Fa. C., Corriere della Sera 16/10/2013, 16 ottobre 2013
ASSALTO AL FERETRO, SALTA IL FUNERALE DI PRIEBKE
ALBANO LAZIALE (Roma) — Il funerale ormai è saltato, la bara di Priebke viene accompagnata in spalla da sei ragazzi, tutti aficionados italiani, dentro una stanza spoglia del priorato di via Trilussa. Alle otto di sera don Pierpaolo Petrucci, superiore dei lefebvriani d’Italia, risponde sconsolato al cellulare dall’interno del fortino assediato, la Fraternità San Pio X di Albano Laziale, mentre fuori infuria la battaglia tra una falange di neonazisti venuti ad onorare il boia delle Fosse Ardeatine e la gente del posto — Albano Laziale è medaglia d’argento al valor civile per la Resistenza — che da ore presidia il cancello per protestare contro «il funerale della vergogna». Un presidio durato fino a notte fonda quando la bara sul carro riprende la strada per Roma, tra i lanci di lacrimogeni della polizia che apre un varco tra i manifestanti.
Un funerale d’odio iniziato subito con scontri, lanci di bottiglie e di sassi, i fascisti avanti con cinghie, caschi e catene, la polizia che li tiene a bada con manganelli, scudi e lacrimogeni.
«Che altro potevo fare? — sospira don Pierpaolo — Il mio dovere di coscienza di sacerdote mi aveva imposto di dire sì alle esequie, non c’entra la politica e non c’entra neanche Priebke, ma solo il rispetto di un morto, che in vita si confessava e riceveva pure la comunione. Tutto qua. Perché questo a me risultava. Toccava al Vicariato, piuttosto, fare ciò al posto mio e invece non l’ha fatto. Peccato...».
Il carro funebre partito dal Gemelli alle 15.40 viene assaltato e preso a calci al suo arrivo a destinazione, Albano, ore 17.20, con monetine e sputi all’indirizzo della bara ricoperta di gerbere e rose rosse. Una strada intera, via Trilussa, divisa a metà: in alto il presidio antifascista e giù nella via una trentina di teste rasate arrivate da Roma, Verona, Padova e capi storici dell’estrema destra come Adriano Tilgher e Maurizio Boccacci, lui ex Movimento politico occidentale e oggi Militia, che alla fine è riuscito pure a entrare autorizzato (ma da chi?). Due i fermati dalle forze dell’ordine al termine degli scontri: un manifestante di sinistra e un militante di destra.
Un funerale, dicevamo, che all’ultimo è saltato: la bara di Priebke è rimasta fuori sul piazzale del priorato a bordo del carro funebre danneggiato, mentre dentro la Cappella del Sacro Cuore si svolgeva una messa celebrata senza la salma, col rito tridentino dei lefebvriani ma senza i canti gregoriani che accompagnano la tradizionale messa da requiem, «ho celebrato una messa bassa — conferma don Pierpaolo — una messa in suffragio dell’anima del defunto Erich Priebke, che per quanto ne so ora tornerà al Gemelli, forse...».
Già. La confusione a questo punto è totale. Si parla di una cremazione lampo nella notte al cimitero di Prima Porta e le ceneri consegnate alla famiglia. Corrono voci davvero impazzite. Il legale di Erich Priebke, Paolo Giachini, dice che ormai comunque non lo riguarda più: ieri sera ha rimesso il mandato in polemica con le autorità. «A questo punto ci pensino loro anche alla sepoltura — si sfoga —. Io avevo assicurato, d’accordo con il figlio del signor Priebke, Ingo, venuto dall’America, un funerale privatissimo con la presenza al massimo di 60 persone, tra amici e parenti. Ma poi è successo che, a causa della fuga di notizie e del presidio antifascista là fuori, la polizia credo per motivi di sicurezza ha cominciato a negare il permesso di entrare perfino a intimi e familiari, che via via stavano arrivando. E così alla fine, visto che non potevo assicurare un funerale degno al mio cliente, che ormai consideravo come un padre, ho detto basta. Tanto quello che potevo fare per lui l’ho già fatto. Vorrà dire che quando questa storia sarà finita faremo una commemorazione privata in suo onore».
Oggi, 16 ottobre, al Ghetto di Roma, per il 70° anniversario del rastrellamento nazista, ci sarà il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e gli echi cupi di questa brutta giornata ai Castelli certamente si faranno sentire: lo garantiscono Georges De Canino con la kippah in testa ed Eugenio Perugia, figlio di Lello, deportato ad Auschwitz, il «Cesare» de «La tregua» di Primo Levi, due ebrei della comunità di Roma, venuti anche loro ad Albano a contestare fino all’ultimo giorno Erich Priebke.
Sull’altro fronte, Maurizio Boccacci spiega di essere venuto «per onorare un soldato che ha solo obbedito a degli ordini, così come onoro da sempre i caduti di via Rasella e le vittime delle Fosse Ardeatine, perché le rappresaglie per me sono sempre state cose infami. Ma non capisco chi vuole gli scontri a un funerale: vuol dire che non ha niente dentro al cuore». Frasi d’effetto, non c’è che dire, se non fosse che poco dopo il suo piccolo esercito di Militia si è calato i cappucci sul volto e, insieme agli altri nazi autoconvocati d’Italia, ad Albano ha scatenato l’inferno.
Fa. C.