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 2013  ottobre 20 Domenica calendario

E POMICINO SENTE PROFUMO DI VECCHIA DC “TORNEREMO, E CON NOI ANCHE I SOCIALISTI”


«La politica ci mette un po’ di tempo, ma si vendica di chi l’offende». Non solo crede che la balena bianca stia tornando, Paolo Cirino Pomicino, ma è convinto che pian piano — dopo un ventennio di leaderismi e oligarchie — riemergeranno tutte «le grandi famiglie politiche europee »: il socialismo democratico, l’ambientalismo, i liberali. «Quelle che negli altri Paesi continuavano a operare, mentre da noi il pensiero politico scompariva e prendeva piede una classe dirigente di stampo cortigiano». Col leader al centro, e i seguaci pronti ad appendere al chiodo la loro storia pur di seguirlo, nel caso del centrodestra di Silvio Berlusconi. O con un’oligarchia egemone e sorda dalla parte opposta. «Siamo davanti a un processo di scomposizione e ricomposizione del sistema», dice colui che negli anni ‘80 veniva chiamato semplicemente O’ ministro, uno degli esponenti più importanti e ascoltati della fu Democrazia Cristiana. «La crepa aperta nel Pdl non potrà che divaricarsi. Ci vorranno sei mesi o due anni, ma la rottura è inevitabile. Così come quando Renzi vincerà la segreteria del Pd sarà difficile per la tradizione socialista di stampo europeo restarci dentro». Il sindaco di Firenze, sostiene, «non è stato democristiano per una mera questione d’età, ma è figlio del cattolicesimo democratico». Quindi sarà così il prossimo futuro, «con Renzi, Letta, Alfano e Tabacci da una parte; Cuperlo, Bersani e Vendola dall’altra». Certo, potranno collaborare. Come avviene in Europa e come avvenne in passato da noi: «Nel ’76-’79 — ai tempi di Bre neveCarter—facemmol’intesa tra due grandi partiti riuscendo a battere terrorismo e inflazione a due cifre». E il debito? «Fu di gran lunga inferiore a quello generato negli ultimi 20 anni».
In Enrico Letta, l’ex ministro vede rivivere «la tradizione molto seria di Nino Andreatta e dei suoi maestri. Angelino Alfano è invece l’erede di una dc più prudente, alla Forlani». Quanto a Renzi, «deve guardarsi da se stesso, non cedere alla concezione leaderistica che pure lo attrae: ci riporterebbe in casa il veleno instillato 20 anni fa». Perché una cosa è chiara: «Il cattolicesimo politico non può rinascere con Berlusconi e gli uomini della destra. Un partito popolare con Mauro, i ciellini e il Cavaliere sarebbe solo una parodia della vecchia Dc. Un imbroglio, anzi, un intruglio».
Il primo guasto da sanare sarà l’affidamento dell’economia ai tecnici. «Da Ciampi a Saccomanni, siamo l’unico paese che in 21 anni — a parte la breve parentesi di Amato — ha sottratto la propria economia alla politica. È stato un male». Ricorda Guido Carli: «Il governo dei tecnici o è un’illusione o è un’eversione, aveva detto. Quando Andreotti lo chiamò per guidare il Tesoro accettò a patto che alle Finanze e al Bilancio ci fossero due politici. Così andammo io e Formica. Conosceva i limiti della sua tecnicalità». A differenza di Monti? «Il professore è un tecnico di valore che ha immaginato, dopo 10 anni di commissione europea, di trasformarsi in leader. Ma la politica è una professionalità che non si scopre a 70 anni. Senza offesa per nessuno».