Maurizio Stefanini, Libero 18/10/2013, 18 ottobre 2013
STUPRATORI, SCHIAVISTI E RAPITORI ALL’INDIA IL PRIMATO DEL PEGGIO
L’India è la più grande democrazia del mondo, una potenza nucleare e un’economia emergente dei Brics, da cui il crescente orgoglio nazionalista che complica il problema dei due marò detenuti. Purtroppo però è anche un Paese che finisce spesso nelle cronache per una quantità di comportamenti raccapriccianti: dagli stupri selvaggi ai periodici e feroci pogrom contro minoranze religiose. Adesso salta fuori che contiene quasi metà di tutti gli schiavi ancora esistenti al mondo. A seconda delle stime, tra i 13.300.000 e i 14.700.000, su una quantità planetaria attorno ai 29,8 milioni.
A dare le cifre è il rapporto Global Slavery Index 2013, appena reso noto da Walk Free: un’organizzazione umanitaria australiana che ha tra i propri sostenitori Hillary Clinton e Bill Gates. Non è la percentuale più alta in senso relativo: quest’altro infame primato appartiene alla Mauritania, con il 4% della popolazione in condizioni di schiavitù. E non ci sono Paesi del tutto al riparo. Includendo nelle forme di schiavitù moderna non solo le sopravvivenze dell’istituto arcaico ma anche la servitù per debito, il matrimonio forzato, la vendita e sfruttamento di bambini, il traffico di umani e il lavoro forzato, nella stessa Italia sarebbero state conteggiati 7919 schiavi. Perfino nella remota e civilissima Islanda, ultima della lista, ci sarebbero 22 schiavi. Ma l’India ha la più alta cifra assoluta, superando di gran lunga i 2.949.243 della Cina, i 2.127.132 del Pakistan, i 701.032 della Nigeria, i 651.110 dell’Etiopia, i 516.217 della Russia, i 472.811 della Thailandia, i 462.327 del Congo, i 384.037 della Birmania e i 343.192 del Bangladesh. Come ha denunciato il direttore generale di Walk Free, Nick Grono, «l’India ha una situazione particolare, perché le persone vengono emarginate e discriminate dalla comunità anche per motivi di casta. Intere comunità nei villaggi del nord ridotte alla condizione di schiavi, costrette a fabbricare mattoni o a lavorare nelle cave. I bambini devono lavorare sui telai per fare i tappeti che vengono venduti nei nostri negozi ».
«Secondo Paese più popoloso al mondo», spiega il rapporto, «l’India esibisce lo spettro completo delle differenti forme di moderna schivitù, da gravi forme di schiavitù per debiti che si trasmettono da una generazione all’altra attraverso varie attività fino alle peggiori forme di lavoro infantile, sfruttamento commerciale del sesso, e matrimonio forzato». E in questo «Paese di vaste dimensioni», la cifra di quasi 15 milioni di schiavi è addirittura ottimista, visto che ad esempio il problema del debito ereditario riguarda 65 milioni di persone. Dipende da un margine di scelta abbastanza arbitrario decidere se rientrino nella fattispecie della schiavitù solo alcune delle vittime, o non piuttosto tutte. Altri sono vittime del sistema delle caste o di obbligazioni di tipo consuetudinario. Un’altra caratteristica del problema della schiavitù in India e che mentre altrove il problema riguarda lavoratori immigrati o appartenenti a minoranze etniche, «il 90% del traffico di schiavi in India è interno ». Molti non si sono neanche mai mossi da un posto all’altro. Come spiega il rapporto, «sono tenuti in schiavitù nei loro stessi villaggi». Altri con false promesse di un impiego normale sono stati portati dalle campagne nelle grandi città, dive costituiscono un’aliquota importante della manodopera in campi come la costruzione, il tessile, la fabbricazione di mattoni, le miniere, il processamento di pesci e gamberetti o l’industria alberghiera.