Natalia Aspesi, la Repubblica 20/10/2013, 20 ottobre 2013
IO, LIZ E LE ALTRE
«ERA bellissima, ma non presi mai in considerazione una relazione sentimentale con lei». Lei era Elizabeth Taylor, l’uomo che non si lasciò travolgere da quella luminosa diva, «sincera, imprevedibile, affascinante, affettuosa, sensuale e talmente bella che era impossibile non venerarla», è Gianni Bozzacchi, che oggi, a settant’anni, racconta nella sua autobiografia, Memorie exposte, i suoi anni di fotografo stabile della coppia mitica Taylor-Burton, e di saltuario ritrattista di altre celebrità d’epoca; ma anche la sua vita di bel playboy romano che passò una notte con Brigitte Bardot e riuscì a fatica a sfuggire alle brame di una Coco Chanel ultraottantenne ancora molto bramosa.
Dell’amore furibondo mai spento, e dei due matrimoni e due divorzi tra il grande attore gallese di teatro passato senza gioia al cinema, e la allora massima diva di Hollywood, sappiamo già tutto, anche degli altri loro tumultuosi matrimoni (cinque in tutto lui, otto lei), dei film talvolta irrilevanti girati insieme o separati, dell’alcolismo efferato di entrambi, della passione di lei per i gioielli e di lui per regalarglieli, dei figli di lui, di lei, o adottati, della loro morte lontani uno dall’altro, lui a cinquantanove anni nel 1984, per una emorragia cerebrale in un ospedale di Ginevra, (e al funerale l’ultima moglie Sally Hay non invitò Elizabeth), lei nel 2011 a settantanove anni, per un attacco di cuore, in un ospedale di Los Angeles. In un certo senso quella che fu definita “la storia d’amore del secolo”, il secolo scorso, si è appannata, sta uscendo dalla leggenda, come un certo divismo d’epoca, un certo cinema, una certa da tempo defunta jet-society. Così alla fine, il personaggio più interessante delle Memorie exposte diventa proprio l’autore, quel Gianni Bozzacchi che «jeans attillati, capelli rossi, occhi azzurri» per dodici anni, prima di diventare produttore e regista (alla recente Mostra di Venezia hanno dato il suo ultimo documentario Neorealismo, scritto assieme a Carlo Lizzani che ne è anche il narratore, una specie di addio del vecchio regista al cinema della sua giovinezza) fu uno dei protagonisti degli anni in cui imperava l’ormai scomparso glamour: «Un momento prima ritoccavo positivi e negativi o passavo tutto il giorno in una camera oscura senza finestre, quello dopo frequentavo i protagonisti del jet set, navigavo sullo yacht di Elizabeth Taylor e Richard Burton, fotografavo la principessa Grace Kelly e il principe Ranieri nel palazzo reale di Monaco e correvo sulle strade francesi a bordo della Mustang Bullitt con Brigitte Bardot al mio fianco».
Il padre di Gianni, Bruno Bozzacchi, era un famoso restauratore di manoscritti inestimabili (di Machiavelli, di Leonardo da Vinci), che aveva insegnato al figlio l’arte del ritocco. Ed è per questa sua abilità che il giovane Bozzacchi entra nella vita di Richard e Elizabeth; a ventitré anni, sul set de I commedianti a Cotonou, nel Dahomey, oggi Repubblica del Benin. Le due star hanno i loro film migliori alla spalle, girati prima del fatale incontro sul set di Cleopatra a Roma, e I commedianti è il quinto film che girano insieme. A trentacinque anni la diva teme la macchina fotografica, e pretende che il suo volto di luce conservi una perfezione lunare che solo il ritocco le assicura: così il bel ragazzo romano, timido e riservato, che non parla inglese, le diventa prezioso, al punto di incoraggiare il flirt tra lui e Claudye, la sua bella parrucchiera còrsa che sempre la segue. Anche se gli è proibito, Gianni scatta di nascosto qualche foto della diva, ma gli manca la prontezza di riprendere l’immagine scandalosa che forse gli avrebbe assicurato o un’improvvisa fama o la fine del mestiere: infatti, una notte, nascosti in un boschetto del suo albergo a Cotonou, sorprende Marlon Brando con l’attore Christian Marquand. «Forse nell’ambiente del cinema tutti sapevano che erano amanti, ma per me fu una rivelazione scioccante ». Gianni viene promosso fotografo di scena e amico di famiglia, e nel giugno del 1968 sposa Claudye nella casa di campagna del venerato parrucchiere Alexandre, testimoni Elizabeth e Richard, dono di nozze alla sposa un abito di Dior, allo sposo una Mini Cooper S. Da quel momento «si faceva un gran parlare di me, si diceva che ero uno dei fotografi migliori del mondo. Il ragazzo di strada cresciuto vicino a una stazione ferroviaria era diventato uno della “Roma bene”... e cominciai a essere vittima dei paparazzi». Uno di loro lo immortala mentre entra nel suo studio con la contessa Giovanna Agusta che vuole un ritratto: la paparazzata viene subito pubblicata, e «un paio di giorni dopo scoprii che era stata lei a organizzare tutto; parlo di una delle migliori amiche di mia moglie!». Intanto i signori Burton vagabondano senza sosta, amandosi e odiandosi; per non essere arrestati come evasori fiscali, non possono fermarsi più di tre mesi né in Inghilterra né negli Stati Uniti, soggiornano spesso sul loro yacht, hanno casa a Puerta Vallarta in Messico e a Gstaad in Svizzera.
Diventato una star della mondanità, come una star Bozzacchi si racconta in terza persona: «Il fotografo personale di Elizabeth Taylor era in Iran per fotografare lo Scià e Farah Diba… un grande evento sia per gli iraniani sia per lo Scià, desideroso di modernizzare il Paese e darne un’immagine diversa». Va da Picasso nello sperduto Château de Boisgeloup e il vecchio artista lo fa aspettare un eternità e poi si annuncia con un rumore forte, «orribile, una tosse catarrosa. Incessante». Lo pretendono i principi di Monaco per immortalare l’anniversario di regno del principe Ranieri, e Gianni è di quelli che almeno allora riteneva Montecarlo una «magia allo stato puro, una favola in terra. Forse Grace Kelly stava davvero vivendo una favola». E rischia anche lui, il fotografo fortunato con le donne, di viverla: la principessa Carolina «che era già una bellezza mozzafiato» fa molto la civetta con lui, ma tutto finisce lì perché subito il principe padre lo chiama e conoscendo la vivacità della sua adorata piccina, gli fa segno di no, che non si può. Lo chiama Luchino Visconti perché fotografi una quindicenne, Claudia Marsani, per Gruppo di famiglia in un interno. E Gianni capisce che «in realtà Visconti voleva sapere se la reputassi adatta al ruolo… anche questo era un lavoro di produzione, la gente sembrava ascoltare i miei consigli». I Burton chiamano spesso i Bozzacchi perché passino le vacanze sul loro yacht e assistano a sbronze, litigi, follie, alla loro continua passione. Capita che a New York venga messo all’asta un diamante da sessantanove carati, e dallo yacht la seguono via radio: «Richard era un po’ brillo… e quando il prezzo da duecentomila arrivò a un milione di dollari decise di ritirarsi». Lo acquista per soli cinquantamila dollari in più Cartier, e Burton si arrabbia moltissimo e al telefono riesce a farselo cedere per un milione e centomila dollari.
Sarà un altro gioielliere, Bulgari, a ripubblicare The Queen and I uscito per la prima volta nel 2002, un libro di fotografie scattate da Gianni Bozzacchi alla Taylor, con una dedica della diva, adesso ripubblicata, lei defunta, su Memorie Exposte. Io e la regina uscirà anche in Italia. Il fotografo di scena è lontano quando Elizabeth e Richard divorziano, ma è nella sua casa romana che i due si rivedono, si riamano, partono insieme e nell’ottobre del 1975, sedici mesi dopo il divorzio, si risposano, per ridivorziare nove mesi dopo. Ma ormai Gianni Bozzacchi ha la sua vita, e dopo aver fotografato da Audrey Hepburn al maresciallo Tito, di quel lavoro non vuole più saperne, né della sua celebrità, né di Roma: oggi si occupa di cinema, vive negli Stati Uniti, nel Wisconsin, è due volte vedovo, ha quattro figli, tra i trentanove e i quattro anni: Vanessa, Rhea Bianca, Brendonn e Astoria, questi due figli della sua terza e attuale moglie Tasha.
Dopo la morte della seconda moglie, Bozzacchi riuscì a evitare di diventare il nono signor Taylor. È probabile che la diva, stanca e malata, scherzasse, dicendo alla piccola Rhea «Tuo padre ora è vedovo, io sono single. Quindi presto ci sposeremo per tenerci compagnia ». In ogni caso fu, racconta lui, il rifiuto terrorizzato della bambina a salvarlo.