Paolo Conti, Sette 18/10/2013, 18 ottobre 2013
CASALINGA DISPERATA E MUSICISTA DI RICERCA
Una grande voce soul si libera delle angosce e del buio. Il nuovo album, in uscita il 5 novembre, si intitola infatti Senza paura. Sembra una dichiarazione di libertà interiore, Giorgia...
«È proprio così. Il mio nuovo album ha proprio questa tensione: riscoprire la libertà interiore in un momento di crisi planetaria. È la voglia di ripartire accantonando le insicurezze, l’ansia per le aspettative che ti crei e ti imponi. Per proporre qualcosa di nuovo, per giocare la carta della ricerca bisogna mettere nel conto anche la possibilità di non essere capiti. Ma se credi in ciò che fai, proprio col supporto della libertà interiore, tutto diventa più facile. E possibile».
Chi può limitare una libertà interiore?
«Mille fattori. Il bombardamento esterno. I condizionamenti culturali, familiari. Bisogna togliersi di dosso tutto questo e accedere davvero a se stessi. Fermarsi e ripartire dalle cose sane».
Una autodefinizione di Giorgia oggi?
«Domanda difficile. Una casalinga a volte un po’ disperata ma anche una musicista, per fortuna in continua ricerca: quando svolgi un’attività creativa, la ricerca è un obbligo. Le due Giorgia convivono. Per questo sono spesso esausta».
Il primo singolo dell’album si intitola Quando una stella muore. Nel senso di una stella del firmamento o di una stella del mondo dello spettacolo? E perché parlare di morte?
«Può essere interpretato, quel titolo, in diversi modi. Ma comunque si riflette su una fine: e una fine appare sempre inaccettabile. Ma il brano, anche col crescendo musicale, vuole dire che quella fine è comunque una trasformazione. Una luce può sparire ma l’energia si dirige altrove. E anche tu che attraversi quella fine diventi qualcosa di diverso».
Nell’album c’è il brano Oggi vendo tutto firmato da Ivano Fossati. Un incontro inedito, un’accoppiata nuovissima...
«Io e lui non ci siamo mai incontrati ma sono stata sua fan da tutta la vita. Lui, con De Gregori e Battisti, hanno rappresentato per me un caposaldo. In casa si ascoltava tanta musica americana con papà; mamma invece ci faceva apprezzare quella italiana. E Ivano Fossati, oltre a essere quel grande autore e poeta, è anche uno straordinario interprete. Nella sua voce sento sempre quella vena “black”, per me un vero richiamo interiore, irresistibile. Quando gli ho proposto la collaborazione si è subito messo al lavoro. Mi ha stupito il modo in cui si è impegnato. Mi ha consegnato il brano e mi ha detto: “Sentiti libera di cambiare ciò che vuoi”. Lavorando sulla melodia ho trovato un immenso spazio per la mia voce. Lavorando “di soul” ho avuto la piena conferma di quanto dicevo: Fossati ha nel sangue quella radice».
Anche il testo di Fossati parla di libertà: «Oggi vendo tutto e mi risveglio in un sogno/ cos’è successo alla gente in questo mondo fottuto...».
«Il pezzo è un perfetto riassunto per descrivere i tanti cambiamenti che ci coinvolgono. E Fossati ci riesce in modo meravigliosamente breve e scintillante. Per dire: adesso andiamo avanti, riscopriamo le cose belle e semplici dell’esistenza, possiamo tutti ripartire di lì».
Lei, Giorgia, ha registrato negli storici studi musicali Sunset Sound di Hollywood, dove sono nati i dischi dei Doors, dei Led Zeppelin, dei Rolling Stones. Che emozioni ha provato?
«Si respira uno straordinario vissuto che non può lasciare indifferenti. Il produttore dell’album, Michele Canova, sta trasferendo lì una parte del suo lavoro ed è stato molto stimolante mescolare la parte suonata con quella elettronica. Un’idea grandiosa, soprattutto per me che vengo dal club. Poteva essere un’impresa difficile, ma alla fine è andato tutto benissimo. Un risultato magnifico, nuovo».
Qual è oggi, secondo lei, lo stato di salute della canzone italiana? È ancora relegata in un certo provincialismo?
«In vent’anni di carriera ho visto cambiare tutto. Oggi non ho dubbi: un interprete italiano è molto più vicino, nel prodotto finale, a un suo collega americano, inglese tedesco. I suoni non sono più tanto lontani, e così gli arrangiamenti».
Ma non c’è il pericolo dell’omologazione, dell’appiattimento?
«No, perché c’è sempre l’anima italiana. E soprattutto il nostro splendido italiano, che fece grande l’Opera nel mondo. Una lingua che trasmette poesia. All’estero la adorano. La trovano sexy».
Giorgia si sente più “americana” o più italiana?
«Quando ho cominciato amavo perdutamente la musica nera. Ed era impossibile non andare negli Stati Uniti. Per anni e anni il desiderio di fondo è stato attingere lì. Adesso no. Sono cambiata, e con me i miei gusti. Ora mi ritrovo molto più protettiva rispetto alla mia origine italiana e quindi mediterranea. Ma a ben vedere, se traduci una canzone napoletana in inglese, la puoi trovare molto più “americana” di tante produzioni degli Stati Uniti».
L’Italia è attraversata da una crisi profonda. Come la vive? Con cupezza e depressione o pensa che alla fine ce la faremo?
«Voglio assolutamente credere che se ne uscirà, anche se la situazione è oggettivamente drammatica. La Germania forse sta un po’ meglio, la Francia finge... ma quando anche gli Stati Uniti sono allarmati, allora la faccenda è seria. In quanto a noi, all’Italia, mi piacerebbe che i politici la piantassero una volta per tutte di litigare. Bisogna costruire. Dare lavoro alla gente. Costruire il futuro. Dobbiamo accettare l’idea che abbiamo fallito. Ma è obbligatorio andare avanti».
Lei pensa che, in un mondo attraversato da un’ansia così profonda, possa avere senso proporre canzoni?
«Mi sono sentita a lungo inutile. L’ho anche detto in pubblico. Poi il critico Gino Castaldo, durante una conversazione, mi ha detto: “Ma non capisci quanto una bella cosa possa far bene a un’anima angosciata?” Ha ragione lui. Un’emozione può alleggerire, può aiutare. Una canzone può regalare un sogno di qualche minuto. Ed è già più di qualcosa, no?».