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 2013  ottobre 22 Martedì calendario

MAMMA CLEO DAGLI USA: «QUI È RINATO»

«Mi può chiamare Cleo o Nilde». La voce di Cleonilde Rossi è rassicurante come solo quella delle mamme. La prima cosa che ti racconta è che domenica non ce l’ha fatta a vedere il suo Giuseppe calciare il rigore: «Me ne sono andata fuori, poi mia figlia Tina mi ha detto che era tutto a posto». Riprende: «Vorrei capirne di più, mi sento a disagio: non sono un tecnico. Ma a me interessa guardare Giuseppe in faccia, anche attraverso il teleschermo. Vedere le sue espressioni e lì comprendo come sta. Penso alla sua felicità non certo al calcio». Domenica era mattina a casa Rossi, North Haledon in New Jersey, dove la famiglia ha traslocato da Clifton dopo la morte di papà Fernando, quando Pepito (ma qui è solo Giuseppe) ha calato il tris che ha steso la Juve e lo ha issato in cima alla classifica dei cannonieri della A.

La rinascita E’ qui, in questo angolo remoto di campagna con le casette a schiera, a una cinquantina di chilometri da Manhattan che sembrano mille, che è rinato Giuseppe dopo il grave infortunio. «Non tornava per un periodo così lungo da quando era piccolo e, appena dodicenne, andò a Parma. Ha ritrovato la famiglia, gli amici, i tifosi», dice Cleo. E ha incontrato anche l’amore: Jenna, una splendida ragazza di origini italiane. Aggiunge la signora Rossi: «Con noi ha avuto grande supporto morale. E’ ciò che serve quando sei in convalescenza». Quasi un anno a rimboccarsi le maniche e riprendere la via da dove tutto era cominciato molti anni prima. La stanzetta con i trofei di papà, conquistati in trent’anni di onorata carriera da allenatore di liceo. La sala della tv a guardare il Milan di Gullit e Van Basten dove si è accesa la passione. E il backyard, il giardinetto nel retro di casa, in cui ha affinato il sinistro durante infuocate partitelle: lui e mamma contro Tina e papà. «La famiglia è stata la spinta in più», ribadisce Cleo, professoressa di italiano in pensione, emigrata a 16 anni da Acquaviva, provincia di Isernia, dove suo padre era il sindaco. Aggiunge: «Fin quando non riusciva a guidare, lo accompagnavo io a New York per le sedute di allenamento. E lungo il tragitto scherzavamo, perché un pizzico d’ironia non guasta. Non l’ho mai visto down Giuseppe, sempre sorridente».

Il guru Lo conferma anche Luke Bongiorno, il guru della fisioterapia che lo ha rimesso in piedi nel suo laboratorio di Union Square, cuore di Manhattan, dove puoi imbatterti in Tom Cruise o deliziose modelle. Si entusiasma, Luke: «Mai visto uno così tosto e ottimista. Lo posso dire, perché ho lavorato con altri campioni. Bene, Giuseppe è splendido: umile, educato, puntuale. Non ho mai dubitato che potesse tornare a grande livello». Pausa e risata: «Certo, un rientro così scoppiettante è il massimo che potevamo aspettarci. Ma lui ama le sfide e soprattutto non si arrende mai». Qualche anno fa Fernando, quando il suo Pepito era ancora al Villarreal, ci aveva detto una cosa meravigliosa: «Ognuno di noi nasce con un talento. Noi genitori dobbiamo soltanto aiutare i figli a coltivarlo. Il nostro merito è stato di aver saputo riconoscere il suo e avergli dato una mano». Per questo, dopo ogni gol, Giuseppe fissa il cielo e spedisce un bacio.