 24 Ore 21/10/2013, 21 ottobre 2013
PROFESSIONISTI, LE SOCIETÀ NON DECOLLANO
Bastano le dita delle due mani a contare le società tra professionisti create dal 22 aprile scorso all’inizio di ottobre. Sono appena dieci, infatti, le Stp iscritte al Registro delle imprese da quando sono operative le regole della nuova compagine societaria, introdotta, con l’obiettivo di liberalizzare il mercato, dal Governo Monti (legge 183/2011) e poi attuata dal Dm 34/2013. Numeri bassi che scontano, innanzitutto, gli effetti della crisi, che sta mettendo in difficoltà anche gli iscritti agli Ordini, e poi le incertezze della disciplina.
Avvio lento
I dieci gruppi di professionisti "coraggiosi" che hanno dato alla propria attività la veste della Stp sono medici (2 società), dentisti (3), commercialisti e consulenti d’impresa (3), avvocati (2). Gli altri 116 soggetti iscritti nel Registro imprese con la qualifica di Stp sono in realtà "vecchie" società fra avvocati, una forma giuridica regolata dal 2001.
La forma societaria è sembrata la più adeguata a Pierino Postacchini, dottore commercialista e revisore contabile, e agli altri sette soci dello studio «Bernardini, Postacchini e associati» di Fermo, attivo nella consulenza aziendale, societaria, tributaria e del lavoro, con 5 sedi nelle Marche. «Dal 2010 – spiega Postacchini – dobbiamo confrontarci con i big della revisione, da Deloitte a Kpmg. Con una Stp multidisciplinare pensiamo di poter rispondere meglio alla concorrenza». La partnership con un socio di capitale, che secondo le regole della Stp può controllare fino al 33% della società, è una strada che nessuno ha ancora percorso: «Se amplieremo la clientela – prosegue Postacchini – e il numero di sedi, potremo valutare di aprire a un socio finanziatore». Ma in generale, la crisi rende complesso trovare investitori.
Le incertezze
A tenere bassi i numeri delle Stp ha contribuito il fatto che le regole siano, per alcuni versi, ancora incerte. A partire dal regime fiscale da applicare al reddito prodotto: deve essere considerato reddito d’impresa (come avviene nelle società) o di lavoro autonomo (come accade per i professionisti)? A indicare la strada è il Ddl sulle semplificazioni, precisando che alle Stp si applicano le regole valide per le associazioni professionali: il reddito sarebbe di lavoro autonomo. Ma il Ddl, approvato dal Consiglio dei ministri a luglio, è all’esame del Senato. E nei fatti, chi avvia una Stp non sa come dovrà fare la dichiarazione dei redditi. Inoltre, questi dubbi rendono incerto anche il versamento dei contributi previdenziali.
Gli Ordini suggeriscono dunque cautela ai propri iscritti, come ammette il presidente degli architetti Leopoldo Freyrie che, con gli altri rappresentanti delle professioni tecniche, ha spinto per il debutto delle regole sulle società: «Ai tre professionisti che hanno chiesto l’iscrizione all’Albo di una Stp, abbiamo suggerito di aspettare che siano completate le regole. Dove e come versare i contributi – continua – non è un dettaglio, se si vuole evitare che i professionisti perdano gli importi versati in modo sbagliato».
A frenare le Stp c’è anche la burocrazia incerta di un sistema all’esordio. Le nuove società devono iscriversi a Ordini e Camere di commercio, che in questi mesi hanno dovuto organizzarsi per attivare le procedure.
Disciplina da migliorare
Per dare più appeal alle Stp, secondo le categorie, bisogna rimettere mano alle regole. Intanto, secondo Armando Zambrano, presidente degli ingegneri e della Rete delle professioni tecniche, è necessario eliminare il divieto di partecipare a più di una società, particolarmente penalizzante per le professioni tecniche. E poi bisogna uniformare le regole tra le Stp e le società di ingegneria, regolate dal 2006, che oggi sono circa 10mila. «I campi di attività possono essere molto simili – spiega –, ma alle società di ingegneria, per esempio, non è richiesta l’iscrizione all’Ordine, né sono imposti limiti alla partecipazione del socio di capitale».
Differenze da cancellare anche secondo Andrea Sisti, presidente dei dottori agronomi e forestali: «Chiederemo alle società di ingegneria ambientale esistenti di iscriversi all’albo», annuncia. Ma Sisti guarda già oltre le Stp: «Oggi – osserva – i costi dell’organizzazione sono una barriera e i soci finanziatori non ci sono. Occorre disciplinare invece le reti tra professionisti: uno strumento agile che permette ai singoli di lavorare insieme e aggredire nuovi mercati».
LE CRITICITÀ
1
Il regime fiscale
Il reddito prodotto dalle Stp deve essere qualificato come reddito d’impresa o come reddito di lavoro autonomo? Non lo precisano né la legge che ha istituito le Stp (legge 183/2011), né il regolamento di attuazione (decreto 34/2013). A fare chiarezza potrebbe essere il Ddl semplificazioni, all’esame del Senato: il testo afferma, in pratica, che il reddito generato dalle Stp va considerato reddito da lavoro autonomo
2
Il trattamento dei contributi
I dubbi sulla qualificazione del reddito prodotto dalle Stp ricadono sul regime previdenziale da applicare ai soci. Infatti, se fosse qualificato come reddito di lavoro autonomo, i soci professionisti dovrebbero versare il contributo soggettivo alle Casse previdenziali di categoria. Se invece il reddito prodotto fosse considerato reddito d’impresa, questa contribuzione non sarebbe dovuta
3
Le società tra avvocati
La riforma forense aveva sottratto gli avvocati alle nuove Stp aperte ai soci di capitale, delegando il Governo a introdurre una forma societaria ad hoc riservata ai legali. Ma il ministero della Giustizia ha deciso di non esercitare la delega, scaduta il 2 agosto, per non creare una disciplina speciale. Ma, secondo il Consiglio nazionale forense, le regole sulle nuove Stp restano non applicabili agli avvocati
4
Le altre forme societarie
La legge che ha istituito la Stp (183/2011) ha precisato che «restano salve le associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già vigenti». Le Stp non travolgono quindi, tra l’altro, le società di ingegneria, disciplinate dal Dlgs 163/2006 e costituite come società di capitali o cooperative e non iscritte agli Albi. Ma l’esistenza di forme societarie soggette a vincoli diversi per svolgere la stessa attività non convince alcuni Ordini