Aldo Grasso, Corriere Economia 21/10/2013, 21 ottobre 2013
E IL MAGO SILVAN SPUNTA PER INCANTO DAL CILINDRO UNIPOL
Il mago Silvan, la «brunetta dei Ricchi e Poveri», Sandokan-Kabir Bedhi: non sono testimonial, ma icone di un tempo che si ricorda con nostalgia. Di più, sono entrati nell’immaginario collettivo e persino nel vocabolario condiviso della cultura popolare di un’intera generazione.
E a quella generazione fa appello la nuova, divertente campagna pensata da Leo Burnett per il Gruppo Unipol e i suoi prodotti assicurativi.
Una campagna che fa un uso veramente creativo ed efficace del testimonial: non una faccia ingaggiata per trasportare la propria popolarità sul marchio o il prodotto, ma delle fantasmagoriche apparizioni che s’intrecciano con il racconto e fondano la propria forza su un’immediatezza universale.
La trama dei tre soggetti è semplice. Ci sono due personaggi che dialogano di fianco a un’auto: due meccanici alle prese con una riparazione, due colleghi al casello dell’autostrada, due lavoratori all’autolavaggio.
L’uno riporta all’altro una notizia: l’offerta Unipol sulla polizza auto a rate mensili. L’incredulità si trasforma in una replica quasi proverbiale: «Sì, a costo zero... E io sono il mago Silvan».
A quel punto, come per incanto, l’amico che ha pronunciato la profezia si trasforma proprio nel mago Silvan e, guardando con tranquillità il vicino, gli domanda che cosa ci sia che non va.
Lo sketch si ripete altre due volte, ma le trasformazioni sono differenti: l’amico diventa ora Sandokan, ora la «brunetta dei Ricchi e Poveri».
In tutti questi casi, lo spot trova una retorica divertente per descrivere il prodotto e il marchio.
Sandokan-Kabir Bedhi, il mago Silvan e la «brunetta dei Ricchi e Poveri», ovvero Angela Brambati, recitano semplicemente se stessi, dimostrando con la loro presenza la veridicità della promessa.
È incredibile ma vero, oggi si può pagare la polizza auto a rate. Una campagna, quella di Unipol, che pare trascinarci indietro di un trentennio, quando i personaggi scelti per le trasformazioni erano tanto popolari da finire nel linguaggio comune: non semplice nostalgia, ma un riuscito gioco su di essa.