FLA.AMA., La Stampa 20/10/2013, 20 ottobre 2013
DA NOI STUDIARE CONVIENE MENO
In Italia studiare conviene meno che in altri Paesi, abbiamo un alfabetismo funzionale che ci confina agli ultimi posti della classifica per il livello d’istruzione. Non risparmia critiche il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco parlando al Forum del libro di Bari. «Il rendimento dell’investimento in conoscenza- ha ricordato, citando Benjamin Franklin – è più alto di quello di ogni altro investimento. E’ la radice del progresso umano e sociale, la condizione per lo sviluppo economico». Per cui la chiave dell’Italia per ritrovare la forza di crescere e competere sui mercati globali, spiega il governatore, sta tutta nella capacità di investire in «capitale umano».
I dati sono inequivocabili. Il livello di istruzione dei giovani italiani è «ancora distante da quello degli altri Paesi» e questo, avverte Visco, «è particolarmente grave». Nella classifica dell’Ocse, pubblicata la scorsa settimana, l’Italia si posiziona, per ogni categoria di età, nelle ultime file tra i 23 Paesi oggetto dell’indagine. Il 70% degli adulti italiani non è in grado di comprendere adeguatamente testi lunghi e complessi al fine di estrarne ed elaborare le informazioni richieste, contro il 49% della media dei Paesi partecipanti. Il primo rapporto sulla promozione della lettura in Italia ricorda come nel 2012 oltre la metà della popolazione italiana non abbia letto neanche un libro: succede solo nel 40% dei casi in Spagna, mentre in Francia solo un terzo della popolazione dichiara di non aver mai sfogliato un testo, e in Germania solo un quinto. Nel 2012 solo il 22% dei giovani tra 25 e 34 anni era laureato, contro il 35% della media Ue. E studiare in Italia conviene meno che altrove mentre nel resto d’Europa, in media, lavorava l’anno scorso l’86% dei laureati contro il 77% dei diplomati, in Italia per chi aveva raggiunto il massimo titolo di studio tra i 25 e i 39 anni la probabilità di essere occupati era pari a quella di chi aveva finito la scuola superiore (73%), e più elevata di soli 13 punti rispetto a quella di chi aveva la licenza di scuola media.
I motivi sono molti, dallo «sviluppo relativamente recente dell’aumento della scolarità» alla maggiore anzianità della popolazione» ma vanno presi in considerazione anche fattori come «il ruolo della famiglia, l’organizzazione scolastica, i mezzi di comunicazione», la «congiuntura economica molto difficile che stiamo vivendo, e che sta imponendo grandi sacrifici a gran parte delle famiglie italiane».
Una soluzione, secondo il governatore della Banca d’Italia – si trova solo con «una risposta di sistema» e quindi delle famiglie, della scuola, della politica, del settore produttivo che esprime troppo spesso un basso livello di domanda di lavoro qualificato. «Il capitale umano – sottolinea Visco –è il perno del nostro ragionamento. Per il sistema produttivo un capitale umano adeguato facilita l’adozione e lo sviluppo di nuove tecnologie, costituendo un volano per l’innovazione e quindi per la crescita economica e l’occupazione». Quanto investe oggi l’Italia in questo capitale? Troppo poco, sottolinea il governatore: poco sopra al 4% del Pil, contro l’11% degli Stati Uniti.
[fla .ama.]