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 2013  ottobre 19 Sabato calendario

«HO IMBARCATO SPECIALISTI DI SLALOM SENZA ME BERLUSCONI SAREBBE SUL COLLE»


Presidente Monti, che cos’è successo? Un fulmine a ciel sereno? Perché queste sue dimissioni improvvise?
«Non è stato un fulmine a ciel sereno. Il cielo non era sereno affatto. Può diventarlo ora. Serviva una ventata che spazzasse via la nebbia, al cui riparo undici senatori, più un senatore al governo, operavano per uno snaturamento di Scelta civica. In particolare due capitani di lungo corso: il senatore Pier Ferdinando Casini e il ministro Mario Mauro, più altri improbabili compagni di viaggio».
Cosa intende per snaturamento?
«Casini e Mauro furono tra coloro che più mi sollecitarono, un anno fa, perché accettassi di guidare una nuova formazione politica, intitolata all’agenda Monti. Scelta civica è stata la prima formazione politica, già in campagna elettorale, a sostenere la necessità di una grande coalizione. Il Pdl se ne è convinto solo dopo il voto, il Pd ha impiegato altri due mesetti. Noi sapevamo che per fare le riforme occorrono spalle larghe: se non è fondato su una seria cooperazione tra i maggiori partiti, un governo non riesce ad andare contro gli interessi costituiti, che bloccano il cambiamento. Noi pensiamo — e dico noi perché negli organi direttivi di Scelta civica questa idea è sempre prevalsa — che il nostro ruolo sia pungolare il governo, per dare più forza al presidente del Consiglio affinché tenga saldamente il timone, senza soggiacere alle pressioni elettoralistiche dei partiti più grandi».
Si riferisce all’abolizione dell’Imu?
«Quello è stato, purtroppo, un ottimo esempio. Il governo si è piegato, in quel caso, al volere del Pdl e ciò ha molto ridotto i margini di manovra della legge di stabilità, sulla quale abbiamo espresso una posizione in parte critica. Mauro, Casini e i loro seguaci (la cui familiarità con le strategie economiche non era finora risultata evidente) sostengono invece che non bisogna recare il minimo disturbo al manovratore, come se — malgrado i quotidiani diktat del Pdl e del Pd al governo — Scelta civica, ed essa sola, dovesse restare supina, rinunciare ad esercitare quello stimolo alle riforme per il quale siamo nati. Tra l’altro, questa visione contrasta con la linea dello stesso premier Letta, che nel discorso del 2 ottobre per la fiducia si è detto anch’egli convinto della necessità di un contratto di coalizione, come noi sosteniamo da tempo. Per questo lunedì gli abbiamo mandato una bozza, che abbiamo reso pubblica. Vedremo ora come Letta intenderà muoversi».
Tutto qui il contrasto con Mauro e Casini?
«È un contrasto non da poco, c’è tutta la differenza tra una politica dei contenuti, l’unica che interessa a noi, e una politica tipo GPS, cioè dei posizionamenti, degli schieramenti, l’unica che forse interessa ad altri, sopraffini professionisti della politica. Ma Mauro e Casini paiono molto attivi su un secondo snaturamento di Scelta civica, dissolvere il nostro movimento in un nuovo soggetto “moderato”, aperto a quanto pare anche al Pdl, senza badare troppo se questo si sia veramente emendato di quelle personalità, di quei valori e di quelle linee politiche che sono molto diverse da quelle su cui si è costituita Scelta civica. Noi siamo nati per unire un’anima liberale e un’anima popolare, ma in una prospettiva di serio riformismo orientato all’Europa».
Scusi, ma l’approdo che lei ha in mente, cioè il Ppe, il Partito popolare europeo, non è lo stesso dei «capitani di lungo corso»?
«In un colloquio con il presidente del Ppe Wilfried Martens poco prima che morisse, ho chiarito che io stavo portando Scelta civica nel suo partito, superando le perplessità di chi tra noi guardava all’Alde, l’Alleanza dei liberaldemocratici guidata da Guy Verhofstadt: una posizione che, se si badasse alla possibilità di incarichi di prestigio nelle istituzioni europee, sarebbe stata la più conveniente, visto che l’Alde sarà l’ago della bilancia a Strasburgo. Dicendo che avrei proposto a Scelta civica di aderire al Ppe, i nostri “capitani di lungo corso” hanno visto svanire l’alibi decoroso, di poter presentare una loro dipartita dai valori di Scelta civica come unico modo per andare nei Popolari».
Così Mauro e Casini l’hanno messa in minoranza.
«No di certo. Le nostre posizioni sull’identità e il ruolo di Scelta civica sono maggioritarie. Ma mi è perso necessario dare la massima evidenza, e subito, a questa piccola e insidiosa sedizione, per tutelare quanti sono venuti in Scelta civica con entusiasmo per contribuire a trasformare i contenuti e lo stile della politica italiana. E per esortarli a mobilitarsi. Tocca a loro, ora, unirsi e affermare la loro leadership».
Ma se la sua linea dovesse prevalere lei potrebbe tornare alla guida del partito?
«No. Questo no. Ma da senatore a vita, con maggiore libertà e distacco, mi propongo di essere attivo come prima, e magari con un’influenza non minore, per affermare la visione, i valori, lo stile di governo che Scelta civica vuole promuovere».
È pentito di avere imbarcato Mauro e Casini?
«Non mi sembra prioritario indugiare sui pentimenti. Certo, ho pensato che se alcuni insistevano tanto perché io mi impegnassi in politica, fosse perché vedevano un’esigenza di cambiamento, più che un interesse di collocamento. Chissà. Mauro da capogruppo al Senato è andato, con il suo collega alla Camera Dellai, a trattare per la composizione del governo — di cui non mi sono occupato —, e ne è uscito ministro della Difesa.».
Di lei dicono che sia un dilettante della politica.
«Se i professionisti sono gli specialisti di slalom, allora mi considero un dilettante. A quanto pare, nessuno di questi professionisti provetti era disponibile nel novembre 2011 per prendere decisioni difficili, per fare le cose rinviate da troppo tempo».
Cosa pensa di Enrico Letta?
«Quando gli consegnai la campanella, al momento del passaggio delle consegne, gli dissi che se avessi potuto scegliere un successore sarebbe stato lui: un uomo giovane, di molta esperienza, di cultura europea, che sa le lingue ed è capace di rappresentare l’Italia con dignità. Però le larghe intese sono una condizione necessaria ma non sufficiente per fare le riforme. Il premier dovrebbe predisporre misure che diano qualche insoddisfazione politica alla destra e qualche insoddisfazione politica alla sinistra , dovrebbe fare scelte che scontentino le constituency della destra, quelle della sinistra e quelle del centro, se le avesse. Il rischio è che l’attuale grande coalizione bilanci i benefici politici per la destra e i benefici politici per la sinistra. Sono dispiaciuto che, forse per ingraziarsi il Pdl e Berlusconi che minacciava la crisi per le sue questioni giudiziarie, il governo abbia, in particolare sull’Imu, realizzato il programma elettorale del Pdl».
Non le è piaciuta la legge di Stabilità?
«Non è che se ne sappia molto. Sono soddisfatto che si siano rispettati i vincoli europei. Ma si doveva abbassare di più la pressione fiscale, ora che la fase d’emergenza è superata. E si doveva cominciare diminuendo le tasse sul lavoro, poi l’Iva, infine le imposte sulla casa. Invece, obbedendo a un diktat, i primi due obiettivi, che sono i più importanti per la crescita, sono stati penalizzati».
Voterà sì o no alla decadenza di Berlusconi?
«Leggerò la relazione che sarà presentata dalla commissione elezioni del Senato. Si voterà sull’applicazione di una legge, non su una persona. È una legge che porta la mia firma, oltre a quella dei ministri Severino, Cancellieri e Patroni Griffi. La considero una legge costituzionale, che non necessita di ulteriori verifiche. A questa legge mi atterrò».
I «capitani di lungo corso» le hanno detto che voteranno — o le sembrano intenzionati a votare — contro la decadenza di Berlusconi?
«Non ne ho la minima idea. Nel partito non ne abbiamo discusso. Immagino che non l’abbia fatto neppure il ministro Mauro, con il presidente Berlusconi e il segretario Alfano, suoi ospiti a colazione al circolo ufficiali del Ministero della Difesa».
Chi guiderà Scelta civica dopo di lei?
«C’è il vicepresidente vicario Bombassei. C’è uno statuto che fissa le regole per scegliere il nuovo leader. Non è un partito personale. Subito dopo le elezioni abbiamo tolto il mio nome dal logo, ora si chiama solo Scelta civica per l’Italia. Una dizione molto significativa, credo».
Non sarà un partito personale, ma tutti lo consideravano il partito di Monti. Sopravviverà alle sue dimissioni?
«Certo. Così funziona la vita delle istituzioni e della politica».
Non è pentito di essere «salito in politica»? Se potesse tornare indietro lo rifarebbe?
«Certo che lo rifarei. Non sono affatto pentito. Sapevo che sarebbe stato costoso sul piano personale sacrificare quella cosa impalpabile ma importante che è la terzietà, su cui avevo impostato tutta la mia vita. Ne ho pagato un prezzo forse ancora maggiore di quello che mi aspettavo. Ma in 50 giorni, non so come, senza organizzazione, abbiamo preso oltre tre milioni di voti, in maggioranza di centrodestra. Senza di noi, il Pdl avrebbe la maggioranza alla Camera e al Senato, Berlusconi sarebbe diventato a sua scelta presidente della Repubblica o presidente del consiglio, e avrebbe deciso da chi sarebbe stata occupata l’altra posizione. Scelta civica ha contribuito a costruire la grande coalizione, a ristabilire quel rispetto per la politica europea e per il bilancio pubblico che nella campagna elettorale era stato gettato alle ortiche. Senza di noi, il corso della storia italiana sarebbe stato leggermente diverso».