Marco Valsania, Il Sole 24 Ore 18/10/2013, 18 ottobre 2013
L’AMERICA RIPARTE E CONTA I DANNI
NEW YORK Barack Obama, firmato l’accordo che da ieri ha riaperto gli uffici federali e evitato default sul debito, ha lanciato un nuovo guanto di sfida al Congresso: entro fine anno occorre varare almeno tre grandi leggi, anzitutto un «budget responsabile», affiancato da una riforma dell’immigrazione e da una legge sull’agricoltura con indispensabili programmi sociali per le famiglie quali i buoni pasto. Sono questi i temi sui quali il presidente ha chiamato a raccolta democratici e repubblicani - soprattutto questi ultimi - perché si rendano disponibili ad un’intesa che cementi davvero la tregua al momento dichiarata solo fino al 15 gennaio per i finanziamenti alla pubblica amministrazione e al 7 febbraio per il tetto dell’indebitamento.
«Non ci sono vincitori, è stata una crisi auto-inflitta che ha fatto arretrare la nostra economia - ha detto il presidente in un sobrio discorso al Paese dalla Casa Bianca - una crisi che ha danneggiato la nostra credibilità internazionale, con amici e nemici. La buona notizia è che possiamo recuperare, che restiamo una colonna dell’economia globale e la destinazione più affidabile per gli investimenti. Ma il modo in cui lavoriamo a Washington deve cambiare. Dobbiamo mettere davanti a tutto la crescita dell’economia e un riordino nel lungo periodo dei nostri conti. E possiamo compiere progressi a cominciare da tre priorità, realizzazbili entro l’anno: l’approccio equilibrato al budget, il cambiamento di un sistema di immigrazione che non funziona più e una legge sull’agricoltura che aiuta le comunità rurali».
Il presidente ha fatto appello a un nuovo spirito di cooperazione, denunciando però apertamente la fazione repubblicana estremista che ha ostacolato fino all’ultimo un’intesa alla fine approvata con 81 voti contro 18 al Senato e 285 contro 144 alla Camera. Obama ha parlato mentre è iniziato il rientro dall’esodo forzato degli 800mila dipendenti pubblici per lo shutdown del governo. Musei e parchi nazionali hanno riaperto i battenti. Sarà però un rientro difficile, con incerte stime sui danni e i costi. E all’ombra del dibattito sul futuro budget: una speciale Commissione guidata dal deputato conservatore repubblicano Paul Ryan e dalla senatrice democratica Patty Murray sarà incaricata di delineare entro dicembre i contorni di un compromesso fiscale. I due hanno promesso di cercare «un terreno comune» entro il 13 dicembre, data in cui devono presentre i loro risultati in Parlamento, ma Murray si è limitata a dire che «la discussione sarà ad ampio raggio». La sua priorità è rimpiazzare tagli automatici, il sequester, che scatterano a gennaio con risparmi più ragionevoli; Ryan predica riduzioni del deficit e del debito per le future generazioni.
Una delle pagine più difficili da riaprire, anche nell’immediato, è quella dell’economia. Gli esperti prevedono che occorreranno settimane o mesi prima che contratti e forniture federali siano ripristinati a livelli di normalità. Prima che l’approvazione di prestiti e mutui torni a essere regolare, grazie alla documentazione necessaria dalla pubblica amministrazione. Enti e organismi dal fisco al sistema sanitario per gli anziani Medicare fino all’Agenzia per la protezione ambientale hanno accumulato rinvii di pagamenti e di indagini e controlli che si trasformeranno in costi straordinari, probabilmente per miliardi di dollari.
Senza contare che lo shutdown presenterà già un conto salato. È durato meno dei precedenti, nel 1995 e 1996, 16 giorni contro 26. Ma l’impatto è stato superiore perché il Congresso questa volta non aveva approvato alcuna delle necessarie leggi specifiche di stanziamento di fondi del budget ai ministeri, quando allora ne aveva completate sette su tredici. Le stime sul Pil bruciato variano da 0,3 punti percentuali a 0,8 punti percentuali. S&P ha ipotizzato uno 0,6% per un totale di 24 miliardi.
Tra le incognite più delicate c’è anche il ripristino dei dati economici, necessari a calibrare la manovre della Fed a favore di un’economia tuttora debole e sotto osservazione. La maggioranza degli analisti si aspetta che la Bce aspetti almeno fino a dicembre se non l’anno prossimo per far scattare un «tapering», un ritiro graduale degli stimoli straordinari. Ha però comunque bisogno di dati attendibili per le sue valutazioni. Nei prossimi giorni arriveranno statistiche arretrate: il 22 ottobre verrà pubblicato il dato sulla disoccupazione di settembre.