Paolo Mastrolilli, la Stampa 21/10/2013, 21 ottobre 2013
“BOB RUBÒ IL CERVELLO DI JFK” UN LIBRO RILANCIA I MISTERI SULL’OMICIDIO DI KENNEDY
Era stato Robert Kennedy che aveva fatto sparire il cervello di suo fratello John, dopo l’autopsia al Bethesda Naval Hospital. Così almeno sostiene Robert Swanson, nel suo libro in uscita per l’anniversario dell’omicidio del presidente americano. Lo scopo di Bob non era quello di nascondere che John era stato ucciso da un colpo sparato frontalmente, come vorrebbero gli amanti delle cospirazioni, ma piuttosto evitare che i medici potessero indagare e rivelare le precarie condizioni di salute del fratello e le molte medicine con cui si curava.
In vista del cinquantesimo anniversario dell’attentato di Dallas, che cade il prossimo 22 novembre, sono usciti o stanno uscendo decine di libri. Ad esempio quello di James Reston junior, dove si nega persino il fatto che Kennedy fosse il vero obiettivo del killer, o quello di Larry Sabato, che smentisce tutte le dietrologie e sostiene la responsabilità esclusiva di Lee Harvey Oswald. James Swanson ha contribuito alla lista delle pubblicazioni con «End of Days: The Assassination of John F. Kennedy», in cui ha scavato su diversi fatti curiosi.
Quello più interessante riguarda il «braingate», ossia il mistero sulla fine del cervello del presidente. Di sicuro si sa che era stato sottoposto all’autopsia, nel Bethesda Naval Hospital di Washington, e poi riposto in un contenitore di acciaio inossidabile per conservarlo. Ma poi non è mai stato sepolto con il resto del corpo, nel cimitero nazionale di Arlington. «Per un certo periodo - scrive Swanson - questa teca fu sistemata dentro un armadio negli uffici del Secret Service», ossia l’agenzia del governo americano che ha l’incarico di proteggere la vita dei presidenti. Quindi l’organo era stato trasferito in una cassetta e trasportato insieme con altri reperti ai National Archives. Era in una stanza di massima sicurezza, dove avevano accesso pochissime persone, tra cui la fedelissima segretaria Evelyn Lincoln che stava mettendo insieme le carte presidenziali.
«Nell’ottobre del 1966 - scrive Swanson - si scoprì che il cervello e altri materiali dell’autopsia mancavano, e non sono stati più ritrovati». La leggenda voleva che fossero spariti per coprire la verità sull’omicidio. L’analisi del cervello, infatti, avrebbe dimostrato che Kennedy era stato ucciso da un colpo sparato frontalmente, e non da quelli esplosi alle spalle da Oswald, che si trovava nel Texas School Book Depository. Quindi il vero assassino era un altro.
Il ministro della Giustizia Ramsey Clark aprì un’inchiesta sulla scomparsa dei reperti, ma non appurò mai in maniera definitiva cosa fosse successo. «Raccolse però abbastanza prove secondo cui era stato Bob Kennedy, con l’aiuto della sua assistente Angie Novello, a rubare il contenitore». Il motivo non era nascondere la verità sull’omicidio, ma piuttosto coprire il fatto che John soffriva del morbo di Schmidt, una malattia che colpisce il sistema endocrino provocando affaticamento, debolezza estrema e perdita di peso. «La mia conclusione - spiega Swanson - è che fu Robert a prendere il cervello del fratello. Non lo fece per cancellare le prove di una cospirazione, bensì per cancellare le prove della reale estensione della malattia di cui soffriva il presidente degli Stati Uniti, e forse anche per cancellare le tracce del numero elevato di farmaci che stava prendendo».