Mario Deaglio, La Stampa 20/10/2013, 20 ottobre 2013
ALITALIA DIVENTI LA REGISTA DEL TURISMO
Da almeno vent’anni i problemi dell’Alitalia sono diventati la triste caricatura dei problemi economici dell’Italia. L’Alitalia rischia di non riuscire a volare perché troppo appesantita dai debiti così come l’Italia rischia di non riuscire a riprendere la via della crescita economica e di ricadere nella procedura europea di infrazione per un deficit che solo con molta fatica si riuscirà a tenere sotto il livello del 3 per cento. Il declino dell’Italia nella classifica del prodotto lordo, del reddito per abitante e di quasi tutti gli indicatori di benessere segue l’ancor più brusco declino dell’Alitalia nella classifica delle compagnie aeree per quanto riguarda il numero dei passeggeri, il fatturato, le rotte servite. La cassa integrazione molto speciale dei dipendenti Alitalia riflette, ingigantite, le più generali diseguaglianze tra lavoratori poco protetti e lavoratori molto tutelati, che pure la riforma del mercato del lavoro ha cominciato ad attenuare.
Non è tuttavia possibile semplicemente rinunciare all’Alitalia senza di fatto cancellare l’Italia dal gruppo dei Paesi «di primo livello» sulla mappa mondiale del trasporto aereo. La scomparsa dell’ex-compagnia di bandiera può significare che per andare a New York o a Pechino (magari a concludere un contratto che si ripercuoterebbe favorevolmente sull’economia italiana) un italiano dovrà passare per Parigi, Londra o Francoforte, impiegando un maggior tempo e con un costo maggiore di un concorrente inglese, francese e tedesco.
Tempo maggiore e costo maggiore incideranno anche sulle scelte del turista americano o cinese, il quale potrà decidere di «saltare» Roma nel suo viaggio in Europa.
Il problema Alitalia si distingue quindi dai tanti che assillano il governo dopo il varo della Legge di Stabilità perché la retorica, spesa a piene mani nei commenti di avversari e sostenitori di questa legge, qui non serve a nulla di fronte alla nuda asprezza delle cifre dei debiti e delle perdite: se non si paga il carburante, gli aerei dell’Alitalia non volano. Da subito. Il che giustifica l’attenzione speciale rivolta dal governo all’Alitalia e l’affannosa ricerca di nuovi soci e di nuove risorse finanziarie, pur con la dura constatazione che quelle stesse risorse finanziarie sarebbero forse meglio impiegate altrove, per esempio in finanziamenti a piccole e medie imprese innovative.
La manovra di emergenza, con l’ingresso delle Poste nella società, è stata probabilmente inevitabile ma non porta fuori dal vicolo cieco: qualsiasi soluzione puramente aziendale per l’Alitalia che lasci invariata la sua struttura e la sua posizione all’interno del sistema economico italiano è perdente in partenza. Non appena tamponate le perdite, è necessario trasformare l’Alitalia da problema in opportunità.
Per effettuare una simile, «miracolosa» trasformazione occorre fare di una Nuova Alitalia l’asse portante della politica turistica nazionale verso l’estero, una politica che è purtroppo mancata in questi decenni di iniziative, spesso dilettantesche, a livello regionale. La Nuova Alitalia, in sostanza, non dovrebbe principalmente o unicamente offrire un servizio di trasporto bensì coagulare attorno al proprio biglietto aereo un «pacchetto turistico» completo, comprensivo di soggiorni alberghieri, visite ai musei e quant’altro, con l’obiettivo di contribuire ad aumentare sensibilmente il numero dei turisti stranieri in Italia, un Paese ormai sceso dal primo al quinto posto in questa classifica mondiale.
Essere l’asse portante del turismo proveniente dall’estero significa contribuire alla creazione di un «sistema turistico» che ha inizio, tanto per fare un esempio, dalla domanda del visto da parte di un turista cinese (la Cina è ormai al quarto posto nelle classifiche degli arrivi turistici in Italia) tagliandone i tempi d’attesa, oggi molto lunghi, e arriva fino alla vendita dei biglietti di Trenitalia per la visita a città italiane non servite dal trasporto aereo. La creazione di un «pacchetto turistico» significa altresì che alla Nuova Alitalia competerebbe una sorta di supervisione delle prestazioni degli alberghi aderenti al «pacchetto», necessaria in un Paese noto per l’ampia variabilità della qualità delle prestazioni stesse. L’obiettivo sarebbe quello di aumentare sensibilmente i flussi turistici esteri; i profitti eventualmente non effettuati dalla Nuova Alitalia sarebbero recuperati dalla filiera turistica a valle. Per questo i nuovi soci devono essere ricercati di preferenza nelle attività turistiche.
La Nuova Alitalia dovrebbe poi essere un asse sussidiario della politica italiana dei trasporti dove si dovrebbero sviluppare sinergie, in luogo dell’attuale competizione, con Trenitalia. E’ ormai chiaro che l’Alta Velocità ferroviaria compete efficacemente con l’aereo sulle piccole e medie distanze: sulla rotta Roma-Milano, tanto per fare un esempio, un’ora di volo implica un tempo effettivo di viaggio, tra i centri delle due città, di circa tre ore, paragonabile a quelli dei treni Frecciarossa e Italo. Un’offerta coordinata (aereo all’andata e treno al ritorno, secondo la comodità degli orari) sarebbe un progresso importante, così come lo sarebbe un collegamento più rapido e diretto tra aeroporti e stazioni. La realizzazione di un simile riposizionamento richiederebbe tempi lunghi, così come molto lunghi sono, in ogni modo, i tempi necessari all’economia italiana per un nuovo decollo. Chi crede ancora che i mali dell’Alitalia, così come quelli dell’Italia, possano risolversi con pochi e semplici provvedimenti, oppure con un colpo di bacchetta magica, soffre di illusioni pericolose.
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