Massimo Giannini, la Repubblica Affari & Finanza 21/10/2013, 21 ottobre 2013
SERGIO L’AMERIKANO ALL’ULTIMA CURVA
Solo i gonzi italici sempre pronti ad affidarsi al dogma della deflazione globale secondo cui «non c’è alternativa» - potevano credere che la marcia americana di Marchionne sarebbe stata una passeggiata di salute. È probabile, in effetti, che all’operazione Fiat-Chrysler di quattro anni fa non ci fosse alternativa, se non quella di portare i libri del Lingotto in tribunale (perché bisogna sempre partire da qui: è Chrysler che ha salvato la Fiat, come i fatti di questi ultimi mesi stanno dimostrando, e non il contrario). Ma è innegabile che le tappe della gloriosa fusione somiglino sempre di più alle stazioni di una tormentosa via crucis. I tempi si allungano, e l’affare si complica. La Corte del Delaware ha rinviato al settembre 2014 la decisione sul valore delle quote Chrysler possedute dal fondo Veba, sulle quali Fiat ha esercitato un’opzione per portare a termine la scalata della casa automobilistica Usa. La controversia tra il Lingotto e il fondo dei sindacati americani è sempre più spinosa. Fiat deve portare a casa al più presto il 100% di Chrysler, per poi far partire la fusione. Ma deve comprare le azioni dal Veba (che possiede il 41,5% di Auburn Hills) e tra Torino e Detroit c’è un dissidio finora insanabile sul valore da attribuire a questa quota. Il fondo Usa ha buttato lì una cifra: 5 miliardi di dollari. Marchionne ha risposto alla sua maniera: «Allora è meglio che comprino un biglietto della lotteria». Risultato: l’impasse.
Ma nel frattempo Veba si muove, e il mese scorso ha avviato la procedura per quotare Chrysler in Borsa con una Ipo. A quel punto, a quotazione conclusa, per Torino i guai sarebbero ancora maggiori. I nuovi azionisti di Detroit, dai fondi d’investimento ai fondi pensione, potrebbero rifiutarsi di onorare l’impegno con Fiat che di suo, ormai, porta in dote quasi solo la Ferrari. A questo si aggiungono i pessimi segnali che continuano a deprimere il mercato. Le immatricolazioni di settembre in Europa fanno registrare purtroppo un altro bagno di sangue: Fiat perde un altro 3,4%, mentre il settore cresce del 5,5%. Nessuno ha fatto peggio del Lingotto. È vero che pesa la zavorra delle vendite in Italia, crollate di un altro 11,7%. Ma è altrettanto vero che le cattive notizie arrivano anche dal mercato Usa: un problema al cambio blocca le vendite delle nuove Jeep Cherokee, che lo stesso Marchionne ha definito «cruciali» per centrare i target del 2013. A fine anno se ne dovrebbero consegnare 32 mila, ma nelle piazzole degli stabilimenti in Ohio ne stazionano, invendute, oltre 20 mila. Qualche banca d’affari (Barclays) già comincia a lanciare l’allarme. Sergio l’Amerikano corre in Chrysler verso l’ultima curva. Dopo dovrebbe esserci il traguardo. Ma potrebbe anche esserci il burrone.