Gilberto Corbellini, Il Sole 24 Ore 20/10/2013, 20 ottobre 2013
ORA SI PUÒ DIRE CHI HA SBAGLIATO?
Diceva il più astuto politico della prima repubblica, cioè Giulio Andreotti, che «a pensar male si fa peccato, ma ci si prende». Volendo pensar male in merito alle responsabilità morali, politiche e legali nel caso Stamina, in pochi si salverebbero: carabinieri dei Nas, Aifa, alcuni scienziati (Paolo Bianco, Elena Cattaneo e Michele De Luca ci han messo faccia e tempo 24 ore su 24) e il ministro Beatrice Lorenzin. Stop. Eppure era chiaro fin dal l’inizio che si trattava di un inganno, e chi l’ha scritto da subito e con continuità su queste pagine non aveva accesso a conoscenze privilegiate né difendeva interessi nascosti.
Entrando nel merito delle responsabilità e pur comprendendo la disperazione e la sofferenza che li ha mossi, non si può non dire che i genitori dei bambini malati e i malati che hanno chiesto il trattamento Stamina hanno esagerato e agito non nel loro miglior interesse. Per quanto riguarda Marino Andolina e Davide Vannoni va da sé che in qualunque paese davvero civile sarebbero stati bloccati dai magistrati almeno due anni fa per una serie di reati, per cui al momento risultano solo indagati. Ci provi Vannoni ad andare negli Stati Uniti, dove qualche settimana fa hanno arrestato due medici che vendevano intrugli con staminali!
Rimane il fatto che, per capire bene la vicenda forse serve adottare la distinzione che si fa soprattutto nella letteratura in inglese tra ciarlatano (quack) e truffatore (cheater). Il primo è quasi un caso clinico, nel senso che è più o meno in buona fede: si autoinganna a tal punto (per ingannare meglio i clienti) che davvero non sa più dove corre la demarcazione tra vero e falso. I ciarlatani, tipicamente, danno vita a una specie di setta, mancano di senso del ridicolo e di emozioni sane. Naturalmente ciò rende non meno inquietante e pericolosa la loro attività.
Nelle vicende medico-sanitarie i truffatori sono coloro i quali sanno che stanno imbrogliando o che sfruttano i ciarlatani. Hanno la capacità di capire che fanno del male, ma decidono, magari non senza interni tormenti, di mettere in atto scelte immorali o illegali per tornaconto personale. C’erano e ci sono truffatori nella vicenda Stamina? Chi e a quali scopi per esempio ha spinto a, e deciso di praticare il trattamento Stamina presso gli Spedali Civili di Brescia? Quale interesse ha mosso la trasmissione Le Iene? Il mero gusto di andar contro la comunità scientifica, per aggredire spontaneisticamente un presunto potere costituito, senza capire alcunché di quel che stava accadendo e usando la disperazione dei malati come cassa di risonanza? Saranno le indagini di qualche commissione parlamentare o di magistrati a dire forse qualcosa; se questi ultimi sapranno essere migliori dei giudici che con sprezzo delle prove hanno deciso di sostituirsi ai medici e agli organi regolatori del ministero, prescrivendo pseudo-trattamenti in assenza di prove di sicurezza ed efficacia. Anche solo per evitare questo genere di scempi, vogliamo deciderci a fare una legge sulla responsabilità civile dei magistrati?
Anche sulle responsabilità politiche e morali qualcosa si può dire. Partendo da una domanda: come è stato possibile che ci sia voluto un anno, con sceneggiate imbarazzanti, per confermare quello che i carabinieri dei Nas e gli esperti dell’Aifa avevano accertato nel maggio del 2012? Perché si è arrivati a un insensato voto del Parlamento che il ministro Lorenzin ha giustamente definito irrituale, cioè a stanziare tre milioni di euro e a chiedere una commissione di luminari per esaminare un protocollo (quello consegnato da Vannoni agli inizi di agosto) che a priori si sapeva privo di qualunque fondamento. Per ricevere dalla commissione una risposta che più o meno recita: signori politici e presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, non era necessario toglierci dal nostro lavoro o sprecar soldi per stabilire che il protocollo Vannoni è una patacca! Qualunque studente di medicina a partire dal terzo o quarto anno sarebbe stato in grado, usando Internet, di accertare che il cosiddetto metodo Stamina non esisteva. Peraltro a quello studente sarebbe bastato leggere le inchieste già condotte e pubblicate da Nature, in cui si provava che Vannoni aveva copiato quanto inserito nella domanda di brevetto all’ufficio statunitense. Non meraviglierebbe se anche il protocollo consegnato alla commissione fosse frutto di un lavorio di copia/incolla.
Chi dovrebbe dare spiegazioni degli atti compiuti sono l’ex-ministro tecnico Renato Balduzzi e il direttore del Centro Nazionale Trapianti Alessandro Nanni Costa, entrato quest’ultimo in gioco non si capisce bene a che titolo. Perché l’ex-ministro Balduzzi ha chiesto un’ispezione secondaria, quando quella di Aifa e Nas sarebbe stata sufficiente alla luce dell’assenza di ogni razionale scientifico per il trattamento Stamina? E perché, nonostante quell’ispezione e i giudizi della commissione di esperti creata sempre dal ministro confermassero il parere di Aifa, non sono stati compiuti atti conseguenti? Fino a che punto Nanni Costa, e in accordo con quali Senatori, è responsabile del tentativo di derubricare a trapianti (articolo 2-bis del famigerato decreto Balduzzi) le terapie cellulari, andando contro le migliori linee regolatorie internazionali?
Nella vicenda è entrato a gamba tesa e con argomenti surreali anche il diabetologo Camillo Ricordi, che dice di battersi contro gli eccessi di regolamentazione delle terapie cellulari. Ma perché condurre una battaglia forse sensata usando il trattamento Stamina, cioè fiancheggiando pseudo-scienziati e facendo pagare al sistema sanitario nazionale della roba altrettanto inutile ma più pericolosa dei farmaci omeopatici? Si può dire che qualcuno ha sbagliato, che non si doveva arrivare al decreto Balduzzi, che chi era chiamato a governare una situazione abbastanza elementare non l’ha saputo fare o si è affidato a consulenti inaffidabili?
Ora che forse si è chiusa, la vicenda Stamina dovrebbe mettere in allarme Governo e Parlamento sulla natura deflagrante che può assumere il Titolo V della Costituzione. Ce la vogliamo immaginare una sanità in cui i farmaci vengono approvati e regolati a livello regionale, come auspicano alcuni partiti e politici? Il Titolo V è all’origine della devastazione dei bilanci regionali e quindi anche di quello dello Stato – e per questo andrebbe di corsa ripensato! – ma i danni che può fare vanno oltre il pensabile. I conti di quel che sarebbe costato il trattamento Stamina – già richiesto a gran voce da alcuni consigli regionali – li ha fatti Michele De Luca su queste pagine: almeno quattro miliardi di euro. Qualcuno vuole davvero che alla fine salti per aria il sistema sanitario nazionale?