Filippo La Porta, Left 19/10/2013, 19 ottobre 2013
LA SEMPLICITÀ DI LA CAPRIA
Sapete chi è il più vitale e innovativo dei nostri giovani scrittori? Raffaele La Capria, nato nel 1922 a Napoli. Spiego il paradosso. Dopo aver pubblicato nel 1963 lo straordinario Ferito o morte, sperimentale però meno ideologico dei romanzi di Sanguineti e meno mentale di quelli di Robbe-Grillet, La Capria non ha più scritto romanzi (a parte Amore e psiche, da lui ripudiato come tentativo fallito). Avrebbe avuto certo la “tecnica” per scriverne a decine. Invece lui, più onestamente, più coerentemente, ha continuato la sua attività di narratore reinventandola in altri generi letterari: nella saggistica autobiografica, nella critica letteraria, nel memoir (che rispetto all’autobiografia classica è più soggettivo, più libero). In Novant’anni d’impazienza (Minimum fax, intro di Raffaele Manica, con uno scritto-omaggio di Alfonso Berardinelli) La Cipria dedica un capitolo a ciascuno dei suoi libri, spiegandone genesi e significato, e suggerendo preziose riflessioni sulla letteratura e sulla vita. Ricordo qui solo la splendida metafora dello stile dell’anatra. Cosa fa un artista? Ci offre la sua Opera, in cui tutto ci appare semplice perché vi nasconde la fatica e la complessità, proprio come l’anatra che scivola sul lago ma sott’acqua agita vorticosamente le zampette. Un’altra immagine è quella del tuffo dal trampolino eseguito in souplesse: perfetto, senza schizzi, ma senza far apparire lo sforzo e la tecnica. È un’idea di bellezza che devo molto al classicismo, e che implica armonia, misura, grazia, e ha il suo antecedente nella “sprezzatura” (apparente trascuratezza) del Cortegiano cinquecentesco di Castiglione. Certo, si pone in modo antagonista rispetto alla concezione dell’arte che il ’900 ha coltivato. Pensiamo solo all’arte performativa (Body Art, etc.), dove fatica, imperfezioni e sofferenza si esibiscono, o a quei metaromanzi sperimentali che mostrano per intero la loro laboriosa complessità. Eppure non credo si possa rinunciare dal tutto allo stile dell’anatra. Pensate al jazz: genere musicale fondato sull’improvvisazione, e dunque sul rischio, eppure nelle molte versioni di un assolo di Charlie Parker il fraseggio cerca la sua via però gli schizzi non si vedono: tutto ci sembra meravigliosamente semplice e perfetto.