Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  ottobre 17 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - ANCORA SULLA LEGGE DI STABILITA’ E LA POLITICA


ROMA - "L’Italia sta andando nella giusta direzione con le riforme". Barack Obama promuove il governo Letta nel suo incontro a Washington con il premier italiano. Il quarto in pochi mesi per il presidente del Consiglio. Che riceve parole di stima dall’inquilino della Casa Bianca: "L’Italia è un partner eccezionale" - afferma Obama, che si dice impressionato dalla "leadership e dall’integrità" di Letta. E saluta in maniera positiva gli ultimi passaggi del governo: "Voglio congratularmi per il voto di fiducia e per l’approvazione della legge di stabilita", aggiunge.
Bene l’accordo sul default. Attestazioni di stima che il presidente del Consiglio ricambia subito. "L’accordo raggiunto negli Stati Uniti sul tetto del debito stabilizza i tassi di interesse ad un livello basso - sottolinea Letta - e questo è positivo per l’Italia. Poi uno sguardo alle vicende di casa. "I tassi di interesse ieri in Italia hanno toccato il livello minimo da due anni: è un importante traguardo - ha sottolineato il premier -, dobbiamo continuare su questa strada". Chiaro il riferimento alla legge di stabilità appena varata dal governo. Al centro dell’incontro anche la presidenza italiana dell’Ue prevista nella seconda metà del 2014: "La prossima legislatura europea deve essere basata sulla crescita e noi italiani lavoreremo sodo perché la crescita è la mia priorità", ha affermato il presidente del Consiglio. Obiettivi che Obama approva: "Se va bene l’Europa, andiamo bene anche noi".
Clima ben diverso rispetto all’ultimo viaggio di Letta negli Stati Uniti, quando erano state annunciate le dimissioni in massa dei parlamentari del Pdl. Stavolta il premier si è potuto presentare alla Casa Bianca forte della fiducia incassata alle Camere. Mentre il presidente americano è apparso sollevato dopo il voto del Congresso statunitense che ha evitato il default.
Al centro del vertice anche i conflitti che stanno interessando nord Africa e Medio Oriente, dalla Libia alla Siria, senza dimenticare l’emergenza emigrazione, con migliaia di persone che fuggono dalle zone di guerra. Anche in questo caso da Obama sono arrivate parole di apprezzamento per l’Italia, definita "un partner eccezionale per la cooperazione sulla sicurezza su molti fronti". Come in Siria dove, ha sottolineato il presidente americano "sta sostenendo gli sforzi per la distruzione delle armi chimiche e ha contribuito moltissimo sul fronte umanitario". Mentre Letta ribadito l’impegno del governo in materia di immigrazione con la missione "Mare Nostrum": "Il Mediterraneo non deve essere un mare di morte ma deve essere un mare di vita", ha spiegato il premier.
La battuta alla Pbs. Letta è atterrato all’Andrews Air Force di Washington nel pomeriggio di ieri (in Italia era piena notte). Poco dopo ha rilasciato un’intervista alla Pbs, la tv pubblica americana nel corso della queale ha detto di capire bene quali siano i problemi politici di Obama: "Anche io ho i miei problemi a casa", ha chiosato il premier.

LA STORIA DELLA PRESIDENZA DELLA COMMISSIONE ANTIMAFIA
ROMA - Salta l’accordo di maggioranza in commissione Antimafia dove si ripiomba nuovamente nel caos per l’elezione del presidente. Saltata l’intesa su Lorenzo Dellai come candidato, i parlamentari del Pd hanno abbandonato San Macuto, determinando anche la mancanza di numero legale della commissione per il voto. Il gesto non è stato apprezzato tra le fila del Pdl. Il presidente dei deputati, Renato Brunetta, in una nota ha definito inaffidabile il Pd. Ancora più deciso l’omologo al Senato, Renato Schifani: "Governare con chi non rispetta gli accordi di maggioranza risulta sempre più difficile". Epifani ammette la spaccatura: "Dobbiamo decidere se avere un candidato espressione di una maggioranza più larga o uno che prende i voti solo della nostra area".
L’intesa delle ultime ore tra Pd, Pdl e Scelta civica su un nome del partito di Mario Monti per la bicamerale d’inchiesta, infatti, è saltata dopo che all’interno del gruppo centrista si è aperta una vivace discussione su chi debba essere il presidente. Due le candidature: il capogruppo a Montecitorio, Lorenzo Dellai, e l’imprenditore edile attivo nella lotta alla mafia Andrea Vecchio. Davanti a questa divisione all’interno del partito centrista, Vincenza Bruno Bossio, membro della commissione per il Pd, ha annunciato che i democratici avrebbero votato Rosy Bindi: "Votiamo Bindi, non ci muoviamo di lì". I 20 voti del Pd sono determinanti per decidere l’esito della votazione.
Per tentare di sbloccare l’empasse a cui si è arrivati per la presidenza della commissione Antimafia, pare che il Pdl avesse deciso di rinunciare al proprio candidato di bandiera Donato Bruno, per accettare la possibilità che allo scranno più alto dell’organismo bicamerale sedesse un capogruppo di Scelta Civica.
La polemica al ’centro’. Andrea Vecchio ha confermato di essere in lizza per la presidenza della commissione d’inchiesta: "Io mi sono proposto per l’Antimafia perché la mia storia è nota. Ma le logiche della politica politicante - ha detto a proposito di Dellai - tentano di scacciare la mia esperienza e la mia storia per favorire un politicante che viene da Trento. Bisogna capirne di queste cose, bisogna capire di antimafia". Ma il leader dell’Udc, Pierferdinando Casini, ha replicato: "Il volgare attacco dell’onorevole Vecchio al presidente Dellai si commenta da solo. Dellai è una delle personalità più serie e qualificate del nostro Parlamento: guiderà con prestigio e autorevolezza una delle Commissioni più delicate".
La reazione dello stesso Dellai è arrivata a stretto giro di posta: "Il Pd - ha detto - ha chiesto di non partecipare" ai lavori della commissione "e quindi è mancato il numero legale: non è uno spettacolo bello vedere la commissione, dal valore simbolico così rilevante, rinviata in questa maniera. Noi eravamo e rimaniamo a disposizione per trovare soluzioni e una via d’uscita". "Penso - ha aggiunto Dellai - che non stiamo dando un segnale molto bello agli italiani, ai magistrati e alle forze dell’ordine che si impegnano ogni giorno per difendere la legalità e combattere le mafie". Sulla sua candidatura, il capogruppo di Scelta Civica a Montecitorio ha aggiunto: "Io ho dato la mia disponibilità quando sia dal Pd che da Pdl era arrivata l’idea che per trovare una via d’uscita si poteva convergere sul nome di un rappresentante di un partito diverso".
Grillini all’attacco. Intanto, la deputata 5 Stelle Giulia Grillo ha commentato la situazione su Twitter: "Salta di nuovo l’insediamento della commissione Antimafia per assenza numero legale. Lo posso dire: infami". Sulla stessa linea il senatore grillino Michele Giarrusso: "Alla terza convocazione senza numero legale chiederemo la sostituzione dei membri dell’antimafia". I 5 stelle invocano l’applicazione della norma del regolamento che consente ai presidenti di Camera e Senato di sostituire i componenti delle commissioni bicamerali, nel caso in cui queste non siano in grado di funzionare. E’ il cosiddetto ’lodo Villari’, perché fu usato nel 2009 da Gianfranco Fini e Renato Schifani per sostituire i membri della commissione di vigilanza Rai, compreso il presidente Riccardo Villari che non godeva più della fiducia della maggioranza ma non voleva dimettersi da presidente. Una ’cura’ drastica che, secondo il M5S, potrebbe funzionare anche nella situazione attuale dell’antimafia, dove i componenti della commissione sono in carica, ma non riescono ad accordarsi sull’elezione di un presidente.
Le critiche del centrodestra. Dal Pdl piovono critiche sul centrosinistra dopo l’abbandono dell’aula. Secondo il presidente dei senatori, Renato Schifani, il gesto del Pd, che ha abbandonato l’aula, mette a rischio la stabilità del governo: "Governare con chi non rispetta gliaccordi di maggioranza risulta sempre più difficile - ha detto Schifani -. Non è concepibile che un’intesa raggiunta non senza difficoltà, su un esponente di un partito diverso dal nostro, venga poi disattesa". Dello stesso avviso il presidente dei deputati, Renato Brunetta, che ha definito quello del Pd "un atteggiamento irresponsabile e inaccettabile". "Un Pd diviso in fazioni e lacerato al suo interno - prosegue Brunetta - finisce per paralizzare il Parlamento. Alla faccia del senso di responsabilità e della stabilità, tanto cari al presidente Enrico Letta".
I democratici replicano. Agli attacchi di Renato Brunetta ha risposto Paola De Micheli del Pd: "In questi anni siamo stati talmente abituati a irresponsabilità, retromarce e capovolte del Pdl, che francamente le dichiarazioni di Brunetta ci sembrano del tutto fuori luogo. E’ evidente che servono soltanto ad esacerbare il clima politico e si spiegano soprattutto nell’ottica delle divisioni interne del Pdl. Il Partito democratico è unito e lavora ad una soluzione condivisa per la presidenza della commissione Antimafia". Ma la conferma che nel partito ci siano due linee di pensiero diverse, arriva direttamente dal segretario, Guglielmo Epifani: "Sentirò i capigruppo di Camera e Senato poi arriveremo a una conclusione nei tempi più rapidi possibili. Il problema, al di là dei nomi - spiega Epifani - è decidere se fare del candidato alla presidenza il candidato di una maggioranza più larga oppure, nell’altro caso, un candidato che prende solo i voti del nostro schieramento".
Saviano: "Temporeggiare è irresponsabile". Sull’ennesimo rinvio da parte della Commissione si è schierato critico Roberto Saviano. In un post sul canale di Facebook il giornalista evidenzia come sia irresponsabile temporeggiare sulla scelta: "Sono trascorsi sei mesi nei quali non si è trovato un accordo e i nomi proposti sembrano rappresentare più scambi politici che volontà di scegliere la persona giusta per un ruolo cruciale e non di mera rappresentanza. Questo temporeggiare, in un momento in cui i capitali criminali sono egemoni, è irresponsabile e complice." Saviano fa riferimento anche a possibili infiltrazioni tra i componenti della Commissione. "Talvolta vengono scelti membri con storie ambigue e veri e propri rapporti con la criminalità, per boicottarne i lavori, distrarne gli obiettivi. Ecco perché ci vuole un Presidente che conosca bene i meccanismi".

14 EURO IN PIU IN BUSTA PAGA
ROMA - Una pizza, ma senza birra. Una mancia. Un’elemosina. La grande operazione di rilancio dell’economia, attraverso uno stimolo alla domanda e ai consumi, si è incagliata nel Consiglio dei ministri di martedì che ha varato il mini-cuneo fiscale. E ha fatto flop.
Secondo i calcoli della Cgia di Mestre, confermati in gran parte anche da Palazzo Chigi, il beneficio netto in busta-paga nel 2014 andrà da un minimo di 3 euro ad un massimo di 14 euro al mese. A ben guardare solo i più fortunati potranno permettersi una pizza e gli altri dovranno accontentarsi di poco più di un caffè.
E’ questa la sintesi della manovra sul cuneo fiscale che mette in campo solo 1,5 miliardi per aumentare nel 2014 le detrazioni Irpef a favore di 15,9 milioni di lavoratori dipendenti con redditi fino a 55 mila euro lordi annui. Cifre molto più basse di quanto ipotizzato alla vigilia del Consiglio dei ministri quando il governo aveva lasciato trapelare l’imminenza di un intervento un po’ più consistente, pari a circa 2,5 miliardi. Intervento peraltro già contestato e ritenuto insufficiente dai sindacati nei giorni scorsi. Chiedevano almeno il doppio per il bonus destinato ai dipendenti ed ora, alla luce, dei primi calcoli minacciano lo sciopero. Perplessa anche la Confindustria che, fino all’ultimo momento, aveva chiesto di mettere sul tavolo almeno 10 miliardi. Bordate difficili da digerire tanto che qualche ripensamento sta emergendo anche tra i ranghi del governo: "Certamente si poteva fare di più e certamente si potrà migliorare in Parlamento, siamo aperti a contributi", ha ammesso ieri sera il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni in un’intervista al Tg1. Fonti di Palazzo Chigi, interpellate dopo l’arrivo di Letta a Washington, aggiungono: "Il fatto che le critiche vengano da Confindustria e dai sindacati dimostra che la manovra è equilibrata. Comunque in Parlamento si potrà migliorare".
Ma per ora il risultato è assai modesto. I calcoli dell’ufficio studi veneto non lasciano scampo: ci sarà molto poco in busta- paga anche per i redditi più bassi. Se si prendono i 2 milioni 600 mila lavoratori che stanno alla base della piramide, con un reddito lordo che va dai 10 mila ai 15 mila euro, emerge che il beneficio mensile si limiterà a 9 euro. Su base annua chi guadagna 10 mila euro potrà contare su 50 euro, circa 4 euro al mese. La situazione migliora solo leggermente nella fascia che sta intorno ai 15 mila euro lordi all’anno (ci si trovano 3 milioni e 600 mila lavoratori): nell’arco dei dodici mesi il beneficio netto - il bonus più alto dell’intera operazione - sarà di 172 euro, che mensilmente diventano 14 euro e che al giorno fanno 46 centesimi. Un po’ poco per ridare fiato al potere d’acquisto.
Salendo nella scala dei redditi dei lavoratori dipendenti i vantaggi, già esigui, si riducono drasticamente. Ad esempio la fascia successiva, quella che sta intorno ai 20 mila euro di reddito lordo, avrà in busta-paga il prossimo anno 152 euro: una beffa anche per questi 3 milioni e 800 mila lavoratori che ogni mese avranno a disposizione solo 12 euro in più. Il dato elaborato dalla Cgia di Mestre non si allontana molto dalla simulazione diffusa ieri da Palazzo Chigi secondo la quale tra i 15 e i 20 mila euro ci sarà un sollievo fiscale di 152 euro.
Più si sale e più ci si avvicina a microvantaggi ridicoli: una maglietta al mercatino, un panino ben farcito, un cappuccino con brioche. Ad esempio per i 3 milioni di lavoratori, operai e impiegati che stanno tra i 26 mila e i 35 mila euro, il bonus mensile sarà di 8 euro. Quasi una presa in giro ancora più in alto: tra i 35 mila e i 40 mila, dove ci sono 683 mila lavoratori, in busta- paga ci saranno 6 euro in più al mese. Per i 704 mila che guadagnano tra i 40 mila e i 50 mila, la beffa di 3 euro mensili. Almeno a quota 55 mila non si prende nulla, perché a questo livello non si ha più diritto a nessuna detrazione.
Ma non è finita. Il rischio è che questi magri guadagni vengano vanificati dagli altri aumenti o interventi della manovra: gli statali, ad esempio, se la dovranno vedere la proroga del blocco della contrattazione e il taglio degli straordinari. La sanità ha scampato il pericolo, ma gli enti locali e le Regioni subiranno tagli che avranno un riflesso sulle tasche dei cittadini. Senza contare che sulla manovra pende la spada di Damocle del taglio delle agevolazioni fiscali al 19 per cento: già è stato operato sulle polizze vita e, se si toccheranno mutui per la casa e spese sanitarie, il bilancio della manovra sarà decisamente con il segno meno per i contribuenti che hanno un lavoro dipendente.
E non a caso ieri Federconsumatori e Adusbef hanno già tentato di tracciare un primo bilancio del dare-avere dell’intera manovra: a fronte della riduzione del cuneo fiscale, le famiglie dovranno fare i conti con la nuova Trise, con il blocco della contrattazione nel pubblico impiego, con l’aumento dell’imposta di bollo e con l’Iva. Una stangata.

ADDIZIONALE A ROMA
MILANO - Il Comune di Roma potrà aumentare l’aliquota dell’addizionale comunale Irpef, attualmente fissata a 0,9%, di ulteriori 0,3 punti percentuali. Lo prevede la bozza del dl collegato alla Legge di Stabilità: la norma viene inserita "per fronteggiare la situazione di squilibrio finanziario del Comune", si spiega nella ’Relazione’.
E’ questa spiacevole novità per i cittadini della Capitale solo uno dei provvedimenti collegati alla Legge di Stabilità, in attesa comunque della formulazione definitiva. Tra le altre cose, vi si legge che la cassa integrazione in deroga trova il rifinanziamento per il 2013: 330 milioni di euro. Il Consiglio dei ministri dovrebbe analizzare il testo domani. Ancora, nel collegato la social card viene rifinanziata per 35 milioni di euro nel 2013 mentre arrivano 5 milioni di euro per indennizzare le imprese "che abbiano subito il danneggiamento di materiali attrezzature e beni strumentali".
Il riferimento è a quelle impegnate nella costruzione della Tav che sono state colpite dalle proteste. Le richieste di indennizzo che non possono essere soddisfatte a causa del limite di spesa saranno "prioritariamente" soddisfatte nell’anno successivo. Le risorse sono individuate nell’ambito delle disponibilità del Fondo di solidarietà civile. L’indennizzo, si legge nel testo, "è concesso esclusivamente per una quota della parte eccedente della somma liquidata o liquidabile sulla base del contratto di assicurazione stipulato dall’impresa interessata ovvero, in assenza di un contratto di assicurazione, per una quota del danno subito".
(17 ottobre 2013)