Angela Zoppo, Milano Finanza 19/10/2013, 19 ottobre 2013
MONSIEUR MILLE PRETESE
Arriverà a Roma forse già la prossima settimana. E non sarà una visita di cortesia. Alexandre De Juniac, da luglio alla cloche di Air France-Klm, non soltanto tornerà a ripetere chiaramente agli altri azionisti di Alitalia quali sono le sue condizioni per sottoscrivere l’aumento di capitale da 300 milioni e portarsi al 51% della compagnia, ma ne porrà anche un’altra.
Oltre alla ristrutturazione del debito e all’inevitabile riduzione di flotta, rotte e personale, il potenziale azionista di maggioranza transalpino vuole essere sicuro di poter avere l’ultima parola su ogni decisione strategica. Ovvero, non accetterà una governance che riconosca al nuovo socio Poste, in quanto emanazione del Tesoro italiano, poteri speciali. Questo è l’ultimo rovello di Air France-Klm, che non ha gradito la mossa di Palazzo Chigi. «Siamo disposti a integrare Alitalia nel nostro gruppo come abbiamo fatto con Klm», ha sintetizzato De Juniac in un’intervista rilasciata il 17 ottobre al canale televisivo francese Lci, «ma se ne prendiamo la maggioranza dobbiamo essere sicuri di averne il controllo». Carta bianca, insomma. E soldi pochi. «Non siamo in condizioni di buttarne», ha ammesso il manager, che vede il titolo scendere ogni volta che viene dato per imminente il matrimonio col vettore italiano. La conferma di quanto siano parsimoniosi i franco-olandesi arriva anche dai documenti allegati ai verbali dell’assemblea straordinaria del 14 ottobre, dai quali emergono finalmente i dettagli del prestito obbligazionario, sottoscritto dai soci a febbraio per mettere in sicurezza la compagnia almeno per qualche mese.
I 12 azionisti italiani (su 21) che hanno rimesso mano al portafogli sono stati generosi: hanno versato la loro quota calcolandola sull’ammontare massimo fissato dal prestito, 150 milioni di euro. Così la Fire della famiglia Riva per il suo 10,6% ha anticipato 15,9 milioni di euro, e altrettanto hanno fatto Intesa Sanpaolo (13,9 milioni per l.’8,86%), l’Atlantia dei Benetton, l’Immsi di Roberto Colaninno e così via. Ma Air France-Klm, no. Da Parigi sono arrivati solo 23,7 milioni di euro invece dei 37,5 milioni che sarebbe stato lecito attendersi, perché il socio transalpino ha preteso e ottenuto di calcolare il suo contributo pro-quota del 25% non sull’ammontare massimo del prestito, bensì su quello minimo, ovvero su 95 milioni e non su 150 come hanno fatto invece gli altri azionisti. Questo farà si che, alla conversione, i 12 soci italiani potranno avanzare grazie al premio del 30% riconosciuto all’atto della sottoscrizione: Fire, per esempio, passerà dal 10,6% al 15%, mentre Air France-Klm non si sposterà dal 25%. Nessuno di loro, invece, avrà indietro i soldi perché il cda ha già messo le mani avanti: non ce ne sono per rimborsare chi avesse pensato di non convertire il prestito, non alla scadenza del 31 dicembre ma nemmeno dopo, perché la nuova liquidità che affluirà dovrà essere utilizzata per le strategie industriali e le spese correnti.
L’atteggiamento dei franco-olandesi sta creando anche altri problemi ad Alitalia. La richiesta di modificare il piano e il loro attendismo rischiano di rallentare l’apertura delle nuove linee di credito chieste a Unicredit e Intesa Sanpaolo. Le due banche sono le stesse che garantiranno l’eventuale inoptato sull’aumento fino a 100 milioni di euro, cifra che sono disposte ad anticipare attraverso un bridge to equity. Ma concedere nuovi fidi, in assenza di specifiche garanzie e nell’incertezza dei nuovi assetti proprietari, è cosa che non possono fare. Lo hanno chiarito smentendo lo stesso cda Alitalia, che nella sua relazione dell’11 ottobre aveva dato praticamente per certe le linee di credito. «Questa rappresentazione», hanno scritto le due banche in una lettera inviata al legale della compagnia, Sergio Erede, «non corrisponde alla realtà, in quanto in questa fase oggetto di discussione è stata esclusivamente la ricapitalizzazione. Le due banche intendono sostenere la ricapitalizzazione ma saranno disposte ad esaminare un incremento dell’esposizione finanziaria solo dopo aver preso conoscenza del piano industriale, nella sua forma eventualmente rivista e i relativi fabbisogni finanziari e purché siano fornite adeguate garanzie». Tutti, insomma, chiedono tempo, che all’Alitalia manca, proprio come la liquidità. Lo ha ribadito anche il collegio sindacale: per aumento e linee di credito bisogna fare in fretta, entro fine mese, o sarà allarme illiquidità.