Roberto Galullo, Il Sole 24 Ore 19/10/2013, 19 ottobre 2013
IL CEMENTO (DIS)ARMATO DI MILANO
Se fosse un romanzo rosa lo intitoleremmo «Milano: le fondamenta dell’amore». Invece è un romanzo criminale e allora lo chiamiamo «Milano: il cemento (dis)armato». Gira che ti rigira, infatti, le cosche calabresi sono tornate in pista con il "ballo del mattone" nel capoluogo e nella sua provincia.
Sedriano, il cui consiglio comunale è stato sciolto il 15 ottobre per infiltrazione della criminalità organizzata, non fa eccezione anche se qui si parla (apparentemente) di briciole. Nell’ordinanza di custodia cautelare che il 10 ottobre 2012 consegnò per tre mesi ai domiciliari il sindaco di Sedriano Alfredo Celeste, accusato di corruzione ma che si dichiara innocente ed estraneo ai fatti, si legge, tra le altre cose, di una promessa di lavori pubblici di ampliamento e ammodernamento della piattaforma ecologica e del coinvolgimento delle coop controllate da Marco Silvio Scalambra, dei lavori di ristrutturazione edile contemplati nel piano comunale integrato di acquisizione e rifacimento dell’area della Villa Colombo Brazzola. Celeste avrebbe avuto una forte amicizia con Scalambra e un altro indagato, Eugenio Costantino. Quest’ultimo è il nome che scotta perché, come si legge nell’ordinanza, «Costantino aveva intenzione di coinvolgere gli appartenenti del clan calabrese Di Grillo-Mancuso nella gestione di alcuni dei lavori pubblici». Insomma, quelle briciole erano un aperitivo per la ‘ndrangheta, che avrebbe tentato di penetrare anche in questo comune dopo averci messo un piede (oggi, alle 15, a Sedriano si terrà un corteo antimafia, organizzato dalla Carovana antimafia ovest Milano).
L’operazione del 10 ottobre 2012, che porterà ad essere indagato anche Eugenio Zambetti, ex assessore alla Casa (coincidenza?) della Regione Lombardia, offre per la Procura di Milano uno spaccato (che dovrà reggere al vaglio dei gradi di giudizio) del modus operandi di alcuni indagati, presunti referenti delle cosche. In cambio di voti ai futuri eletti, avrebbero chiesto infatti servizi, lavori e appalti pubblici. Uno schema classico, che si ripete sempre più spesso in tutta la cintura milanese.
Va ricordato che l’indagine Infinito del 2010 ha permesso di ricostruire l’attività della ‘ndrangheta, permettendo l’individuazione di numerose "locali" (cellule strutturate con almeno 50 persone), coordinate da un organo denominato la "Lombardia" (si veda cartina). Le potenti famiglie calabresi sono almeno venti. Già questo testimonia una metastasi – in continuo cammino, tanto che scopriremo tra anni, verosimilmente, la nuova mappa delle "locali" di ‘ndrangheta - difficile da arrestare. E non si deve pensare che lo scioglimento che arriva per mano del Governo sia l’unico sigillo all’inquinamento nella vita amministrativa. A volte neppure ci si arriva, come per Buccinasco, dove le dimissioni dell’opposizione e di parte della maggioranza nel marzo 2011, evitarono il rischio di un accesso prefettizio agli atti e portarono per legge il Comune allo scioglimento.
Buccinasco – 27mila abitanti immersi nel cuore verde del Parco agricolo Sud, a due passi da Milano – è la sintesi degli appetiti delle cosche (non a caso viene ancora oggi battezzata la Platì del Nord) e della possibile risposta delle Istituzioni.
Appena 48 ore fa è stato condannato in primo grado a 4 anni e 3 mesi di carcere Loris Cereda, ex sindaco Pdl di Buccinasco, arrestato nel marzo del 2011 nell’ambito di un’inchiesta su un presunto giro di tangenti legate ad appalti per la nettezza urbana e per il cambio di destinazione d’uso di alcune aree. Proprio sul ciclo del cemento nelle vecchie e nuove aree, l’amministrazione di centrosinistra eletta il 6 maggio 2012, gioca tutta la sua credibilità. Qui il 27 luglio 2008 andò a fuoco un’agenzia immobiliare e oggi il vicesindaco Rino Pruiti commenta così quell’episodio: «Dal produttore al consumatore: le cosche dominavano dal movimento terra alla vendita». E adesso? Nessuno si illude. «Le mafie stanno alla finestra. Tra arresti, processi e crisi economica sono in fase di assestamento ma qui nessuna famiglia calabrese ha cambiato residenza. Anzi. Finora solo silenzio ma la pressione – spiega Pruiti – arriverà quando si comincerà a edificare, con premialità urbanistiche fino al 30%».
Già, perché il Comune di Buccinasco l’11 luglio ha approvato il Piano quadriennale di governo del territorio (Pgt), che attendeva dal 2005 e Pruiti, il giorno dopo, dichiarò che «poteri forti e partito del mattone sono rimasti confinati nella testa malata di qualche sedicente politico locale».
Nei tre poli di riqualificazione urbana individuati, il Pgt prevede zero consumo di suolo. Applicando sulle aree di trasformazione un indice di edificabilità di 1,5 metri cubi su metro quadro, con un rapporto di occupazione del 50% e un’altezza massima di 5 piani, il Comune riuscirà addirittura a riportare il verde in aree in precedenza occupate dal cemento (circa 40mila metri quadrati). A questo si aggiunge che nessuna delle aree verdi di proprietà del Comune viene toccata. In pratica si potrà costruire solo laddove ci sono capannoni, fabbriche o aree da dismettere, per una superficie complessiva di 180mila metri quadrati.
Sì, va bene ma 180mila metri quadrati sono una città nella città e chi controllerà che l’intero ciclo del cemento non finisca ai soliti "platioti" del Nord? «Ci siamo interrogati a lungo – conclude Pruiti - e siamo arrivati alla conclusione che se fai un cantiere devi applicare le regole in maniera ferrea: tracciabilità di quello che parte e che arriva, utilizzando in maniera estensiva i controlli. Man mano che procederanno i lavori, faremo le verifiche. Chiederemo conto alle ditte che lavorano e se non collaboreranno metteremo pattuglie di polizia locale che chiederà i documenti di chi entra e chi esce. Fotograferemo le targhe. Insomma, faremo tutto il possibile».
Se questo accade a Buccinasco e un po’ ovunque nella cintura milanese, figuriamoci cosa potrà accadere per Expo 2015, che scatterà tra 559 giorni. Il 13 febbraio 2012 è stato firmato un protocollo di legalità tra Expo 2015 spa e Prefettura di Milano, seguito l’8 novembre da un protocollo d’intesa tra Istituzioni e parti sociali. L’uno mira a impedire le infiltrazioni delle mafie nei lavori, l’altro a scongiurare il fenomeno del lavoro irregolare e garantire la piena applicazione dei contratti di lavoro per la cosiddetta "piastra", vale a dire l’infrastrutturazione di base. Protocolli che sembrano funzionare, tanto che alcune ditte sono già state escluse dai lavori.
Funzionano ma David Gentili, presidente della Commissione antimafia del Comune di Milano, nel giorno in cui Milano assiste ai funerali di Lea Garofalo, assassinata dalle cosche nel 2009, lancia un allarme. «I controlli nei cantieri mi sembrano adeguati - spiega al Sole 24 Ore – ma adesso scattano gli investimenti esteri, che stimiamo in 3,2 miliardi. L’investitore straniero che vuole costruire il proprio padiglione ha due possibilità: o si porta costruttori e fornitori da casa o ricorre ai servizi edili, di appalto e fornitura sul territorio, che non mi risulta rientrino in questi protocolli. Del resto anche le white list antimafia, vale a dire gli elenchi dei prestatori di servizi ed esecutori di lavori immuni da contaminazioni criminali, sono una delusione perché non c’è obbligo di ricorrervi e, dunque, nei bandi pubblici non possiamo dare un vantaggio a chi si iscrive in quelle liste».
Pronta la risposta affidata al Sole 24 Ore da Expo 2015 spa: «Siamo certi che il rispetto della legalità sarà ribadito con l’ingresso sul sito espositivo delle aziende che lavoreranno per i Paesi che parteciperanno. Nello stesso senso Expo 2015 spa sta già ipotizzando, in stretta collaborazione con la Prefettura di Milano e gli organi competenti, un modello da adattare per la prossima fase di avvio delle realizzazioni in capo ai Paesi partecipanti».
Insomma, il problema della vigilanza su quei 3,2 miliardi di investimenti dei Paesi stranieri esiste e sarà affrontato al più presto.