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 2013  ottobre 18 Venerdì calendario

SUL DOSSIER ALITALIA PRODI SI TOGLIE QUALCHE SASSOLINO

La patata bollente della crisi dell’Alitalia (che non si è ancora raffreddata adesso), fu, cinque anni fa, in mano a Romano Prodi, allora premier. Non fece in tempo a farla raffreddare (cioè, fuor di metafora, ad avviarla a soluzione) che Silvio Berlusconi salì, a sua volta, al governo e mandò subito a gambe all’aria, in nome dell’italianità, l’intesa che Prodi aveva praticamente raggiunto con Air France-Klm.
Il Cavaliere infatti aveva in testa una cordata italiana formata dai cosiddetti «capitani coraggiosi» che, a dire il vero, sono riusciti, in seguito, a combinare solo guai. Nel senso che sono riusciti a sprecare 5 miliardi di risorse pubbliche e a riconsegnare al sistema Italia un’Alitalia ancor più stremata di prima e che, per di più, oggi si cerca di rifilare ad Air France. Ma la compagnia francese adesso fa la schifiltosa e quindi pone delle umilianti condizioni capestro per poter assorbire l’Alitalia.
Pur non essendo anche Prodi entusiasta dell’assorbimento di Alitalia da parte di Air France, l’ex premier constata che, al momento, questa è l’unica soluzione che è realisticamente praticabile, soprattutto in tempi brevi, che vengono imposti dallo stato galoppante della crisi. Infatti, prima della decisione di effettuare l’aumento di capitale, l’Eni era disposto a fornire ad Alitalia il cherosene per far decollare gli aerei tricolori ancora per una sola settimana.
Prodi spiega che, a suo tempo, avrebbe preferito allearsi con la compagnia tedesca Lufthansa il cui comitato direttivo però disse no perché «non si fidava dei sindacati italiani». Allora Prodi intraprese una trattativa con Air China, nella convinzione che gli scali italiani sarebbe stati utili per collegare la Cina con l’Europa e il Nord Africa, in vista anche dell’esplosione delle correnti commerciali e turistiche fra le due aree. Ma Air China, per decidere, aveva bisogno di tre-quattro anni. «Troppi», dice Prodi, «per potere aspettare».
A questo punto, il governo Berlusconi ha preferito la soluzione autarchica, chiamando a raccolta la cordata dei capitani coraggiosi. «E il disastro», questa è la conclusione livida ma anche realistica di Prodi, «che hanno combinato mi sembra chiaro ed evidente a tutti: hanno sprecato 5 miliardi ma, soprattutto, non hanno risolto il problema. Anzi».