Maurizio Ricci, la Repubblica 20/10/2013, 20 ottobre 2013
NEI PORTAFOGLI DEGLI ISTITUTI ITALIANI UNA MONTAGNA DA 400 MILIARDI DI BTP
Rischia di essere un percorso minato quello che, nell’arco del prossimo anno, condurrà le 130 maggiori banche europee a doversi guadagnare un certificato di “buona e robusta costituzione fisica”, prima di essere ammesse al controllo e alla supervisione, non più delle autorità nazionali, ma direttamente della Banca centrale europea. Gli esami da superare sono, infatti, due. Prima, una verifica dei loro conti, della capacità di restituire i debiti, come di farsi rimborsare i prestiti. Poi, una simulazione di cosa avverrebbe nell’ipotesi di shock finanziari di vario tipo, valutandone l’impatto sulla solidità dei singoli bilanci e la capacità di superare lo shock senza conseguenze. Il ministro del Tesoro, Saccomanni, si è dichiarato convinto che le banche italiane «supereranno i test senza problemi». Ma, sui mercati, gli operatori sono più scettici. In un sondaggio condotto da Goldman Sachs, l’88% degli investitori istituzionali si è dichiarato convinto che le banche italiane abbiano bisogno di nuovi capitali. In un esercizio analogo, condotto da un’altra grande banca internazionale, Morgan Stanley, molti operatori hanno osservato che le banche italiane sono finora riuscite a farsi prestare soldi a tassi fin troppo convenienti, rispetto alla loro capacità di assorbire un aumento dei crediti incagliati. In generale, tuttavia, gli stessi operatori pensano che in tutto, in Europa, non saranno più di 5-10 le banche che non supereranno i test e tutte relativamente piccole.
Molto, però, dipenderà dai parametri che verranno adottati nei test. La Bce li comunicherà nei prossimi giorni e, su di essi, lo scontro è aperto. In particolare, per quanto riguarda la qualità degli attivi di bilancio. Come accade spesso, ad aprire il fuoco di sbarramento è stato il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann. A prima vista, sembra che il massimo banchiere di Germania si spari sui piedi. Le banche tedesche, infatti, non sono, in generale, un esempio di solidità, ma il governo di Berlino ha tasche abbastanza profonde da far fronte a possibili crac. Quello che spaventa la Bundesbank è che riescano a passare i test banche troppo fragili. Weidmann ha paura che, poi, bisognerà salvarle con soldi europei. Cioè, in parte, tedeschi.
Il presidente della Bundesbank alza, dunque, l’asticella dei test, prendendo di mira un capitolo particolarmente importante per l’Italia e per le banche italiane: i titoli di Stato. Le regole, oggi, prevedono che una banca non possa prestare ad un singolo soggetto più del 25 per cento del proprio attivo. Ma il limite non vale per i titoli pubblici: una banca italiana può comprare quanti Btp vuole. Allo stesso tempo, le banche non sono tenute ad ammassare riserve per far fronte a possibili default dei titoli pubblici, che vengono considerati “privi di rischio”. Si può considerare privo di rischio un titolo greco, reduce da un default, appena un anno fa, si chiede il presidente della Bundesbank? Evidentemente, no, risponde lo stesso Weidmann, come dimostrano gli spread e le quotazioni dei diversi titoli sui mercati. Le regole vanno dunque aggiornate, eliminando questa sorta di “viaggio a sbafo” delle banche.
Per quelle italiane sarebbe, oggi, un colpo durissimo. Il sistema bancario nazionale ha in pancia oltre 400 miliardi di euro di titoli di Stato italiani. Globalmente, è il 10 per cento dell’attivo, ma, per singole banche, è molto superiore. Adeguarsi alle indicazioni di Weidmann, liquidandone una parte e costituendo riserve a fronte del resto ingigantirebbe la carenza di capitale fresco già individuata dai mercati: i test diventerebbero un incubo.
Detto in altri termini: Weidmann ha ragione, questi ultimi anni hanno dimostrato che i titoli di Stato non sono senza rischio. Ma porre il problema oggi rischia di far scattare una crisi senza che, come sanno a Francoforte, esista ancora una rete di sicurezza europea contro i fallimenti bancari. Gli stress test rischiano di diventare l’ennesima prova del fuoco europea: possono affondare i progetti di unione bancaria o farla decollare a tempo record.