Andrea Cuomo, il Giornale 20/10/2013, 20 ottobre 2013
VISCO SPARA SUGLI ITALIANI: «ANALFABETI SENZA FUTURO»
«Studia, figlio mio!». La raccomandazione della mamma media dell’Italietta anni Sessanta ha perso valore nell’Italietta edizione terzo millennio. Studiare, infatti, non paga abbastanza sul mercato del lavoro. Molto meno che in altri Paesi, almeno. È l’allarme lanciato ieri dal governatore di Bankitalia Ignazio Visco al forum del libro Passaparola di Bari sull’(in)capacità italiana di crescere e competere. Secondo il numero uno di Palazzo Koch l’Italia è vittima di un«analfabetismo funzionale », con un livello di istruzione dei giovani «ancora distante da quello degli altri Paesi avanzati» e questo è «particolarmente grave» e rende urgente un massiccio investimento in «capitale umano».
È durissima la requisitoria di Visco. Che segnala alcune anomalie tipicamente italiane. «I dati Eurostat mostrano che studiare conviene perché rende più probabile trovare un lavoro: nel 2011 in media nell’Ue lavorava l’ 86 per cento dei laureati contro il 77 per cento dei diplomati ». Peccato che questo teorema in fondo sanissimo sembra valere meno in Italia. Da noi «studiare conviene meno: per i laureati tra i 25-39 anni la probabilità di essere occupati era pari a quella dei diplomati (73 per cento) e superiore di soli 13 punti percentuali a quella di chi aveva conseguito la licenza media ». Insomma, a che serve studiare se poi hai le stesse chance di trovare un impiego?
E neanche a dire che almeno sul piano retributivo i laureati siano premiati rispetto ai colleghi meno istruiti. «A un basso livello di istruzione - spiega Visco - dovrebbe corrispondere, ceteris paribus , un rendimento della stessa elevato, trattandosi di un fattore relativamente scarso. In Italia, invece, a un basso livello di istruzione si associa una bassa remunerazione». Insomma, va male a tutti. Ma ai dottori ancora di più, perché vedono evaporare anni di sacrifici. Storture che secondo Visco si possono parzialmente raddrizzare con il «rilancio della scuola e dell’università», che è «fondamentale» soprattutto nelle Regioni più in sofferenza. «Risorse adeguate - registra il governatore - andrebbero previste per sistematiche azioni di recupero e sostegno delle scuole in maggiore difficoltà, concentrate nelle Regioni del Mezzogiorno, e per il contrasto alla dispersione scolastica».
Un’analisi spietata a cui in molti si associano. «Sono pienamente d’accordo con Visco quando chiede maggiori investimenti su cultura e istruzione e che dobbiamo farli seguendo criteri di merito e competenze », dice da Calci (Pisa) il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, che suggerisce di utilizzare«a sostegno delle politiche per l’istruzione » i 5 miliardi di euro di fondi europei non spesi. Drammatico il quadro dipinto dal linguista Tullio De Mauro: «Non sappiamo bene cosa fare. C’è una situazione grave, più grave che in altri Paesi, di analfabetismo». Che non riguarda solo gli studenti, ma anche chi nel mercato del lavoro c’è già o ci dovrebbe essere. «L’80 per cento degli adulti - fa notare De Mauro- non è in grado di capire un articolo di giornale, come ha detto il governatore di Bankitalia Visco. Personalmente ho difficoltà a leggere i giornali italiani perché sono un po’ inutili per come sono scritti. Oggi abbiamo una media di 12,1 anni di scolarità, come i maggiori Paesi sviluppati. Per sviluppare il Paese i nostri politici hanno fatto la scelta dell’accumulo di capitali e di realizzare le infrastrutture, in Giappone invece hanno fatto la scelta del “dovete studiare tutti”». Un sorriso dal ministro della Cultura Massimo Bray: «Sono contento che stia passando questa linea che il governo ha dato dal primo giorno, quando il presidente Letta ha detto che la cultura non avrebbe avuto nessun taglio, ma solo risorse».