Angelo De Mattia, Milano Finanza 18/10/2013, 18 ottobre 2013
MANOVRA, QUEI TRE RINVII STANNO CREANDO UN POLVERONE
Uno dei difetti della legge di Stabilità è dato dal fatto che, mancando una solida ispirazione di fondo, essendo assente un visibile fil rouge, le varie categorie concentrano il proprio interesse esclusivamente sulla parte che le concerne, accentuando così i rischi di un percorso parlamentare caratterizzato da spinte corporative. Le critiche alla proposta di legge sono assai diffuse. Non si può di certo dire, come si affermava nella Prima Repubblica, che, siccome questa legge scontenta tutti, allora si è sulla buona strada. All’opposto, ciò costituisce un motivo importante per rivedere parti essenziali della proposta, ivi compresa quella dei rinvii. Infatti, per non venir meno a una delle caratteristiche di questo governo, che è quella di non disdegnare la pratica del rinviare, anzi di ricercare in essa il differimento della soluzione di problemi al momento ostici, in sede legge di Stabilità si ricorre all’annuncio di tre misure che potranno essere adottate nei prossimi mesi, ma con provvedimenti collaterali che riguardano la tassazione della rivalutazione delle quote del capitale della Banca d’Italia, il rientro di capitali irregolarmente detenuti all’estero e una tranche di privatizzazioni. Quanto alla misura della rivalutazione, le cronache diffondono le cifre del possibile gettito senza conoscere però né il quantum del maggior valore né i criteri che sarebbero adottati: ne deriverebbe un introito per lo Stato, secondo queste strampalate e anticipate valutazioni, di 700 milioni, che evidentemente sono ricavati anche considerando applicabile la normale tassazione delle plusvalenze, senza tener conto della specialità di questa operazione che ben potrebbe legittimare una percentuale superiore. Sarebbe insomma opportuna una decisione tempestiva sull’argomento. Ma c’è ancora tempo, quantomeno per inserire nella legge di Stabilità l’abrogazione della norma del 2005 che intende statizzare l’Istituto di Via Nazionale e poi conferire delega al governo per decidere la rivalutazione delle quote e la corrispondente tassazione. Quanto al rientro dei capitali, che avverrebbe non in forma anonima, e all’abbinamento con l’introduzione del reato di autoriciclaggio, andrebbe reso noto con quali oneri e con l’irrogazione di quali sanzioni il rientro sarebbe consentito. Intanto, andrebbe sgomberato il campo dalla prospettazione, che a volte si potrebbe cogliere, di un condono che abbia effetto anche per i profili penali. Sarebbe veramente strano che si levino opposizioni, spesso scarsamente motivate, contro l’amnistia e l’indulto e che poi alla chetichella vi possa essere qualcuno che pensi all’ennesimo condono. Poi bisognerebbe chiarire se tra questa progettata normativa e gli intermittenti contatti con il governo svizzero per un accordo sull’emersione globale dei capitali ancora depositati nella Confederazione sussistono dei collegamenti e, comunque, a che punto sono giunti questi rapporti carsici, che in ogni caso dovrebbero svilupparsi coerentemente a un orientamento da assumere dall’Ue per tutti i suoi partner. Quanto a privatizzazioni e dismissioni, si tratta di saperne qualcosa di più, essendo, questa, la leva che avrebbe dovuto essere attivata con una determinazione molto maggiore dal governo, soprattutto se si pensa, con questi tre rinvii, di raccogliere risorse significative per integrare, sia pure «a posteriori», quelle alle quali sin d’ora fa riferimento la proposta di legge. Per non parlare poi dell’attivazione di un’ulteriore fase della spending review quando entrerà in carica il commissario Carlo Cottarelli. Insomma, accanto alle questioni che si pongono sul piano dell’impulso alla crescita, i rinvii in questione fanno nascere problemi che possono e debbono essere risolti sin d’ora avviando un necessario chiarimento.