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 2013  ottobre 21 Lunedì calendario

LA PAURA DI SCENDERE DALLE GIOSTRE IDEOLOGICHE LA SCHIZOFRENIA DEGLI INTELLETTUALI NEL SISTEMA DI CONTRAPPOSIZIONE CONTINUA


Negli ultimi giorni, quel cabaret intellettuale chiamato Italia ha presentato due numeri nuovi: un ateo, il matematico Giorgio Odifreddi, che credendo di parlare al telefono con il Papa ha chiesto una prefazione al suo libro; e uno stimato costituzionalista, Stefano Rodotà, che vuole istituzionalizzare in una Fondazione l’occupazione illegale di un teatro.
La realtà supera così l’indignazione che si può provare per gli intellettuali del piffero. Quanti cioè usano il carisma e la propria autorevolezza per irretire, blandire. Sono la degenerazione del Pifferaio magico: il suonatore che nella celebre favola, grazie alla magia del piffero, prima libera la città dai topi e poi, per vendicarsi, rapisce i bambini.
Roberto Saviano è stato un Pifferaio magico buono quando ha «derattizzato» dall’omertà Casal di Principe, poi si è incattivito attaccando i suoi critici come se fossero tutti camorristi. Sospesi tra magia buona e demagogia sono anche Alessandro Baricco, Marco Travaglio e Gianpaolo Pansa; sempre bianca è la magia di Marco Paolini, pifferaio che non suona per finte rivoluzioni. Come fanno invece gli intellettuali orwelliani, tipo Piffero, il maiale della Fattoria degli animali per cui tutti gli animali sono uguali, ma alcuni più degli altri.
I pifferai, volubili, non sono più quelli di una volta, ha sottolineato Pierluigi Battista. Ma non è più solo un problema di incoerenza. Erri De Luca, per esempio, è fedele alle sue provocazioni No Tav, anzi, le esaspera, ricavandone grande visibilità; utile, se hai un libro da promuovere. È dietrologia? Sì. Come quella praticata da Gianni Vattimo, Giulietto Chiesa, Paolo Becchi e De Luca stesso. L’incapacità di accettare le cose per come si mostrano. Uno dei tanti guasti prodotti da un bipolarismo che, come ha scritto Guido Vitiello sul Foglio , «da politico si è fatto psichiatrico», portando «alle più surreali contraddizioni».
Tra i disturbi del sistema bipolare c’è la Schizofrenia Cognitiva di chi pubblica per Mondadori e combatte Berlusconi e la Demenza Storiografica di chi, come Alberto Asor Rosa, rivaluta il fascismo dopo aver combattuto il berlusconismo in nome di un antifascismo astratto. Ci sono poi autrici di libri licenziosi che diventano castigatrici di costumi (il Ninfomoralismo di Lidia Ravera e Melissa Panarello) e scrittori dai valori tradizionali che difendono la trasgressione più volgare (il Cattolibertinaggio di Luca Doninelli e Susanna Tamaro).
Il bipolarismo è dovuto alla contrapposizione berlusconiani e antiberlusconiani e all’attrazione esercitata da due poteri del ventennio: media e giustizia. Filippo Sensi, su Europa , ha letto il libro come un «trenino circense e melanconico» i cui binari, però, sono a circuito chiuso. Come «montagne russe». Cosa c’è dopo? Per ora si sa quello che non c’è: un altro giro di giostra. Chi lo pagherebbe? Luigi Mascheroni guarda a sinistra. Sul Giornale ha letto Intellettuali del piffero come «il conto, salato, che una generazione post-ideologica presenta, a futura vergogna, a quanti ci hanno incantati con la loro sedicente superiorità morale».
Nell’ultimo capitolo del libro si racconta la lotta di classe anagrafica tra Vecchie Trombette, che istigano al parricidio i propri figli per castrarli (Umberto Eco, Massimo Cacciari...), e Giovani Tromboni, che fingono di essere più adulti di quello che sono, per essere accettati — o notati. Che fare? In Italia, la rivoluzione non si fa, diceva Umberto Saba, perché siamo un paese fratricida. Forse i giovani intellettuali dovrebbero iniziare a non farsi la guerra tra loro e scendere dalle giostre ideologiche di questo ventennio. Questo sì, sarebbe rivoluzionario. Altro che parricidio.