Il Sole 24 Ore 19/10/2013, 19 ottobre 2013
IL REQUISITO PATRIMONIALE DA SOLO NON BASTA
L’attuale disciplina dei prestiti sociali dispone che, per raccogliere risparmio dai soci, le cooperative devono prevederlo nello statuto e adottare un regolamento interno che disciplini la raccolta e ne vincoli l’utilizzo, in via esclusiva, per il conseguimento dell’oggetto sociale. Le cooperative con più di 50 soci, inoltre, devono contenere l’ammontare dei prestiti entro il triplo (il quintuplo in presenza di garanzie supplettive) del patrimonio formato da capitale sociale, riserva legale e riserve disponibili, anche se indivisibili, risultanti dall’ultimo bilancio approvato.
Il requisito patrimoniale è previsto dalla delibera Cicr del 19 luglio 2005 e disciplinato dalle istruzioni di Banca d’Italia, che richiedono pure di evidenziare, nella nota integrativa al bilancio, l’ammontare dei prestiti sociali e l’entità del rapporto tra prestiti e patrimonio. Il Dpr 601/1973 (art. 13), infine, fissa l’ammontare massimo del prestito di ciascun socio in euro 36.093,66 per il triennio 2013-15 (il limite è raddoppiato per le cooperative agricole, edilizie e di produzione e lavoro). Il tasso di remunerazione, invece, non può superare gli interessi massimi spettanti ai detentori dei Buoni fruttiferi postali, aumentati di 2,5 punti (attualmente 5,25% più 2,5 per cento).
Sul piano dei controlli la normativa si limita a imporre l’obbligo della certificazione del bilancio e, se si superano le prestabilite soglie dimensionali, la cadenza annuale, anziché biennale, dell’ispezione ordinaria prevista in materia di vigilanza cooperativa normalmente condotta, sulle società aderenti, dai revisori incaricati dall’Associazione di rappresentanza (Lega delle cooperative per le Coop). La disciplina dei prestiti sociali, pertanto, è lasciata, al di fuori del vincolo patrimoniale, alla libera autodeterminazione delle singole Coop e le verifiche affidate all’autocontrollo interno.
Con Banca d’Italia fuori dei giochi, dopo che nel 2005 sono stati rimossi i precedenti obblighi di trasparenza informativa e contrattuale introdotti nel 1994, anche i criteri suggeriti da Ancc-Legacoop sono insufficienti per vincolare policy d’investimento che restano sconosciute ai soci, costretti a rilasciare un’ampia delega a chi gestisce i loro risparmi.