Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 18/10/2013, 18 ottobre 2013
SULLE SUE TRACCE, DAL MIGLIO AUREO
AL MAUSOLEO –
Tutte le strade portano a Roma, recita un proverbio nato dall’efficiente sistema viario dell’antica Urbe. In realtà tutte le strade partivano da Roma, da una colonna marmorea rivestita di bronzo, che fu posta nel Foro da Augusto, divenuto «curator viarum» nel 20 a. C. La colonna si chiamava «miliarium aureum», pietra miliare aurea, e da questa si misuravano in miglia tutte le distanze dell’Impero. La base della colonna, decorata con palmette, è visibile ancora oggi davanti al tempio di Saturno, ai piedi del Campidoglio.
Si potrebbe partire da qui per una passeggiata alla ricerca dei monumenti che ricordano il primo imperatore romano. Non lontano dal miliario ci sono i resti del suo Foro, collocato ortogonalmente rispetto a quello di Cesare e riconoscibile dalle colonne del tempio di Marte Ultore che vi era inserito. Su via dei Fori imperiali si incontra la sua statua loricata, copia novecentesca in bronzo di quella marmorea ritrovata il 20 aprile 1863 nella villa della moglie Livia a Prima Porta e conservata ai Musei Vaticani. Gli storici hanno sempre detto che la lorica (la corazza dei legionari) fosse in pelle. L’archeologo sperimentale Silvano Mattesini sostiene che fosse cucita in undici strati sovrapposti di lino, come quella di Alessandro Magno, detta «linothorax». Lo dimostrerebbero i laccetti che si vedono sotto il braccio destro della statua, usati per stringere la lorica fino a renderla aderentissima, come si faceva con i corsetti femminili nel Settecento. La statua di Augusto come pontefice massimo, conservata al museo di Palazzo Massimo, risale invece agli anni immediatamente successivi al 12 a. C., quando l’imperatore assunse la più alta carica sacerdotale.
Ma il cuore della Roma augustea si trovava in Campo Marzio, nell’area oggi compresa tra il Parlamento e il Tevere, in prossimità del «pomerium», il confine sacro della città. Qui il 30 gennaio del 9 a. C. fu inaugurata l’Ara Pacis, concepita per celebrare la pace augustea, dopo le imprese compiute a nord delle Alpi e in Spagna. L’imperatore fece costruire contemporaneamente l’«horologium solarium», la più antica meridiana di Roma. Tracciata su un pavimento in lastre di travertino, misurava 160 metri per 75. Lo gnomone era costituito dall’obelisco di Heliapolis (ora in piazza Montecitorio) che Augusto aveva trafugato dall’Egitto con lo scopo, come scrive Plinio, di «captare l’ombra del sole e quindi stabilire la durata dei giorni e delle notti». Il 23 settembre, compleanno di Augusto, l’ombra veniva proiettata sull’Ara. Un lembo dei resti della meridiana, è visibile nel cortiletto al numero 48 di via di Campo Marzio. Sepolta ben presto sotto i detriti alluvionali, l’Ara Pacis fu dimenticata per un millennio, finché i suoi resti cominciarono a tornare alla luce. Nel 1938 venne finalmente ricomposta, trecento metri a nord dalla collocazione originaria, accanto al Mausoleo che Augusto aveva fatto costruire nel 29 a. C. e che Strabone descrisse con ammirazione, come «un grande tumulo presso il fiume, su alta base di pietra bianca, coperto fino alla sommità di alberi sempre verdi; sul vertice è il simulacro bronzeo di Augusto e sotto il tumulo sono le sepolture di lui, dei parenti e dei familiari». Nel 1936, dopo le demolizioni attuate nella zona per costruire l’attuale piazza, il mirabile Mausoleo prese quell’aspetto di «dente cariato» che si vede ancora oggi (la definizione è di Antonio Cederna). Fu l’ultima trasformazione delle tante subite nei secoli: fortilizio nel medioevo, anfiteatro per spettacoli e corride alla fine del Settecento, sala per concerti con il nome di Auditorium Augusteo per l’orchestra di Santa Cecilia ai primi del Novecento.
Un’altra curiosa traccia della Roma augustea si trova a Trastevere, nei sotterranei di un palazzone costruito nel dopoguerra al numero 9 di via della VII Coorte. Qui si conservano i resti della caserma del corpo dei vigili del fuoco istituito nel 6 d. C. dall’imperatore. Sono svaporati i circa cento graffiti ritrovati nel 1866 sulle pareti: raccontavano la vita difficile dei pompieri, in una città fatta in gran parte di legno. «Sono stanco, datemi il cambio», lasciò scritto uno di loro. Affrontavano il fuoco con pompe a sifone, pertiche, corde, scale, recipienti per l’acqua. Forse l’attingevano dalla Naumachia che otto anni prima Augusto aveva fatto realizzare a forma di ellisse lì vicino, tra le odierne chiese di San Cosimato e San Francesco a Ripa, e che era alimentata dal lago di Martignano, attraverso l’acquedotto dell’imperatore, uno degli undici dell’epoca. Trastevere è uno dei 22 rioni di Roma che derivano dalle 14 «regiones» in cui Augusto aveva diviso la città .