Laura Galvagni; Marigia Mangano, Il Sole 24 Ore 20/10/2013, 20 ottobre 2013
RCS, NUOVA PERIZIA PER GLI IMMOBILI
Il piano industriale di Rcs torna sul tavolo dei soci. Il recente confronto tra gli azionisti del vecchio patto e il successivo consiglio di amministrazione, tenuto martedì 15 ottobre, sono stati teatro di una discussione accesa sull’opportunità di proseguire lungo le direttrici fin qui tracciate. Il primo punto oggetto di critiche da parte dei soci, secondo quanto si apprende, è l’opportunità di proseguire nella vendita del pacchetto di immobili (Via San Marco-Via Solferino). Allo stato attuale i cespiti sono oggetto di una trattativa in esclusiva con Blackstone per una valutazione compresa tra i 110 e i 120 milioni di euro. Cifra che, secondo alcuni soci, non valorizzerebbe appieno gli asset. Per questo, sarebbe stato dato mandato al management di effettuare una nuova perizia sul valore dei palazzi.
Il punto, evidentemente, è il rapporto tra costi e benefici dell’operazione. Se da un lato la vendita assicura l’incasso di mezzi freschi - hanno osservato alcuni membri del board nel corso della riunione - dall’altro rappresenta una fonte di costo certa in termini di successivi affitti da versare (il rendimento sugli immobili adibiti a uffici è nell’ordine del 6-7%) che andrà a pesare direttamente sulla marginalità già sofferente di Rcs. È opinione di una parte del consiglio che il gioco forse non vale la candela. Tanto più perchè contribuisce a creare tensioni in una situazione in cui la stabilità non è peraltro più assicurata dalla presenza di un patto di sindacato.
È evidente che una situazione di impasse sugli immobili va a incidere anche sugli equilibri finanziari del gruppo. E qui entra in gioco il piano di ristrutturazione del debito. Intanto perché il finanziamento da 600 milioni erogato dagli istituti prima dell’estate era garantito da ipoteca di primo grado sull’immobile di Via San Marco/Solferino e poi perché era concordato che la cessione di quei palazzi sarebbe dovuta andare a rimborsare anticipatamente una fetta di debito. Inoltre perché a quel finanziamento è collegato il rispetto di covenant stringenti: entro il 31 dicembre 2014 la posizione finanziaria netta deve essere inferiore o uguale a 470 milioni e devono essere ceduti asset per 250 milioni. Sulla carta, dunque, vendere quegli immobili potrebbe aiutare a centrare entrambi gli obiettivi. Tanto più se si tiene conto del fatto che le risorse disponibili sono contenute. Con l’aumento di capitale e il rifinanziamento delle linee è entrato nelle casse del gruppo poco più di 1 miliardo. Tuttavia, gli impegni a breve e il deficit preesistente hanno fatto sì che alla fine dell’intera operazione restassero sul piatto poco più di 140 milioni da impiegare sia in un’ottica di sviluppo che di gestione ordinaria. Certo c’è ancora una seconda tranche di aumento di capitale da poco meno di 200 milioni da perfezionare entro il 2015. Ma recentemente l’amministratore delegato di Rcs, Pietro Scott Jovane, ha escluso che sia all’orizzonte: «In questo momento non ne vediamo il bisogno».