Rita Di Giovacchino, Il Fatto Quotidiano 21/10/2013, 21 ottobre 2013
“TROPPA VIOLENZA OGGI SONO CATTIVI”
Trastevere era un quartiere ’de ladri, ma ’mo i ladri vengono da fori”. Nando è un ladro in pensione, la faccia da duro è solcata da rughe profonde come ferite, giacca a vento e jeans sdruciti come quando “scalava” i balconi. Ormai passa le giornate da “Marcello” il bar di San Calisto, due passi da Santa Maria in Trastevere, che di notte è punto di ritrovo della movida. Ma di giorno torna a essere il bar del quartiere, mamme con la carrozzina e vecchietti che si danno appuntamento in questa piazzetta inondata di sole dove il caffè costa ancora 60 centesimi e i coni gelato 1 euro. L’amarcord di Nando è segnato da un crinale: gli anni ’70. Prima a Trastevere c’erano soltanto ladri e ricettatori, “nonnette”che smerciavano sigarette di contrabbando.
E poi?
“Poi è arrivata l’eroina e il gioco si è fatto pesante, come è andata lo sa: so’ morti tutti, drogati e spacciatori, incontravi i ragazzi che barcollavano come zombie pure la mattina. É vero, se riempivano le tasche e quando mancavano liquidi non c’era problema, andavano a fa’ le rapine con il mitra. A me tutta ’sta violenza non è mai piaciuta, non m’andava de’ lavorà e basta. Mio padre faceva il facchino, si è spaccato la schiena al mercato, io non volevo fare la fine sua. Mi piaceva la libertà, quando me rivoltavo le tasche e non c’era un soldo, dicevo a un amico:’Annamo?’. E andavamo.
Dove andavate?
La meta preferita era Monteverde, lì c’erano i balconi, ci si poteva arrampicare facilmente, a Trastevere no, ci conoscevano e poi come si dice: non si ruba in casa di ladri. Non c’erano mica tutte ’ste inferriate, porte e finestre se buttavano giù con una spallata. Cercavamo l’oro, andavamo in camera da letto, le donne tenevano le catenine sul comò, mica in cassaforte. Qualche rischio c’era, una volta il proprietario tornò prima e ce siamo dovuti buttà giù dal balcone, l’amico si è rotto una gamba ed è finito a Regina Coeli. Io, sinceramente, so’ scappato. Oggi è tutta un’altra musica, ci sono gli albanesi, i russi, troppo concorrenza.
Le regole sono cambiate?
Altroché, porte blindate, sistemi di allarme, roba da professionisti, ci vuole un’organizzazione. So che entrano pure di notte, quando la gente dorme, gli spruzzano il sonnifero in faccia, li imbavagliano, li legano. Ma queste so’ rapine, se ti pizzicano so’ anni di galera, scherziamo! Hanno rubato pure da Alemanno, l’ex sindaco. Fegato ce l’hanno, ma rischiano grosso. Noi al massimo ci facevamo qualche mese, bastava un buon avvocato e ti tirava fuori in pochi giorni, poi c’erano le amnistie, ce la cavavamo facile. Scappavamo a piedi, in motorino: ora vanno con i macchinoni, in cinque, sei. C’è il palo, il tecnico che taglia i fili della luce e del telefono, quello che sa aprire le serrature complicate. Per fa’ magnà tutta ’sta gente, quanto devi rubà? E a guadagnare meglio sono quelli che non rischiano niente. Ma questa è mafia, con loro è peggio de lavorà, se non ci stai t’ammazzano pure. Noi tiravamo su una catenina, andavamo dal sor Cesare, ci dava due lire e ce le pappavamo in trattoria.
I tempi cambiano. Come vive oggi, ai suoi figli cosa racconta?
So’ pensionato, no? Peccato che la pensione non me la paga nessuno. Mi arrangio, gli amici, i pochi ancora vivi mi aiutano. Qualche volta in trattoria ci vado ancora, ma senza pagare, lo sanno come sto. Vado pure alla Caritas, non mi vergogno, vedesse che signoroni s’incontrano: padri separati, senza una lira. Io da mia moglie non mi sono mai separato, l’ho fatta morì di crepacuore, poveraccia. I miei figli non mi dicono niente e io non chiedo niente. Come campano non lo so, una cosa sola gli dico: “State attenti agli infami”. Di gente a posto in giro ce n’è poca.