Notizie tratte da: Eva Cantarella, Luciana Jacobelli # Pompei è viva # Feltrinelli 2013 # pp. 218, 16 euro., 21 ottobre 2013
LIBRO IN GOCCE NUMERO 102
(Eva Cantarella e Luciana Jacobelli, «Pompei è viva»)–
(vedi anche biblioteca in scheda
e database libro in scheda 2251624)
Etica
L’etica sessuale romana non riprovava, di per sé, che due uomini avessero rapporti sessuali fra loro. Quel che veniva disapprovato era che un uomo assumesse un ruolo sessualmente passivo. La virilità, a Roma, si identificava infatti con l’assunzione del ruolo sessuale attivo, non importava se con donne o con uomini. Colui che sottometteva un altro uomo, dunque, teneva un comportamento giudicato da tutti normale.
Prostitute
Attraverso i graffiti pompeiani le prostitute parlano in prima persona: quindi esprimono i vari apprezzamenti sui loro clienti, si fanno pubblicità indicando specializzazioni e tariffe. Queste ultime vanno da un minimo di due assi (l’equivalente di un boccale di vino) fino a sedici assi.
Nomi
Nomi delle prostitute: Meretrix, probabilmente la cortigiana esperta, oltre che di arti amorose, anche di musica, danza e canto. Lupa, la prostituta di infima categoria, da cui il termine «lupanare». Fornicatrix, colei che si prostituiva sotto i ponti (fornices). Bustuaria, colei che si prostituiva presso i cimiteri, ove erano i busti in marmo dei defunti. Circulatrix o passeggiatrice, donna che vaga in cerca di clienti, ecc.
Gladiatori
Dai graffiti apprendiamo quanto i gladiatori fossero amati dal pubblico, soprattutto femminile, Il trace Celado sostiene di essere desideratissimo dalle ragazze (suspirium puellarum Celadus thraex); il reziario Crescente scrive di essere «il medico notturno delle ragazze» (Cresces retiarius puparum nocturnarum... medicus).
Latrine
A Pompei le latrine annesse alle terme conservano una certa dignità estetica: nella latrina delle Terme Suburbane, per esempio, vi è la raffigurazione della Fortuna ritta presso un altarino, con un timone nelle mani e un globo ai suoi piedi. […] Su una di queste pitture con la Fortuna, proveniente dalla taberna IX, 7, 22 e attualmente al Museo Nazionale di Napoli, vi è l’iscrizione Cacator cave Malum che sovrasta l’uomo in atto di defecare, e che è stata interpretata come ammonimento ai domestici a non usare luoghi diversi dalla latrina per soddisfare certe esigenze fisiologiche.
Venti
La latrina del Foro poteva accogliere fino a venti persone.
Pappagalli
Camminare per le strade affollate di Pompei era complicato non solo a causa del traffico. A volte chi passeggiava o semplicemente si recava da un luogo all’altro veniva molestato a scopo sessuale. Le strade delle città erano infatti sin da allora frequentate da uomini che seguivano le ragazze bisbigliando complimenti e facendo loro offerte più o meno osé (e più o meno ben accette): come diremmo oggi, dei «pappagalli». A Roma, la frequenza di questo comportamento era tale che il pretore urbano era stato indotto (già nel II secolo a.C.) a emanare un editto contro coloro che per strada avessero molestato le donne oneste, nonché (dato che i Romani non disdegnavano qualche avventura con i bei ragazzi) i giovani praetextati, vale a dire i ragazzi che indossavano ancora la tunica bianca bordata di porpora (praetexta), riservata a chi per la giovane età non aveva ancora la capacità politica. L’editto specifica anche quali erano i comportamenti molesti puniti: la adsectatio, che consisteva nel seguire in silenzio ma con insistenza l’oggetto del corteggiamento; la appellatio, che consisteva nel rivolgere alla donna o al ragazzo parole blande e suasive (blanda oratio), e infine la comitum abductio, vale a dire l’allontanamento della «scorta» che accompagnava per strada donne e praetextati, a loro tutela.
Amuleto
L’amuleto più diffuso a Pompei era il fallo eretto, simbolo della potenza virile e della fertilità. Rappresentato in una grande quantità di graffiti e bassorilievi, il fallo ornava le case e gli angoli delle strade della città.
Pane
Il pane era anche nell’antichità un alimento di base. Era però particolarmente duro a causa di farine di scarsa qualità e dell’insufficienza del lievito, che conservato troppo a lungo finiva per inacidire. Per queste ragioni il pane raramente veniva mangiato fresco; lo si consumava piuttosto intinto nel vino, nell’olio o nella minestra. […] C’erano poi pani di forme diverse, come quella a cui allude Marziale in un
epigramma ove rimprovera a Lupus di permettere alla sua amante di ingrassare mangiando pani dalle forme oscene (IX, 2).
Alfabete
Secondo alcuni studi (anche se la verifica di simili dati è molto difficile), circa il venti per cento delle donne della città sapeva leggere e scrivere.
Notizie tratte da: Eva Cantarella e Luciana Jacobelli, «Pompei è viva», Feltrinelli, € 16.