Loretta Napoleoni, il Venerdì 18/10/2013, 18 ottobre 2013
IL SUICIDIO IN COREA DEL SUD È L’ANTIDOTO ALLA CRISI
Il governo della Corea del Sud ha stimato che i suicidi costano all’economia nazionale circa 4,6 miliardi di dollari l’anno, in parte perché danneggiano l’immagine del Paese e ne riducono la competitività. La Corea del Sud ha il più alto tasso di suicidi dell’Ocse e cioè 28,1 ogni mille abitanti; nel 2012 ben 2.391 persone si sono tolte la vita a Seul, un macabro record. In media, ogni giorno 39 coreani decidono di farla finita e la maggior parte per motivi economici o perché è incapace di sostenere la pressione accademica. Le classi d’età più a rischio sono infatti gli anziani e i giovani dai 10 ai 30 anni.
Sembra assurdo parlare di suicidi di bambini, ma in Corea per circa i tre quarti degli studenti di elementari e medie superiori studiare è una tortura: quasi tutti dopo la scuola vanno a ripetizioni, a volte fino a notte fonda. L’obiettivo è superare la durissima selezione per l’università. Sforzi che sempre più spesso non producono i lavori desiderati poiché la delocalizzazione industriale ha ridotto considerevolmente il tasso di assorbimento dei laureati, molti dei quali alla fine accettano lavori mal pagati in settori poco ambiti. A fare del suicidio un gesto nobile e non una vigliaccata contribuiscono volti celebri, come l’ex presidente Roh Moo-hyun.
Il governo ha da poco investito pesantemente nel sistema sanitario, in particolare nella cura di malattie come la depressione che possono portare al suicidio. Ma il problema di fondo rimane economico e sociale, poiché la popolazione fatica ad adattarsi alla crescente sperequazione dei redditi e a livelli di reddito infinitamente più bassi che in passato. Un problema condiviso da tante altre ricche nazioni dell’Ocse.