Claudio Del Frate, Corriere della Sera 18/10/2013, 18 ottobre 2013
ADDIO SEGRETO BANCARIO SUI CONTI IN SVIZZERA
Dal primo novembre prossimo il segreto bancario svizzero sarà molto diverso da come siamo abituati a conoscerlo: entrerà infatti in vigore una legge che obbligherà gli istituti di credito elvetici a fornire i dati sui loro correntisti esteri alle autorità straniere che ne faranno domanda. In pratica chi ha oggi i risparmi oltrefrontiera non sarà più protetto dallo storico e impenetrabile ombrello della privacy bancaria. Sembra la fine di un’epoca, alla quale la Svizzera è arrivata per gradi e sotto l’incalzare della comunità internazionale e dagli Stati sempre più a caccia di «tesori nascosti» per assestare le loro finanze.
L’epocale decisione è stata adottata dal Consiglio federale svizzero il 9 ottobre . «La revisione parziale della legge sul riciclaggio di denaro — comunica l’agenzia Swissinfo — che conferisce all’ufficio Mros (l’autorità elvetica sul riciclaggio, ndr) la competenza di comunicare a partner stranieri numeri di conti bancari entrerà in vigore il primo novembre. La Svizzera invierà sotto forma di rapporto numeri di conto, informazioni su transazioni di capitali o saldi di conti attualmente coperti dal segreto bancario o d’ufficio». Ultimo, estremo diaframma a resistere: «Non saranno forniti dati se questi comprometteranno l’interesse nazionale o l’ordine pubblico».
Colossi finanziari come Ubs e Credit Suisse da un anno avevano avviato la «strategia del denaro pulito» invitando i loro clienti stranieri — pena la chiusura di ogni rapporto — a dichiarare nel paese d’origine i capitali depositati. Questo atteggiamento viene ora supportato anche da uno legge dello Stato. Nelle intenzioni di Berna la mossa dovrebbe allentare la presa dei paesi stranieri (Usa in primis) che hanno scatenato una guerra senza quartiere all’export di capitali e ai paradisi fiscali. In Germania dall’inizio del 2013 già 5 mila contribuenti infedeli hanno approfittato del clima di clemenza ma per l’Italia ciò resta un miraggio dal momento che chi dichiara di avere soldi nascosti in Svizzera va incontro a una denuncia penale e al pagamento di tutti gli arretrati all’Erario, comprese le sanzioni. Non a caso ieri il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni è intervenuto sul punto: «Vogliamo presentare una norma permanente per il rientro dei capitali dall’estero — ha detto incontrando la stampa estera — che favorisca il contribuente leale e punisca quello sleale. Il clima internazionale è cambiato e si va verso uno scambio automatico dei dati: chi ha portato soldi all’estero si troverà in una situazione molto peggiore di adesso». Una commissione presieduta dall’ex pm milanese Francesco Greco aveva proposto meccanismi di premialità per chi volontariamente esce allo scoperto; ciò, secondo una dossier del governo, dovrebbe portare nelle casse del fisco 15 miliardi di euro.
E dunque a partire dal primo novembre vedremo la fila di ex esportatori di valuta davanti agli sportelli dell’Agenzia delle Entrate? Ipotesi dell’irrealtà, secondo Gian Gaetano Bellavia, commercialista milanese ed esperto in questioni di riciclaggio: «Da quel che si capisce, le autorità italiane potranno bussare alla porta delle banche svizzere e chiedere se Tizio o Caio hanno un conto. Ma quante sono le persone fisiche che hanno un conto intestato e non dichiarato? Secondo me pochissime. Basta fondare una società anonima intestata a un fiduciario che fa da schermo, basata alle Cayman o alle Seychelles e con un conto a Lugano, e il gioco è fatto. È un’operazione che costa appena 700 euro. Il segreto bancario sarà anche caduto, ma l’anonimato no. E i grandi capitali galleggiano in quel mare».