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 2013  ottobre 18 Venerdì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA PARABOLA DI MONTI



ROMA — Volano gli stracci in casa di Scelta civica, e non solo per le dimissioni del leader Mario Monti. Infatti ieri, prima ancora che l’ex presidente del Consiglio ufficializzasse l’addio dal suo partito, intorno alla presidenza della Commissione antimafia è andato in scena un duello poco edificante tra due deputati di Sc, l’imprenditore catanese Andrea Vecchio e l’ex presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai. Il primo, in mancanza di un accordo tra Pdl e Pd, rivendica la presidenza dell’organismo bicamerale: «Ho i titoli, conosco la mafia. Vivo scortato dai carabinieri per le estorsioni subite... Negli ultimi anni hanno bruciato più di cento mezzi della mia impresa edile... ». Il secondo, capogruppo alla Camera, si presenta in Antimafia, prende il posto del «dimissionario» Paolo Vitelli, non prima però di aver telefonato al collega Vecchio: «C’è l’accordo, ti si chiede di fare un passo indietro», gli dice. «Te lo sogni, il passo indietro lo devi fare te. Io ho i titoli, tu no», risponde caustico Vecchio.
A quel punto, salta il numero legale perché il Pd non converge sulla candidatura Dellai. E in casa di Scelta civica i colpi bassi si sprecano. Andrea Vecchio, colpito nel suo orgoglio di militante antimafia, attacca Dellai a testa bassa: «Fascista, padre padrone, gestisce il gruppo come se fosse cosa sua... Quando si è aperta una strada per una convergenza sulla mia candidatura, in mancanza di un accordo tra Pd e Pdl, sono andato da Monti ma lui è stato evasivo: «”Devi aspettare, poi ne riparliamo”. Sono andato da Dellai e anche lui mi ha liquidato... Sì, lo stesso Dellai che per diventare capogruppo ha umiliato il collega Andrea Romano».
Il capogruppo incassa senza fare un piega (per ora), tiene il punto e non intende accettare il terreno della polemica: «Capisco il collega, la sua amarezza, ma non mi interessa polemizzare utilizzando argomenti e toni che non mi appartengono». Piuttosto, insiste l’ex presidente della Provincia di Trento, come si fa a dire che «l’Antimafia è appannaggio solo dei colleghi del Sud. Purtroppo la mafia, o meglio le mafie sono un fenomeno globale che è presente ovunque... Il fatto che un trentino possa fare il presidente dell’Antimafia non dovrebbe stupire nel 2013». Vecchio, però,insiste: «Vivo sotto scorta. Davanti a casa mia c’è una camionetta dell’Esercito e quindi so di cosa parlo... ». L’imprenditore catanese ha comunque avuto già un momento di visibilità quando Raffaele Lombardo lo chiamò nella sua giunta a Palermo: «Imbarazzo? No, semmai era Lombardo ad avere qualche imbarazzo ad avere me in giunta. E infatti durò due mesi, mi cacciò quando chiesi che si facessero i verbali delle sedute... ». Dellai ora guarda in avanti: «Mi sono messo a disposizione per tentare di uscire dall’impasse delle candidature contrapposte Bindi-Bruno. L’ho fatto perché è molto grave che l’Antimafia non abbia ancora un suo presidente. È grave per il Parlamento ma lo è soprattutto per i volontari, le associazioni, le forze dell’ordine e i magistrati che tutti giorni sono in prima linea contro la mafia».
D. Mart.

TROCINO SUL CORRIERE DI STAMATTINA
ROMA — Il 31 luglio scorso era stato fermato sulla porta da Alberto Bombassei e convinto a ritirare le dimissioni, dopo uno scontro con Andrea Olivero. Ieri Mario Monti, ex premier e fondatore di Scelta civica, ha annunciato di aver lasciato la presidenza del suo partito e di essere passato al gruppo misto. Un gesto motivato con un lungo comunicato nel quale spiega di essersi sentito sconfessato dagli undici senatori «più uno» (il ministro della Difesa Mario Mauro) che ieri hanno firmato una dichiarazione di sostegno al governo sulla legge di Stabilità: «Non posso non intendere questa dichiarazione come una mozione di sfiducia nei miei confronti». A seguire, le dimissioni di Gianluca Susta, capogruppo del partito al Senato. Il Professore lascia la presidenza di Sc a Bombassei, che ne era fino a ieri il vicepresidente vicario e che ha già convocato per martedì prossimo un’assemblea plenaria dei parlamentari di Scelta civica.
Una decisione, quella di Monti, che arriva alla fine di un periodo di scontri nel partito, da tempo diviso su molte questioni: la possibilità di un dialogo con i moderati del Pdl, l’approdo europeo (Ppe versus Alde), il sostegno al governo. Le diverse componenti — i «montiani», i centristi dell’Udc, Italia Futura, i cattolici della comunità di Sant’Egidio — non sono riuscite ad amalgamarsi e a trovare un equilibrio. A far traboccare la goccia, oltre al comunicato degli undici senatori, è stato l’incontro di Mauro, eletto di Scelta civica, con Silvio Berlusconi. A lui è dedicato un passaggio del comunicato: «In questi giorni il senatore Mauro è venuto preconizzando, da un lato, una linea di appoggio incondizionato al governo, posizione legittima — e naturale in chi fa parte di un governo — ma che non è la linea di Scelta civica; dall’altro, il superamento di Scelta civica in un soggetto politico dai contorni indefiniti ma, a quanto è dato capire, aperto anche a forze caratterizzate da valori, visioni e prassi di governo inconciliabili con i valori, la visione e lo stile di governo per i quali Scelta civica è nata». Su questo stile, dice «ho accettato di impegnare il mio nome e, con esso, di favorire l’ingresso o il ritorno in Parlamento di candidate e candidati che si sono formalmente impegnati a battersi per realizzare quella che essi stessi hanno chiamato “Agenda Monti”».
Dunque, nel mirino di Monti ci sono l’avvicinamento di alcuni al Pdl ancora non deberlusconizzato e il sostegno troppo acritico al governo. Su questo, l’ex premier spiega che il dl stabilità «appare timido per quanto riguarda la riduzione delle tasse e insoddisfacente per quanto riguarda l’orientamento alla crescita». Ma Monti era ormai in difficoltà in Scelta civica. Dopo aver rotto con l’Udc, con i cattolici di Olivero, e con un’Italia Futura un po’ defilata, i sostenitori dell’ex premier non sembrano più maggioranza tra i 20 senatori e 47 deputati di Scelta Civica.
In sua difesa scende in campo Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario al ministero dei Beni Culturali: «Apprendo con molto dispiacere la notizia e mi auguro che riveda presto questa grave decisione». Anche Lorenzo Dellai spera in un ripensamento. E Linda Lanzillotta: «Comprendo la sua amarezza, ma resto convinto che serva un partito liberale, popolare, riformista ed europeo, e confido che Monti non voglia far mancare la sua guida».
In ambiente Udc si commenta così: «Monti era rimasto solo. Dopo aver lanciato ultimatum contro il governo, dopo aver convocato la festa di Caorle in contemporanea a Chianciano, costringendo Letta e altri a farsi 400 chilometri, dopo aver bacchettato Mauro per la costituente dei popolari, era ormai in un angolo».
Di tutt’altro avviso Benedetto Della Vedova: «La scelta di Monti è stata conseguente all’uno-due del giorno prima: l’incontro tra Mauro e Berlusconi e la sfiducia dei senatori su un’equilibratissima posizione sulla legge di Stabilità. La sua decisione è stata quella di provocare uno choc per evitare una deriva negativa che rischiava di trasformare un partito riformatore in un partito centrista che guarda a destra. Ma Scelta civica va avanti: da qui si riparte».
Alessandro Trocino