Enrico Cisnetto, il Messaggero 20/10/2013, 20 ottobre 2013
IL CASO SCAGLIA E GLI STRANIERI CHE EVITANO L’ITALIA
Silvio Scaglia assolto perché il fatto non costituisce reato. Il manager e imprenditore novarese era stato indagato, nella sua veste di amministratore delegato di Fastweb, per il reato di «associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale» nell’ambito dell’inchiesta Fastweb-Telecom Italia Sparkle per false fatturazioni di servizi telefonici e telematici inesistenti. Lo ricorderete, no: Scaglia venne arrestato nel 2010, tre anni dopo l’apertura dell’inchiesta da cui venne inizialmente espunto, rimase in carcere 80 giorni nonostante si fosse presentato spontaneamente (era rientrato dall’estero) e quasi un anno (dal 17 maggio 2010 al 24 febbraio 2011) agli arresti domiciliari. Uno scandalo, nel più generale scandalo dell’abuso di carcerazione preventiva che si perpetua in Italia. Danni per milioni, una vita che poteva essere distrutta se lui non avesse avuto la forza di reagire, anche intraprendendo nuove attività, fino alla recente acquisizione di una delle più note aziende dell’intimo di lusso, La Perla, finita in concordato preventivo e per questo messa all’asta. Il fatto che il Tribunale di Roma avesse liberato tutte le fidejussioni e i sequestri che aveva realizzato nei suoi confronti, induceva a pensare che la cosa sarebbe finita nella classica bolla di sapone e che l’estraneità di Scaglia alla truffa dell’Iva venisse certificata. Così è stato. Bene, si dirà. No, invece. Perché la detenzione preventiva che Scaglia è stato costretto a subire nonostante non sussistesse alcuno dei tre motivi per comminarla rappresenta un’ingiustizia che non si cancella con la sentenza di assoluzione. Nel caso di Scaglia come in quello di tanti altri italiani il problema non sta nella colpevolezza o meno, quanto nell’utilizzo smodato della custodia cautelare, troppo spesso utilizzata come strumento di pressione per ottenere confessioni. Bisognerebbe dunque modificare la legge imponendo limiti di utilizzo e di tempo molto più contenuti. Dobbiamo sapere che la riforma della giustizia non è un fatto tecnico, o peggio una necessità per chi è nei guai (Berlusconi), ma un passaggio fondamentale per lavorare su uno dei fattori cruciali della competitività di un sistema-paese, e di conseguenza per rendere il nostro maggiormente efficiente. Questa è cosa sempre più avvertita dalle imprese, non solo per il carico economico che devono sopportare ma, soprattutto, per il fatto che il cattivo funzionamento della giustizia costituisce un grosso ostacolo che allontana gli investitori stranieri dall’Italia. Scaglia, che non ha mai smesso di credere nell’Italia torna a pieno titolo protagonista del nostro capitalismo. Ed è, nel panorama desolante che ci circonda, sempre più poveri di aziende, di risorse, di idee, una notizia straordinariamente confortante. Speriamo che l’esito felice di una storia esemplarmente negativa, induca tutti a mettere rimedio ai difetti del nostro sistema giudiziario. (twitter @ecisnetto)