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 2013  ottobre 21 Lunedì calendario

LA LEGGE DI COELHO: LA NATURA È GUERRA


Un colloquio con Paulo Coelho offre sempre riflessioni. Lo scrittore brasiliano si esprime con concetti essenziali, forti, diretti. I suoi personaggi sono dei contemporanei, anche se vissero secoli fa. Per tale motivo la data 14 luglio 1099, giorno in cui Gerusalemme si prepara all’invasione dell’esercito crociato, quanto proferisce un uomo greco, conosciuto come il Copto, ci riguarda. Questo signore — si legge ne Il manoscritto ritrovato ad Accra (Bompiani) — ha riunito gli abitanti della città, senza curarsi del sesso o degli anni, nella piazza dove Pilato consegnò Gesù ai suoi esecutori. Ci sono cristiani, ebrei e musulmani; tutti attendono un discorso che li inciti alla imminente battaglia, ma il vecchio saggio, rovesciando le regole, li invita a prestare attenzione agli insegnamenti che giungono dalla vita di ogni giorno, siano essi sfide o difficoltà da affrontare. Il Copto sostiene che la vera saggezza nasce dall’amore, dalle perdite sofferte, dai momenti di crisi oltre che da quelli di gloria. Persino dalla meditazione sulla morte. Per questo e per numerosi altri motivi abbiamo rivolto alcune domande a Paulo Coelho. L’occasione è il suo ritorno a Milano. Una eccezionale serata che dopodomani lo vedrà ospite in Duomo.
Desidera aggiungere un pensiero a «Il manoscritto ritrovato ad Accra»?
«Quello che si trova in questo mio libro è una denuncia contro la mancanza di valori che caratterizza la vita di oggi e che tutti avvertiamo. Non parlo di quelli convenzionali o borghesi, insomma del genere che cercano di imporci e che sono altrettanto pericolosi».
Di quali allora?
«Mi riferisco ai valori che guidano la nostra esistenza, quelli veri in ogni tempo. Noi oggi ci dibattiamo nel mezzo di una confusione creata dal “politicamente corretto”. Parlare di questo e di altre cose scontate è inutile».
Si potrebbero forse riassumere in una soltanto...
«Sì, tutti i valori che contano potremmo vederli riflessi nella domanda che Dio pose a Caino, immediatamente dopo il primo omicidio che si vide sulla Terra. Caino uccide suo fratello Abele e Dio gli chiede senza giri di frase: “Dov’è tuo fratello?”. Ritengo sia questa la domanda a cui dobbiamo rispondere. Proviamo a porcela: “Dov’è mio fratello?”».
Lei intende dire...
«Semplicemente che dobbiamo chiederci come sia possibile realmente aiutare i nostri fratelli in un momento storico in cui disponiamo di tanti strumenti per farlo, come le social community, per esempio; ma anche per il fatto che siamo molto più impegnati e molto più informati, grazie a Internet, su quello che succede nel resto del mondo».
Ne «Il manoscritto trovato ad Accra»...
«Mi scusi se la interrompo ma vorrei dire che in questo libro non desidero contrapporre semplicemente la pace alla guerra. Quello che ho cercato di analizzare è il rapporto che intratteniamo con i nostri nemici, con coloro che la pensano diversamente da noi. E quando parlo di pace, non mi riferisco a qualcosa di statico ma di dinamico. La Natura ci insegna che viviamo in uno stato di conflitto costante. L’inverno si confronta con l’autunno e l’autunno con l’estate; e così di seguito. In fondo la Natura è questo processo costante di adattamento alle circostanze della nostra vita».
È possibile comprendere questo confronto?
«Le risponderò con un semplice invito: guardi in cielo in una limpida notte e vedrà le stelle. Ma in realtà gli infiniti astri luminosi che costellano la volta celeste non sono altro che grandi esplosioni, e tali esplosioni sono una metafora di quelle che viviamo dentro di noi».
Scusi, prima stava parlando di pace...
«Sono convinto che la pace sia uno stato mentale, che non esclude però il confronto. Il confronto è molto importante, un sotto tema del fatto che ogni giorno ci troviamo dinanzi a nuove sfide, nuove decisioni da prendere. Se si ricerca semplicemente la pace senza desiderarla in noi si finisce vittima di una routine distruttiva».
La pace dunque...
«Mi scusi se interrompo ancora la sua domanda ma desidero ribadire che io credo fermamente in quanto sostenuto da Carl Gustav Jung in merito all’anima del mondo (e questo lo si evince anche dal mio libro L’Alchimista ). Tutte le cose hanno un senso, o meglio: tutto è una cosa sola. Noi siamo parte di un’anima gigantesca che io chiamo Dio. Siamo il sogno di Dio, e possiamo decidere se trasformare questo sogno in un incubo oppure in qualcosa di bello. Potremmo anche dire che l’anima custodita in ogni uomo è un frammento del sogno di Dio e noi partecipiamo a questo sogno».
Forse in un sogno è difficile trovare la soluzione che il mondo cerca ...
«Sono pienamente connesso con l’attuale momento storico e questo lo si comprende anche da “Il manoscritto ritrovato ad Accra”, un libro, devo sottolineare, che narra di eventi in teoria accaduti secoli fa. Tuttavia, nonostante il tempo trascorso, non abbiamo imparato nulla. Tutto è rimasto com’era: i nostri valori, le nostre domande continuano ad essere senza risposta. Oggi, ovviamente, possiamo volare, disponiamo di aeroplani sofisticati, abbiamo Internet, ogni genere di auto, tutto, ma i nostri interrogativi non hanno ancora trovato una soluzione. E non penso sia tanto importante avere una risposta perché l’essenziale è accettare la vita, che è un mistero. Occorre essere umili da non rifiutare proprio tale mistero. Oggi, quello che cerco di fare è essere umile di fronte al mistero della mia vita. Rispettandolo».
Ora la sua vita passerà un grande momento nel Duomo di Milano...
«Si tratta di un’occasione speciale della mia esistenza, di quelle che non si dimenticano. Tante volte mi sono recato al Duomo, ne ho osservato l’architettura e mi sono detto: “Mio Dio, questo è uno dei monumenti più belli al mondo!”. Ora, improvvisamente, grazie ai miei lettori, alla mia casa editrice, ai librai avrò l’opportunità di essere lì, di rivolgermi alle persone più care. La considero una benedizione di Dio. Significa molto per me pensare che mi troverò in una cattedrale che è una pietra miliare della storia».
Proferite tali parole nel suo inglese ben curato, Paulo Coelho sembra desideroso di fuggire altrove. Dalla Gerusalemme dei Crociati o dagli azzardi dell’alchimia, dal Duomo dove si riflettono i lavori di Leonardo e i desideri di Napoleone, le omelie veementi di Carlo Borromeo e il fonte battesimale in cui divenne cristiano Agostino, Coelho corre nella realtà. Semplicemente aggiunge: «Sono grato a Elisabetta Sgarbi, il mio editore, per il suo sostegno, per la fiducia che ha avuto in me nel tempo. Quando lesse le bozze del mio primo libro, decise di stamparne 50 mila copie. Mi ricordo che pensai, giacché sono una persona responsabile e non voglio deludere, “Mio Dio, 50 mila copie in un Paese dove sono un emerito sconosciuto!”». Sorride. Si sistema il maglione nero. Forse potrebbe proferire altre frasi, ma chi scrive desidera aggiungere la risposta di Elisabetta a tali parole: «Fu una scommessa, in cui tutti credemmo, come se L’Alchimista e il suo protagonista avessero conquistato anzitutto noi, prima che librai e lettori. Quello che ora mi pare importante è sottolineare la continuità del successo di Paulo Coelho in Italia: non ha eguali in nessun altro Paese in cui i suoi libri sono tradotti».