Daria Galateria, la Repubblica 20/10/2013, 20 ottobre 2013
MONSIEUR PROUST E IL CONDOMINIO
«Tutto lo stabile gli obbediva», dichiara la cameriera Céleste. In effetti, Proust era arrivato al 102 del boulevard Haussmann il 30 dicembre del 1906, prostrato dalla febbre e dall’asma, e aveva subito preteso di bloccare i lavori del piano terra. Si era poi accontentato di ottenere che avvenissero di notte , quando lui era sveglio; e si offrì di pagare candele ed elettricità anche per gli appartamenti a fianco, pure in pieno rinnovo, mentre inviava agli operai, invano, nutrite mance. Quanto al suo appartamento, aveva fatto arredare all’inizio, fasciata di sughero, solo la camera da letto; e per attutire aveva ricoperto tutto di tappeti e tappezzerie: i mobili di famiglia tutti ammassati in una stanza (il ritratto della madre, tornato «somigliante solo nel prodigioso ringiovanimento della morte», esiliato in salotto).
Nonostante queste stravaganze, e senza incontrarlo mai, «gli inquilini non sapevano più che fare per renderglisi graditi». Quando la figlia del dottor Gagey, che Proust trovava «deliziosa», gli fece avere un cuscino di merletti lavorato a mano, fu inflessibile; lo rimandò indietro, ma con una lettera squisita — quando diventò famoso, la signora confessò a Céleste di essersi «morsa le dita» per aver bruciato le sue lettere.
Piccole e grandi tragedie si susseguono: smontano il parquet dell’ammezzato, e nel 1908, proprio mentre Proust sta avviando la spaventosa gestazione del romanzo, si sistema sopra la sua testa, al secondo piano, uno studio dentistico. È il dottor Williams, un americano; il miglior dentista di Parigi, secondo la più cara amica di Proust, madame Straus: che a colpi di cene avviò i negoziati per attenuare il baccano — è vero però che gli odontotecnici del dottor Williams lavoravano di giorno, ma dal lato del cortile. Il dottor Williams era un giocatore di golf, sposato con un’artista, «molto distinta e profumata » (pericolosa quindi, pensa forse Céleste, per l’asma del padrone): ma arpista, e grande ammiratrice di Proust. La coppia — «disparata», trovava Proust — abitava al terzo piano; ma la signora comunicava con Proust per mezzo di lettere «raffinate».
È più o meno tutto quel che sapevamo finora del condominio in cui è nata la Recherche. Ma ecco che — in questo 2013 in cui il primo volume, Du côté de chez Swann, compie cent’anni — sono spuntate (custodite per un secolo dagli eredi, e ora affidate al delizioso Musée des Manuscrits di Parigi, e per la pubblicazione al grande proustiano Jean-Yves Tadié) ventitré lettere che Proust ha scritto a Madame Williams, e i tre biglietti al marito (Lettres à sa voisine, curato da Tadié con Estelle Gaudry per Gallimard). Le risposte della signora, purtroppo, sono state certo distrutte: ma si delinea il piccolo romanzo di un’amicizia che, nata in odio ai rumori, diventa l’intimità tra due reclusi. Madame Williams sembra spesso allettata; francese, era da poco divorziata e Williams era il secondo (non l’ultimo) marito. «Proust amava le donne», sorride Tadié; «madame Williams era bella per l’epoca, ma non si sa se Proust sia salito da lei più di una volta; e lui non amava mostrarsi a letto, in camicia da notte. Così le scriveva, usando perfino la posta». Sono lettere molto belle: si scambiano mazzi di rose letterarie, citazioni profumate, le uniche che Proust possa aspirare. «C’è poi il tema della guerra, il compianto sulla cattedrale di Reims incendiata: “la guerra è la guerra e non piangiamo solo un’umanità di pietre. Ma Reims, il cui sorriso sembrava annunciare quello di Leonardo da Vinci...!”». Per il tema del rumore, Tadié è incantato dal passaggio in cui Proust, avendo cambiato il programma della giornata, dice: vi ho chiesto di non fare rumore stamani: invece, fatene! E c’è l’odio per una certa Dame Terre, sadica direttrice di fragorosi lavori diurni. «In base a una lettera a questa musicista», aggiunge Tadié, «sembra che Proust leggesse gli spartiti».
Nel 1919, il palazzo fu venduto a una banca, e tutti dovettero traslocare. Madame Williams sposerà il grande pianista Alexandre Braïlowski, e nel 1931, misteriosamente, si suiciderà. Quanto a Proust, la morte, secondo Céleste, «cominciò per lui quando andammo via dal boulevard Haussmann; fu un vero sradicamento morale».