Lucrezia e Giorgio Dell’Arti, Io Donna 19/10/2013, 19 ottobre 2013
EMILY DAVISON
Anagrafe Emily Widding Davison, nata a Blackhead (Londra) l’11 ottobre del 1872, famiglia molto numerosa, fin da piccola si dedicò con passione agli studi, nel 1906 diventò istitutrice in una famiglia del Berkshire e s’iscrisse all’Unione Sociale e Politica delle Donne (Women’s Social and Political Union – WSPU) di Emmeline Pankhurst. Si battè per veder riconosciuto il diritto al voto alle donne.
Tiranni Nel 1906, scambiando un uomo qualunque per l’allora Cancelliere David Lloyd George, gli si scagliò contro, assalendolo con tanto di frusta nascosta tra le pieghe della sottoveste. Un’altra volta venne arrestata con altre suffragette mentre lanciava dei sassi contro la macchina del Primo Ministro. Le pietre erano avvolte da alcuni fogli, con la scritta: «La ribellione contro i tiranni è obbedienza a Dio».
Fame Arrestata più volte, in cella intraprese numerosi scioperi della fame: la sottoposero ad alimentazione forzata per 49 volte.
Censimento La notte del 2 aprile 1911, in occasione del censimento, si nascose in un armadio del Palazzo di Westminster di modo che, nel compilare il modulo, potè inserire come sua ultima residenza la Camera dei Comuni. La targa che commemora l’episodio dice: «Questo è il modesto tributo ad una grande donna che si è dedicata ad una grande causa, che non ha vissuto abbastanza per vederla realizzata, ma che ha avuto un ruolo importante nel renderla possibile».
Morte La Davison, che il 4 giugno del 1913, durante il derby di galoppo, venne travolta dal cavallo di re Giorgio V, morì quattro giorno dopo in ospedale. Alcuni sostennero che avesse cercato la morte, le sue compagne invece spiegarono che voleva attaccare la bandiera del WSPU alle briglie del cavallo per farla sventolare fino al traguardo.
Re Il re Giorgio V, che subito si interessò alla sorte del cavallo e del fantino, manifestò grande disappunto per la giornata rovinata. La regina inviò un telegramma al fantino, augurandogli di rimettersi al più presto da «un triste incidente causato dal comportamento deplorevole di una donna lunatica e terribile». Invece la Women’s Social and Political Union, il movimento radicale delle suffragette impegnato nella lotta per l’uguaglianza, la fece diventare subito un’icona.
Fantino Il fantino che uccise la Davison, Herbert Jones, riportò solo un leggero trauma cranatico ma continuò per lungo tempo a rivedere il volto della donna, molti anni dopo al funerale di un’altra nota femminista, volle depositare una corona in memoria anche di “Miss Emily Davison” e nel 1951 si tolse la vita con il gas nella sua abitazione.
Stampa Per la stampa di allora, Emily Davison era un «demente» (The Times), una «completa squilibrata» (London Evening Standard), aveva «propensione al martirio» (Daily Mail). Il settimanale The Sufraggette invece uscì con una copertina celebrativa che la raffigurava come un angelo alato, con la citazione del Vangelo di Giovanni, incisa poi anche sulla sua tomba: «Nessuno a un amore più grande di colui che sacrifica la propria vita per gli amici».